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lunedì 18 Agosto 2025

Catanzaro, quadrato di costruzione: come il 2+2 cambia il 4-2-3-1

L’avvio dell’era Alberto Aquilani a Catanzaro ha già messo sul tavolo un’idea forte. Il 4-2-3-1 vive su una costruzione 2+2, con i due centrali che si aprono, i due mediani che offrono linee corte e i terzini pronti a spingere. La squadra parte dal basso, ma non disdegna il lancio quando serve respirare o cambiare lato con decisione. L’obiettivo è dare ordine al primo possesso e guadagnare metri con metodo. La cornice è chiara: principi semplici, esecuzione rapida, coraggio nelle corse di andata e ritorno.

Il quadrato che ordina il possesso

Il 2+2 stabilizza la prima uscita. I centrali tengono ampiezza, i mediani si mettono a supporto, creando un quadrato che moltiplica le soluzioni. Se l’avversario pressa con tre, c’è superiorità. Se alza un quarto uomo, lo spazio dietro le mezzali diventa invitante per il trequartista. In questo assetto i terzini alzano il blocco. Allargano il campo, fissano l’esterno avversario e aprono corridoi interni. Poi rientrano con tempi stretti, perché ogni palla persa alta deve trasformarsi in recupero o riassetto immediato.

La scelta del quadrato dialoga con la qualità tecnica del gruppo. La prima linea non forza il gioco. Lavora sugli angoli di passaggio e sulle ricezioni di profilo. Con il palleggio si attira la pressione. Con la verticalità si colpisce la linea sulla corsa. L’idea conta quanto i dettagli: distanza tra i reparti, postura del ricevente, altezza del terzino lato palla, tempi dell’uscita del mediano. Ogni elemento accorcia i tempi decisionali e riduce gli errori non forzati. È un equilibrio dinamico, costruito allenamento dopo allenamento.

I volanti del sistema: Petriccione-Pontisso, Pompetti out

Il volante del progetto è la coppia Jacopo Petriccione – Simone Pontisso. Sono centrocampisti veri. Il primo detta ritmo e trova linee interne anche sotto pressione. Il secondo mette gamba, schermature e primo passaggio pulito dopo il recupero. L’assenza di Marco Pompetti pesa. Lo stop è lungo e toglie una soluzione di regia avanzata e piazzati. Nel frattempo crescono le alternative: Fabio Rispoli può dare minuti nella rotazione. Il gruppo, inoltre, attende un innesto in mezzo che alzi il livello delle rotazioni.

Sulle corsie, Gianluca Di Chiara e Ruggero Frosinini incarnano la richiesta del tecnico. Spingere, dare ampiezza, poi rientrare. Di Chiara offre esperienza, cross arretrato, conduzione progressiva e letture difensive in area. Frosinini dà corsa e aggressività, con attenzione al corpo a corpo sull’esterno. A sinistra potrebbe arrivare un altro profilo. Costantino Favasuli resta il jolly che può coprire entrambe le fasce, mantenendo alto il livello di competizione interna. In mezzo completano il reparto Brighenti e Antonini, con Bettella, Verrengia e Bashi prime risorse dalla panchina.

Il “10” offensivo ma diligente e il dialogo con Iemmello

Il trequartista è il perno mobile del sistema. Aquilani chiede un “10” offensivo ma diligente. Deve entrare in area, legare il gioco e partecipare alla prima schermata quando si perde palla. Qui il Catanzaro ha tre strade. Mattia Liberali dà rifinitura e sensibilità tra le linee. Alphadjo Cissè porta inserimento e attacco del mezzo spazio. Gabriele Alesi lavora nello smarcamento breve e nella ricezione tra le maglie. Ognuno cambia la grammatica dell’azione senza snaturare la sintassi del 4-2-3-1.

Davanti, Pietro Iemmello è punto di riferimento e, all’occorrenza, falso trequartista. Viene incontro, lega, gioca “a muro” e libera la profondità per l’ala o il terzino. Se riceve tra le linee, la difesa avversaria deve scegliere: uscire forte e scoprire il corridoio, oppure restare e concedere il tempo per la giocata pulita. In alternativa c’è Filippo Pittarello, utile per lavoro sporco e duelli aerei. Tommaso Biasci è squalificato nelle prime due e potrebbe cambiare maglia, con Benevento molto interessato. In caso di uscita, arriverà un altro 9 per completare il reparto.

Catene laterali e uscite tipo: come si risale il campo

La lavagna del Catanzaro contiene tre pattern semplici e allenabili. La prima è l’uscita “a muro”: centrale → mediano, appoggio sul 10, scarico sul terzino che sale. L’ala taglia dentro, l’altro mediano arriva in rimorchio al limite. La seconda è l’uscita “in inversione”: la pressione chiude il lato forte, si gioca al centrale opposto e si trova il terzino del lato debole in corsa. Da lì, cross arretrato o imbucata nel mezzo spazio. La terza è la “up–back–through”: palla verticale su Iemmello, sponda sul trequartista, imbucata immediata dietro il terzino avversario.

Questi pattern funzionano perché nascono da principi e non da gabbie. Le posizioni sono elastiche, i riferimenti chiari. L’ala apre o stringe in base alla postura del terzino rivale. Il doppio mediano sale o resta a protezione a seconda del rischio. Il 9 decide se fissare i centrali o liberare l’area con un movimento incontro. La ripetibilità dà fiducia. La fiducia abbassa i tempi di esecuzione. È la catena che trasforma una buona idea in un’abitudine vincente. Serve pazienza, ma i segnali sono già visibili nella fluidità della manovra.

