Non si contano le trasferte fatte da Giampiero Cosentino. E il numero esatto non lo ricorda neppure lui, come tutti i veri tifosi, quelli per i quali conta solo l’esserci, a portare in giro per l’Italia i colori giallorossi. Nato il 4 settembre 1956, catanzarese che più non si può, nel quartiere Fortuna ha da decenni la sua attività lavorativa ed in più esterna la sua passione, con coreografie festose per il Catanzaro e non solo. A questo proposito ne ricordiamo una altrettanto colorata in occasione di un passaggio del Giro d’Italia.
Tifoso interprete del nostro caloroso entusiasmo, gira in tutte le trasferte con il suo intramontabile pupazzo giallorosso, che incontra la simpatia di tantissimi tifosi avversari.
Gli abbiamo chiesto di raccontarci un po’ della sua storia e della sua trasferta più “avventurosa”. E lì davvero è stata un’impresa, un “Dove osano le aquile”, come il titolo del film con Clint Eastwood. E quel giorno, un’indimenticabile domenica, lui era l’unico tifoso giallorosso sugli spalti.
Ma ora lasciamolo raccontare. Ci stupirà.
Come è nata la tua passione per il Catanzaro?
“Avevo sei o sette anni e dopo la scuola andavo ad aiutare un mio cugino che aveva un distributore di benzina in località Pistoia, dove fino a un po’di anni fa c’erano i Mercati generali. La mattina andavo a scuola e il pomeriggio stavo lì. E lui mi diceva: “Se mi vieni ad aiutare, ti porto allo stadio”. Fino a quindici o sedici anni andavo con lui, poi mi sono organizzato da solo e sono andato in curva ovest”.
Qual è stata la tua prima trasferta?
“La prima in assoluto che mi ricordo è stata quella di Napoli, contro il Bari, lo spareggio che abbiamo fatto per salire in Serie A. Andai con Vittorio Meleca, su uno dei pullman che organizzava. Mi ricordo le trasferte in cui andavo con mio cugino e quelle in cui andavo da solo, con i miei genitori che mi lasciavano partire, perché mi consideravano già maturo”.
E qual è invece la trasferta che ricordi di più, quella proprio indimenticabile?
“Di sicuro Cosenza-Catanzaro 1-3, con la doppietta di Palanca nel secondo tempo e il gol di Tavola. I tifosi ospiti non c’erano, ed io mi sono nascosto in mezzo ai cosentini e ho dovuto stare zitto per tutta la partita. Ad ogni gol mi coprivo con un giornale ed a momenti lo stavo mangiando, a furia di trattenermi. Anche le due trasferte di Ascoli contro il Chieti e Salerno contro la Gelbison, quelle delle nostre promozioni in Serie B, non sono da meno. Ma la soddisfazione che ho avuto a Cosenza, le supera tutte. Sono arrivato con il treno a Paola e non ho trovato quello per Cosenza. Allora ho preso un taxi. Mi è costato un sacco di soldi, mi pare due o trecento mila lire, ma ne è valsa la pena”.
Cosa auguriamo a questo Catanzaro, per il prosieguo della stagione?
“Intanto sono contento, perché il campionato la mia squadra lo ha già vinto, restando in Serie B e ottenendo la salvezza. Quello che potremo fare dopo è tanto di guadagnato. Per il resto, per come era iniziata la stagione, “m’avia scuratu u cora”. Mi si era davvero oscurato il cuore ma, rispetto alla stagione scorsa, siamo una squadra più compatta e possiamo davvero dire la nostra. In ogni caso, dobbiamo ripartire per mantenere di nuovo la categoria. Per Catanzaro, una Serie B a buoni livelli va più che bene”.