Il Mantova di Davide Possanzini è ultimo in classifica con soli 5 punti, staccato di cinque lunghezze dalla zona salvezza dopo nove giornate. Ma guardare solo la graduatoria sarebbe un errore che il Catanzaro non può permettersi nella delicata trasferta di mercoledì sera al Martelli. Perché i numeri raccontano una storia diversa da quella che il fanalino di coda suggerirebbe: i virgiliani sono primi in Serie B per possesso palla con il 64,9%, e hanno prodotto oltre 150 tiri totali in nove partite, di cui 55 nello specchio della porta. Un dato che testimonia un calcio coraggioso, verticalizzato, ambizioso, ma tremendamente sterile quando si tratta di trasformare il gioco in gol. Il 6,2% di conversione è impietoso: solo 6 reti segnate a fronte di un’enorme mole di lavoro offensivo. Il problema non è nella produzione, ma nella concretizzazione.
Le Aquile giallorosse arrivano da una vittoria liberatoria contro il Palermo che ha dato ossigeno all’ambiente e salvato la panchina di Alberto Aquilani. Ma proprio la fragilità dimostrata nelle prime otto giornate deve tenere alta la guardia. Il Mantova è una squadra ferita, reduce dalla sconfitta di misura contro il Bari firmata da Moncini al 49′, l’ennesimo passo falso di una stagione già compromessa. E le squadre ferite sono le più pericolose, soprattutto quando hanno l’allenatore con la valigia in mano. Possanzini, dopo aver salvato i biancorossi lo scorso anno e portato il Mantova in cadetteria, ora si ritrova sulla graticola: la dirigenza sta valutando il suo futuro e il nome di Eugenio Corini circola con insistenza come possibile sostituto. Un cambio di guida tecnica, se dovesse arrivare, arriverebbe comunque dopo la gara contro il Catanzaro, rendendo l’appuntamento ancora più insidioso per i calabresi.
Un avversario che produce ma non concretizza
Il Mantova di Possanzini gioca un calcio identitario, che affonda le radici nella filosofia di Roberto De Zerbi, di cui lo stesso tecnico virgiliano è stato allievo. Possesso palla ossessivo (64,9% di media stagionale, il migliore dell’intera Serie B), pressing alto coordinato (9,7 di PPDA, indice di aggressività nella riconquista), precisione nei passaggi all’89,8% e una capacità di produrre tiri impressionante: 55 conclusioni nello specchio su oltre 150 totali, più di un terzo della produzione offensiva indirizzata tra i pali. Eppure tutto questo dominio territoriale si scontra contro un muro: la mancanza di cattiveria sotto porta, di cinismo nelle scelte finali, di quel pizzico di malizia che trasforma un tiro in un gol. Il capocannoniere Leonardo Mancuso ha segnato appena tre reti, un bottino magro per chi dovrebbe essere il terminale offensivo principale.
La fase difensiva è l’altro grande problema: 15 gol subiti in nove partite, di cui ben 10 tra le mura amiche del Martelli. Il disastro casalingo contro il Frosinone, finito 1-5, ha evidenziato tutte le crepe di un sistema che lascia troppi spazi in profondità, con linee larghe e scarsa reattività nella transizione negativa. Una squadra che attacca con tanti uomini si espone inevitabilmente al contropiede avversario, e il Mantova non ha ancora trovato il giusto equilibrio tra propensione offensiva e solidità difensiva. Ma proprio questa fragilità difensiva potrebbe rappresentare una doppia faccia della medaglia: se il Catanzaro riuscirà a sfruttare gli spazi in contropiede, la partita potrebbe aprirsi in favore delle Aquile. Se invece i giallorossi dovessero subire il palleggio mantovano e restare schiacciati nella propria metà campo, il rischio di concedere troppo sarebbe concreto.
La panchina di Possanzini traballa: ultima chiamata?
Il tecnico bresciano era stato accostato durante l’estate persino a qualche panchina di Serie A, forte del bel gioco espresso al debutto in cadetteria. Oggi, a distanza di pochi mesi, si ritrova a giocarsi il futuro gara dopo gara. Dopo il tracollo interno contro il Frosinone e la quarta sconfitta consecutiva maturata contro la Juve Stabia, la società aveva concesso una settimana di tempo, ma senza mai nascondere i dubbi. Il pareggio interno contro il Sudtirol (1-1) e quello esterno di Avellino avevano momentaneamente raffreddato le voci di esonero, ma la sconfitta di Bari ha riacceso tutte le spie d’allarme. Il presidente Piccoli e il direttore sportivo Botturi hanno optato per un silenzio stampa che sa di riflessione profonda, se non di resa dei conti imminente.
La dirigenza sta riflettendo se cambiare subito o concedere un’ultima chance nell’infrasettimanale contro il Catanzaro. Ma anche qualora Possanzini dovesse restare in panchina per il match di mercoledì, l’ombra dell’esonero aleggerebbe comunque sul Martelli, rendendo l’ambiente incandescente. E qui sta il punto: una squadra con l’allenatore in bilico può reagire in due modi opposti. Può sciogliersi, perdere certezze, giocare con il freno a mano tirato. Oppure può esplodere, dare tutto sul campo con una carica emotiva fuori dal comune, trasformando la partita in una battaglia personale per salvare il proprio tecnico. Storicamente, le squadre che giocano per l’allenatore sono le più pericolose: imprevedibili, rabbiose, capaci di prestazioni oltre le proprie possibilità tecniche. Il Catanzaro deve prepararsi a entrambi gli scenari.
Catanzaro avvisato: vietato sottovalutare
La vittoria contro il Palermo ha restituito fiducia all’ambiente giallorosso, ma guai a pensare che il lavoro sia fatto. Il passaggio al 3-5-2 e l’equilibrio trovato grazie al centrocampo a tre hanno dato solidità, ma la continuità è tutta da dimostrare. Il Mantova, nonostante l’ultimo posto, resta un avversario insidioso proprio per le sue caratteristiche: palleggia, pressa, produce occasioni. Se il Catanzaro dovesse abbassare la guardia, pensando di trovarsi davanti a una squadra già rassegnata, rischierebbe di uscire dal Martelli con zero punti e tanti rimpianti. La trasferta lombarda, infrasettimanale e su un campo storicamente ostico per le Aquile (solo due vittorie di sempre, l’ultima nel lontano 1960), rappresenta un esame di maturità per la squadra di Aquilani.
Possanzini potrebbe affidarsi nuovamente al 4-2-3-1 con Festa tra i pali, la linea difensiva composta da Radaelli, Castellini, Cella e Bani, il duo Burrai-Trimboli in mediana, e il tridente di trequartisti Bragantini-Artioli-Paoletti alle spalle di Bonfanti o Mancuso. Un undici che sulla carta ha qualità per mettere in difficoltà chiunque, ma che nei fatti ha tradito troppo spesso le aspettative. Per il Catanzaro sarà fondamentale restare compatti, non concedere spazi tra le linee, e colpire in contropiede sfruttando la velocità sulle fasce. Perché se c’è una certezza in questa Serie B 2025-26, è che nessuna partita è scontata. E che l’ultimo in classifica, soprattutto se ferito e con l’allenatore in bilico, può trasformarsi nell’avversario più temibile. Mercoledì sera al Martelli lo scopriremo.
