Ci sono date che non sono semplici numeri impressi su un calendario. Diventano coordinate dell’anima. Sono cicatrici di gioia incise per sempre nel cuore di un popolo. Il 27 giugno 1971 è una di queste. È un giorno che trascende lo sport per trasformarsi in epica popolare. In quel giorno, un’intera regione ha scoperto l’orgoglio di sedere al tavolo dei grandi. Il Catanzaro, guidato dalla visione del suo presidentissimo Nicola Ceravolo e dalla sapienza tattica di Gianni Seghedoni, compì un’impresa che nessuno potrà mai eguagliare. Sul campo neutro dello stadio San Paolo di Napoli, la squadra portò per la prima volta la Calabria nell’Olimpo del calcio italiano. Al termine di uno spareggio drammatico contro il favoritissimo Bari, un gol di Angelo Mammì fece esplodere una gioia incontenibile. A 54 anni di distanza, il racconto di quella giornata continua a far battere il cuore e a definire l’identità giallorossa.
Una squadra contro ogni pronostico
All’inizio della stagione di Serie B 1970/71, nessuno avrebbe scommesso un soldo sul Catanzaro. I pronostici della vigilia erano tutti per autentiche corazzate. Squadre come Mantova, l’ambiziosa Atalanta, il Bari e il Brescia partivano con i favori dei pronostici, grazie a organici attrezzati per il grande salto. La formazione giallorossa, invece, partiva in sordina. Era considerata una solida squadra di provincia, difficile da affrontare, ma nulla di più. Eppure, partita dopo partita, quella squadra iniziò a costruire la sua leggenda. Non lo fece attraverso un gioco spumeggiante o un attacco prolifico. Costruì le sue fortune su un’organizzazione difensiva granitica, quasi inscalfibile.
La vera forza del Catanzaro di Seghedoni risiedeva nella solidità del suo reparto arretrato. Con appena 27 reti subite in tutta la stagione, la difesa giallorossa risultò la migliore del torneo. Era un gruppo coeso, un meccanismo perfetto in cui la fase difensiva era un sacrificio collettivo. Il lavoro iniziava dagli attaccanti e coinvolgeva ogni giocatore in campo. Il girone di andata fu discreto, con la squadra che si mantenne a galla grazie a una partenza a razzo, con tre vittorie nelle prime tre giornate. Fu però nel girone di ritorno che il Catanzaro divenne una macchina quasi perfetta. Con solo due sconfitte, dieci vittorie e sette pareggi, i giallorossi scalarono la classifica punto su punto. Acquisirono la consapevolezza di poter competere con chiunque.
Catanzaro, la battaglia per la Serie A: spareggio per gli spareggi
Il cammino fu costellato di momenti decisivi. Furono punti pesantissimi, spesso conquistati con il cuore oltre l’ostacolo. Indimenticabile il gol di Fausto Silipo al 90′ che valse la vittoria per 2-1 contro la Ternana. Fondamentale quello di Paolino Braca in piena “Zona Cesarini” che regalò un pareggio a Livorno nella penultima giornata. In un contesto regionale reso teso dai “Moti di Reggio”, il Catanzaro dovette persino recuperare a giugno, sul campo neutro di Firenze, la partita contro la Reggina, salvata da un rigore di Gori.
Tutto culminò nell’ultima, decisiva giornata di campionato. Era il 13 giugno 1971. Al “Militare”, gremito in ogni ordine di posto da un pubblico febbricitante, arrivava il Brescia. I lombardi erano secondi in classifica con 46 punti, uno in più del Catanzaro, dell’Atalanta e del Bari. La matematica era spietata. Per accedere agli spareggi, al Catanzaro serviva solo e soltanto la vittoria.
La partita fu una vera e propria sofferenza. Il fulcro del gioco giallorosso, Gori, fu letteralmente annullato dal terzino bresciano Gigi Cagni. La mossa decisiva fu di mister Seghedoni, che a fine primo tempo sostituì un Gori in difficoltà con Braca. E fu nella ripresa che il destino si tinse di giallorosso. Al 55′, Busatta trovò il gol del vantaggio, facendo esplodere lo stadio. Sedici minuti più tardi, al 71′, fu Angelo Mammì a siglare il 2-0. Quella rete mise in cassaforte una vittoria che valeva un’intera stagione e il diritto di continuare a sognare.