Rest-defence corta e transizioni: pochi dietro palla, regole chiare

Aquilani vuole pochi dietro palla quando si attacca. Spesso rimangono i due centrali più un mediano in scivolamento, per un 2+1 aggressivo. Se il terzino opposto resta prudente, si compone un 3 pieno. La transizione difensiva ha due strade, entrambe nette. La prima è il contropressing immediato, soprattutto con i tre della trequarti che stringono dentro. La seconda è il riassetto in blocco medio, con distanze corte e palla incanalata verso l’esterno. Niente metà misure: o recuperi subito, o ti sistemi.

Contro il Sassuolo si è visto un campanello d’allarme. I terzini sono rientrati tardi su qualche palla laterale. La squadra ha imparato la lezione. L’aggiustamento parte dalla copertura preventiva del mediano lato palla e dalla posizione del centrale sul lato debole. Il primo deve chiudere la linea di rifinitura. Il secondo deve accorciare in anticipo, per evitare corse all’indietro. Sono dettagli di reparto che pesano come un gol. La loro esecuzione aumenterà il margine di sicurezza e libererà ulteriormente la spinta esterna.

Pressione e recupero: intensità con criterio

La pressione è selettiva. La squadra può salire alta sui primi passaggi oppure scegliere trigger precisi: retropassaggio al portiere, controllo orientato male, ricezione spalle alla porta. In quei momenti il 9 oscura il mediano avversario e forza il gioco sull’esterno. L’ala lato palla aggredisce il terzino. Il 10 chiude la linea di ritorno. Il mediano vicino funge da freno a mano e raccoglie la seconda palla. Così si difende in avanti senza sfilacciarsi e si attacca con campo aperto appena si recupera.

Il recupero palla ideale avviene nei mezzi spazi. Lì la squadra è più corta e pronta a rifinire. Appena riconquistata la palla, si cerca la verticalità con Iemmello a fungere da perno. Se la giocata non c’è, si ricicla il possesso e si ricostruisce il 2+2. Il principio è sempre lo stesso: forzare l’errore in zone utili e trasformare la palla rubata in occasione. La pressione non è una corsa cieca. È una scelta. Va letta, condivisa e ripetuta. Con i tempi giusti diventa identità.

Palle inattive: responsabilità e contromisure

Sui piazzati offensivi l’assenza di Pompetti pesa soprattutto sulla battuta. Le alternative ci sono: Petriccione, Pontisso e Di Chiara possono dividersi angoli e punizioni. La priorità è la qualità del cross arretrato e la pulizia dei blocchi centrali. In difesa, si lavora su una marcatura a uomo con aiuti di zona, curando la posizione dei terzini sul secondo palo. La richiesta è semplice e severa: rientrare con un tempo di anticipo e difendere l’area piccola come fosse l’ultimo pallone della partita.

Le rimesse laterali possono diventare un’arma. Se una delle due corsie trova la sponda giusta, si può costruire un corner corto mascherato. Anche qui i dettagli fanno la differenza: tempi del movimento, angolo della corsa, distanza tra il blocco e il saltatore. Sono situazioni che spostano equilibrio e fiducia. In Serie B i punti passano spesso da lì. Non è un piano B. È una parte del piano A, da curare con la stessa attenzione riservata al palleggio e alle uscite.

Gerarchie, rotazioni e ciò che manca

La porta ha gerarchie definite: Pigliacelli titolare, Marietta prima alternativa. Dietro, Brighenti e Antonini partono forti. Bettella offre atletismo e anticipo. Verrengia e Bashi completano la catena. Sulle corsie guida Di Chiara. Frosinini corre e spinge. Favasuli garantisce copertura e spinta su entrambe le fasce. In mezzo ruotano Petriccione, Pontisso e Rispoli, in attesa del tassello che aggiunga profondità. Sulla trequarti si alternano Liberali, Cissè e Alesi. Fuori larghi ci sono Marco D’Alessandro, Patrick Nuamah, Sayha Seha e Nicolò Buso. Giovanni Volpe è in uscita.

Davanti comanda Iemmello. Pittarello dà struttura e presenza. Biasci resterà fuori per squalifica nelle prime due e cambiarà aria. Il club si muoverà di conseguenza. Manca un terzino sinistro per completare il reparto e, probabilmente, un centrocampista con letture posizionali forti. Non si tratta di stravolgere l’idea. Si tratta di riempirla di qualità nei ruoli chiave. Ogni innesto deve parlare la stessa lingua: semplicità tecnica, intensità mentale, disponibilità a correre in avanti e all’indietro.

Identità, pazienza, ambizione

Il Catanzaro ha scelto una via netta. Il 2+2 dà ordine alla partenza dal basso, accende i terzini e valorizza il doppio mediano. Il 10 completa il quadro con lavoro e creatività. La rest-defence resta corta, ma con regole chiare. Il pressing è selettivo e funzionale. Le palle inattive sono un capitolo da curare ogni giorno. Tutto nasce dalla stessa idea: pochi concetti, eseguiti bene, tante volte. È un laboratorio che crescerà con il tempo, senza perdere l’ambizione. Il campo dirà quanto in fretta questa identità diventerà punta di diamante della stagione.

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