Una serata di ordinaria follia è quella vissuta dal dottor Rosarino Procopio, primario del Pronto Soccorso dell’Ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme. Come riportato da CorrieredellaCalabria.it, Procopio è stato aggredito da un parente di una paziente che si trovava in osservazione da più di 24 ore e che era pronta per essere dimessa dopo aver completato tutti gli accertamenti medici. Tuttavia, la paziente non ha accettato la dimissione, scatenando un acceso diverbio che ha coinvolto il nipote della donna, il quale, durante il confronto, ha estratto un manganello dalla giacca e ha cercato di colpire il medico.
La testimonianza del primario
Il dottor Procopio ha raccontato l’accaduto, spiegando come la situazione sia precipitata in pochi istanti. “La paziente non accettava la dimissione e il nipote ha iniziato a urlare. Ho cercato di chiamare la sicurezza, ma l’uomo ha tirato fuori un manganello e ha tentato di colpirmi da dietro. Fortunatamente, mi sono accorto in tempo di quello che stava accadendo e sono riuscito a piegarmi, subendo il colpo sulla schiena. Se mi avesse colpito alla testa, non so come sarebbe finita”, ha dichiarato Procopio.
Questo episodio, avvenuto durante il turno serale, è solo uno dei tanti atti di violenza e aggressione che il personale medico è costretto ad affrontare, soprattutto nei reparti più delicati come il Pronto Soccorso, dove la pressione e le tensioni sono sempre molto elevate.
Una situazione insostenibile per i medici
Il dottor Procopio ha espresso la sua frustrazione per la situazione sempre più difficile che i medici sono chiamati a gestire. “Non ci viene riconosciuto nulla,” ha commentato, “Non abbiamo più la possibilità di decidere in tranquillità, ora sono i pazienti o i loro familiari a stabilire se devono fare una TAC o essere dimessi. La libertà e la serenità di fare il nostro lavoro sono ormai compromesse.”
Medici cubani e carenza di personale
Durante l’intervista, il primario ha colto l’occasione per fare il punto sulla situazione del Pronto Soccorso di Lamezia, segnata anche dalla carenza di personale. Con l’arrivo dei medici cubani, il reparto sta cercando di affrontare le difficoltà, ma l’autonomia di questi professionisti richiede ancora tempo. “Quest’anno ho avuto sette medici in pensione e i medici cubani stanno ancora familiarizzando con il nostro sistema. Al momento lavoriamo con tre unità, che devono gestire l’osservazione breve intensiva, i posti letto in pronto soccorso e i codici bianchi,” ha spiegato Procopio.
Affluenza senza filtro e sovraccarico di pazienti
Uno dei problemi principali che rendono ingestibile la situazione è l’eccessiva affluenza. “Abbiamo registrato un incremento di duemila accessi rispetto all’anno scorso nello stesso periodo,” ha sottolineato il primario. A ciò si aggiunge la mancanza di un filtro territoriale che possa indirizzare i pazienti non gravi verso strutture appropriate. “Molte persone che si rivolgono al Pronto Soccorso potrebbero essere assistite altrove, permettendoci di dedicare più tempo a chi ne ha veramente bisogno e di evitare episodi di tensione come questo.”
La necessità di una riforma strutturale per la sanità
L’aggressione subita dal dottor Procopio mette in luce la necessità di una riforma del sistema sanitario calabrese, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei Pronto Soccorso. Il sovraccarico di lavoro, la mancanza di risorse umane e il deterioramento del rapporto con i pazienti sono segnali di un sistema in crisi, che necessita di interventi urgenti per garantire sicurezza e serenità ai professionisti del settore.
“Difendere la dignità e la sicurezza dei medici è fondamentale. Non possiamo più tollerare episodi di violenza in un ambiente che dovrebbe essere caratterizzato da cura e rispetto reciproco. L’aggressione è un segno di malessere che va affrontato a livello sistemico,” ha concluso Procopio, rinnovando l’appello per una maggiore attenzione e per una riorganizzazione del settore.
L’appello dei medici: sicurezza e rispetto per chi lavora in prima linea
Questa aggressione rappresenta solo l’ultimo caso di violenza ai danni del personale medico in Calabria e in altre regioni italiane. È necessario che le istituzioni mettano in campo misure concrete per garantire sicurezza e tutela ai lavoratori della sanità, soprattutto in un settore delicato come il Pronto Soccorso, dove le condizioni di lavoro sono spesso difficili e stressanti.