L’epilogo degli spareggi: da Bologna a Napoli
L’aritmetica consegnò il verdetto finale. Il Mantova fu promosso direttamente. Catanzaro, Atalanta e Bari, tutte appaiate a 47 punti, si sarebbero contese gli altri due posti per la Serie A in un triangolare di spareggi. Fu una settimana di passione pura. Il primo incontro, il 20 giugno a Bologna, vide l’Atalanta battere il Bari per 2-0. La partita fu sospesa per incidenti e il risultato omologato a tavolino.
Tre giorni dopo, il 23 giugno, sempre a Bologna, toccò al Catanzaro affrontare gli orobici. Ai bergamaschi bastava un pareggio. La partita, giocata sotto un caldo atroce, sembrò incanalarsi su un tacito accordo, con ritmi bassi. Ma il destino è beffardo. All’88° minuto, quando il pareggio sembrava scritto, Maggioni, terzino dell’Atalanta, lasciò partire un cross innocuo. La traiettoria ingannò il portiere Pozzani e si infilò in rete. Una beffa atroce, una doccia gelata. Restava un’ultima possibilità, la più difficile: la sfida da dentro o fuori contro il Bari.
27 giugno 1971: il giorno del giudizio – Catanzaro in Serie A!
Lo scenario era quello delle grandi occasioni: lo stadio San Paolo di Napoli. Un pomeriggio torrido, un catino bollente con quasi cinquantamila spettatori. I tifosi del Bari erano in leggera superiorità numerica, supportati anche dai “neutrali” napoletani per la presenza del loro ex idolo, il brasiliano Cané. Il Bari di mister Lauro Toneatto era una squadra fortissima e partiva con tutti i favori del pronostico. La partita fu un monologo pugliese per lunghi tratti. Il Bari attaccava a testa bassa, ma sbatteva contro un muro giallorosso, eretto da una difesa eroica e dalle parate prodigiose di un Pozzani in stato di grazia. Sembrava un tiro al bersaglio. Il Catanzaro, stanco dalla gara di Bologna, si difendeva con affanno.
La sofferenza, per chi era allo stadio e per chi era incollato alla radiolina ascoltando la voce del mitico Sandro Ciotti, sembrava non finire mai. Poi, all’81° minuto, l’imponderabile. In una delle rare sortite offensive, Gori e Braca dialogarono sulla sinistra. L’ala giallorossa avanzò e mise al centro un cross teso. Lì, dove volano le aquile, si avventò come un falco il piccolo grande centravanti, Angelo Mammì. Con un colpo di testa fulmineo, quasi di spalla, anticipò l’uscita del portiere Spalazzi e depositò in rete il pallone più pesante della storia del calcio calabrese. I minuti finali furono un assedio, una sofferenza indicibile. Infine, i tre fischi dell’arbitro Barbaresco di Cormons. La gioia. La storia. Il Catanzaro era in Serie A.
L’eredità di un’impresa immortale
La festa che seguì fu un evento epocale. Napoli si tinse di giallorosso. In Calabria, l’entusiasmo divenne leggenda, unendo un’intera regione come mai prima. A Catanzaro, su Corso Mazzini, fu costruita una gigantesca lettera ‘A’ giallorossa, simbolo di un’impresa che aveva superato i confini dello sport. La successiva stagione in massima serie (1971-72) si concluse con un’onorevole ma immediata retrocessione, nonostante una storica vittoria contro la Juventus (gol, ancora una volta, di Mammì) e le 10 reti totali del nuovo acquisto Alberto Spelta. Ma questo non scalfì minimamente la grandezza di ciò che era stato compiuto. Quella promozione rimane ancora oggi una pietra miliare, la dimostrazione che l’organizzazione, il sacrificio e un cuore grande possono sovvertire ogni pronostico. A 54 anni di distanza, il ricordo di quegli eroi del ’71 continua a essere il faro che illumina la passione di ogni tifoso giallorosso.