Di Bruno Pizzul, nato a Udine l’8 marzo 1938 e scomparso in queste ore, si può dire senza alcun dubbio che è stato l’ultimo grande narratore di calcio in forma di telecronaca. Al ritmo del racconto, abbinava una competenza calcistica innata e cresciuta nel corso degli anni, arricchita dal valore aggiunto di essere stato egli stesso un calciatore. Stopper, alto 1.92, con la sua grande intelligenza e caratura umana capì di non essere un campione e preferì raccontare il calcio più che giocarlo.
Se vogliamo fare un paragone musicale, egli fu uno chansonnier della scuola “milanese” della Rai, come l’immenso e indimenticabile Beppe Viola, suo amico fraterno oltre che collega, contrapposto agli odierni urlatori della scuola romana, con i telecronisti più in voga del momento sulle varie pay-tv, tutti cresciuti – almeno i più noti – nelle emittenti locali romane, sotto la guida di Michele Plastino, eccellente professionista, ma “autore” fin dagli anni Ottanta e perciò da oltre quarant’anni, di un giornalismo capitolino ridondante, urlato e passionale.
Ora, anche sotto l’ulteriore spinta di qualche notissimo commentatore, anzi, “seconda voce”, debordante e non incline al contraddittorio, anche le telecronache Rai stanno virando verso l’urlo passionale, a discapito della competenza dettagliata e soprattutto del l’imparzialità, oggi questa sconosciuta.
Bruno Pizzul non ha mai dato segno della più minima ombra di parzialità. Era tifoso del Torino, ad esempio, ma non ha mai offerto la minima impressione di esserlo, in nessuna telecronaca.
Il 29 maggio 1985, con la tragedia dell’Heysel, tifosi e sportivi di tutte le età, si sono ritrovati in un brutto sogno, un incubo divenuto realtà, scoprendo che lo sport purtroppo era anche tragedia. In noi tutti, nelle nostre coscienze, quel giorno sopravvenne qualcosa di tumultuoso, di agghiacciante. La voce rotta di Pizzul mentre annunciava in diretta il numero delle vittime, in quel momento rappresentava tutti noi, stravolti e increduli davanti a un massacro che ci ha segnati per sempre.
Un anno indimenticabile per la carriera di Pizzul e per il calcio nazionale fu il 1990. Prima le finali tutte italiane, con Milan-Benfica 1-0 in Coppa dei Campioni, Sampdoria-Anderlecht 2-0 in Coppa delle Coppe e poi la Juventus trionfante nel doppio confronto in Coppa Uefa contro la Fiorentina. A queste si aggiunsero poi le “Notti magiche” di Italia 90, con un terzo posto della Nazionale che con un po’ di fortuna poteva essere anche il primo.
Anche ai Mondiali statunitensi del 1994, Pizzul ci stregò, commentando i gol, l’ascesa e il rigore sbagliato in finale di Roberto Baggio, che non ha per niente offuscato la carriera di un grandissimo calciatore, ma ne ha anzi alimentato la leggenda.
A Bruno Pizzul è mancato solo di commentare un Mondiale vincente. Per il resto, ha fatto diventare il calcio una magia per tutti noi. E non è poco, decisamente, con i tempi che corrono oggi.
“Ha il problema di girarsi”, diceva Pizzul commentando il centravanti che faticava a crearsi spazio, spalle alla porta. Oggi è tutto il calcio italiano in generale che “ha il problema di girarsi”, ma non è perduta l’attesa per nuove emozioni simili a quelle narrate dal grande Pizzul. Se qualcuno tornerà a inseguire sogni, nulla sarà perduto, nel calcio.