La notizia della scomparsa di Pino Pingitore ha attraversato la città come una folata d’emozione, silenziosa e potente. Catanzaro perde non solo un artista, ma un uomo che ha incarnato con pienezza e discrezione l’arte vissuta come dono, riflessione e generosità. Per oltre cinquant’anni, Pingitore ha camminato tra tela e colore, con lo sguardo sempre puntato sulla contemporaneità, eppure radicato in un’etica del fare che mai ha ceduto alle mode né al compiacimento.
Nato con l’arte nel sangue e con un cognome che quasi suggeriva un destino, Pino Pingitore ha contribuito in maniera sostanziale a plasmare l’identità visiva e culturale di una città che, con lui, ha imparato a riconoscere e a riconoscersi. Pittore, grafico, docente, intellettuale: le sue opere, dense e cariche di significato, hanno abitato per decenni gallerie, spazi pubblici e privati, lasciando un segno inconfondibile per forza cromatica, sensibilità materica e profondità concettuale. Le sue pennellate raccontavano storie, inquietudini, bellezza, interrogativi. Ed erano storie che parlavano a tutti.
Un’eredità che supera i confini
Nonostante il suo nome fosse legato indissolubilmente a Catanzaro, Pingitore ha varcato da tempo i confini regionali, portando il suo linguaggio visivo in contesti nazionali e internazionali. Le sue opere sono state studiate, recensite, apprezzate ben oltre il perimetro calabrese, e proprio questo lo colloca tra le figure di riferimento di un’arte meridionale colta, moderna e profondamente consapevole. Non era mai un’arte chiusa in se stessa, la sua: ogni quadro, ogni incisione parlava con il mondo, senza perdere la voce del Sud.
L’assessora alla Cultura del Comune di Catanzaro, Donatella Monteverdi, ha voluto ricordarlo con parole dense di gratitudine e riconoscenza: «Catanzaro perde una figura luminosa di artista a tutto tondo. Pingitore ha seguito come pochi l’evoluzione della contemporaneità, conservando sempre l’austera dignità del talento insieme a un’innata dote di leggerezza ed empatia umana». Un ritratto sincero, che coglie l’equilibrio raro tra rigore e spontaneità, impegno e sorriso.
L’amore per la città, anche nella critica
Il rapporto con Catanzaro non è mai stato piatto o convenzionale. Pingitore ha amato la sua città anche nei momenti più controversi, anche quando la denunciava pubblicamente per ciò che non andava. Il suo era un amore che voleva costruire, mai distruggere. Una voce autorevole che sapeva essere pungente ma mai sterile. E proprio per questo la città oggi lo ricambia con un rispetto autentico, quello che si tributa a chi ha dato tutto senza chiedere nulla.
Molto del nuovo che ha attraversato Catanzaro dagli anni ’70 in poi porta la sua impronta. Non soltanto in termini estetici, ma anche nel metodo, nell’approccio culturale, nella capacità di contaminare linguaggi e forme. Il suo impegno didattico e accademico, infine, ha formato generazioni di giovani artisti, lasciando una scuola silenziosa ma profonda.
Un’eredità da custodire e tramandare
Oggi, mentre Catanzaro piange la sua perdita, si apre il tempo della memoria attiva. Ricordare Pino Pingitore significa non solo celebrarne l’opera, ma farne germogliare il seme. Le istituzioni, gli enti culturali, le scuole, tutti sono chiamati a valorizzare e trasmettere il suo lascito. Non come esercizio di nostalgia, ma come spinta al futuro.
In un’epoca in cui l’arte rischia spesso di diventare superficie, Pingitore ci ha insegnato la profondità. Ci ha mostrato come si può essere artisti senza protagonismi, come si può generare bellezza senza urlare, come si può amare una città anche quando è difficile farlo. La Città di Catanzaro, che ha tanto ricevuto, oggi ha il dovere di ricordare. E soprattutto di continuare.