La scritta corre lungo la curva del “Marcello Torre” e ti prende allo stomaco: “Se effimera resta la fama, eterna vivrà la leggenda”. La Paganese ha ricordato Angelo Mammì con una coreografia che è un abbraccio. Giusto così: perché Mammì è uno di quei nomi che non appartengono solo a un tabellino, ma a due città e a un’idea romantica di calcio. Catanzaro e Pagani, due case, un’unica bandiera nel cuore.
Il colpo che cambia la storia
Arriva al Catanzaro nell’estate del 1970 e, alla prima stagione, scrive la pagina che ogni tifoso porta addosso come una cicatrice felice: testata al Bari nello spareggio promozione e prima Serie A giallorossa servita su un vassoio d’acciaio. In massima categoria, l’anno dopo, tre reti. Una, quella del 30 gennaio 1972 alla Juventus, è diventata una madeleine per generazioni. Mammì, anni dopo, la raccontava così: «…mi misi a girare attorno al campo, a braccia tese come se dovessi urlare, ma dalla mia bocca non usciva un solo suono…». È l’urlo muto di chi sa di aver fatto qualcosa più grande di sé.
Prima del Ceravolo c’era stata tanta strada: il Locri delle prime corse (’62), poi Nocerina e Internapoli, quindi Lecce (’66–’70) con 102 presenze e 25 reti e persino un lampo contro il Santos di Pelé nel ’67, il pareggio provvisorio in un’amichevole finita poi 1-5. Dopo Catanzaro, passaggi brevi a Alessandria e Messina. La coda di carriera è un ritorno all’essenziale: Paganese in Serie D dal ’73 al ’76, 89 presenze e 41 gol. Da quelle parti lo hanno amato come si ama chi suda per il paese: non a caso è stato anche in panchina, due parentesi da allenatore (’84/85 e poi ’87–’93).
Mammì è un luogo
Per noi, più che un attaccante, Mammì è un luogo dell’anima. 63 presenze e 12 reti in giallorosso basterebbero, di per sé, a tenerlo in bacheca. Ma qui c’è di più: c’è l’icona. La Curva Est del “Ceravolo” porta il suo nome, e non è una formalità: è un patto. A Pagani, dal 2011, il piazzale davanti allo stadio porta il suo nome. Due targhe, una storia sola.
Un addio troppo presto, una memoria che non passa
Se n’è andato il 16 settembre 2000, a 57 anni, lasciando moglie e due figli. Il giorno dopo, il 17, l’ultimo saluto nella chiesa del Carminello Corpo di Cristo a Pagani. Ma certe persone non le saluti davvero: le riconosci in un boato, in un coro, in un ragazzo che indossa la 9 e sa che quella maglia pesa un po’ di più.
Oggi la coreografia della Paganese ci ricorda perché. Mammì è stato il gol al Bari, la prima vittoria in A contro la Juve, la porta spalancata alla nostra storia. È stato anche la passione semplice del calcio di provincia, quello che ti fa diventare grande senza chiederti il permesso.
A Catanzaro, ogni volta che la palla viaggia dalle fasce al centro dell’area, a qualcuno scappa sempre un pensiero: “Qui, una volta, ci arrivava Angelo”. E forse è questo il senso di una leggenda: non è il passato che torna, è il presente che chiede ancora consigli.