Un viaggio nel lato oscuro del pallone. È quello compiuto da Le Iene e andato in onda su Italia 1 martedì 3 giugno, un servizio che ha portato a galla una realtà scomoda, forse nota agli addetti ai lavori, ma mai raccontata con tale chiarezza al grande pubblico. Dietro la promessa di un posto nella Primavera della Sampdoria, si cela una vicenda dai contorni torbidi, che coinvolge dirigenti, agenti e un giovane calciatore del Lazio. E che pone interrogativi profondi sull’etica e sull’equità nel calcio italiano.
Un sogno a pagamento
Nel servizio firmato da Luca Sgarbi, giornalista della redazione de Le Iene, si assiste a una vera e propria investigazione sotto copertura. Sgarbi si finge fratello di Emanuele Profeti, classe 2005 in forza al Ronciglione, club laziale militante in Promozione. L’obiettivo? Verificare quanto contino davvero le doti tecniche e quanto, invece, incida il denaro nel determinare la carriera di un giovane atleta.
Le telecamere nascoste raccontano una trattativa a più voci, dove entrano in gioco agenti sportivi, un responsabile del settore giovanile di una squadra professionistica – Luca Silvani della Sampdoria – e un’ipotesi di sponsorizzazione pari a 70mila euro. In cambio, la promessa: il tesseramento nella squadra Primavera del club blucerchiato.
Una vicenda che richiama alla memoria il caso, sempre emerso tramite Le Iene, che coinvolse Salvatore Bagni e la Vis Pesaro solo poche settimane prima. Anche lì, dietro a un’apparente opportunità sportiva, si celava un presunto meccanismo economico poco trasparente.
Visite mediche, foto ufficiali… e poi il nulla
Profeti, secondo quanto mostrato nel servizio, si sottopone persino alle visite mediche di rito. Viene fotografato con la maglia della Sampdoria. Tutto lascia presagire un lieto fine, il sogno che si realizza. Ma, dopo i primi passi, accade l’incredibile: il ragazzo non viene mai schierato in campo, né convocato. Il silenzio cala sulla vicenda, fino alla pubblicazione dell’inchiesta.
Una narrazione, quella delle Iene, che apre uno squarcio inquietante su una prassi che, se confermata, sconfina nella mercificazione del talento e nella distorsione dei valori sportivi.
La risposta della Sampdoria: «Siamo estranei»
Non si è fatta attendere la risposta ufficiale della Sampdoria, che ha preso le distanze in modo netto dalle dinamiche descritte nel servizio televisivo. In un comunicato stampa, il club ligure ha ribadito come le modalità narrate siano «incompatibili con i principi di correttezza, trasparenza e meritocrazia» che da sempre ispirano la società.
Inoltre, è stata avviata un’indagine interna per chiarire eventuali responsabilità e verificare i contorni di un’operazione tanto controversa. Il club ha fatto sapere che il giocatore si sarebbe reso irreperibile poco dopo il tesseramento, ipotizzando persino che tutto fosse parte di una manovra orchestrata per danneggiare l’immagine della Samp.
Una difesa che non ha però impedito l’inevitabile clamore mediatico e la diffusione di dubbi sulla tenuta etica dell’intero comparto giovanile del calcio professionistico italiano.
Le reazioni: «Un montaggio distorto»
Tra i nomi coinvolti figura anche Giulio Biasin, agente sportivo apparso nel servizio. Attraverso i propri canali social, Biasin ha respinto ogni accusa, definendo quanto trasmesso da Le Iene come un montaggio manipolato e parziale.
«Io ci metto la faccia – ha scritto su Instagram – e dimostrerò quanto infami siano state quelle accuse. I messaggi sono stati tagliati ad arte». Una replica che, pur determinata, non ha dissipato le perplessità sollevate dall’inchiesta.
Un problema strutturale?
Il caso Profeti rischia di essere solo la punta dell’iceberg. Lo suggerisce lo stesso tenore dell’inchiesta, che porta a chiedersi quanti altri giovani calciatori – o famiglie – si trovino a dover scegliere tra il sogno e un bonifico. Se davvero un percorso tecnico può essere “agevolato” con un investimento, allora l’intero sistema formativo è da rivedere. Si perde la funzione sociale dello sport, si smarriscono i principi educativi che dovrebbero animare ogni settore giovanile.
Non è un caso che Le Iene abbiano voluto chiudere il servizio con un appello alla trasparenza e alla meritocrazia, che dovrebbero essere il cuore pulsante di qualsiasi realtà sportiva.
Una riflessione urgente
Nel frattempo, la Figc e la Lega Serie B – dove milita la Sampdoria – non hanno ancora preso posizione pubblica. Ma l’eco di questa vicenda, anche grazie alla potenza mediatica del format di Italia 1, potrebbe indurre a indagini federali o riforme regolamentari che prevengano tali situazioni in futuro.
Il calcio giovanile, oggi più che mai, ha bisogno di regole chiare, vigilanza e rigore morale. Perché ogni bambino che calcia un pallone deve poterlo fare con la consapevolezza che sarà il proprio talento, e non il portafoglio, a determinare fin dove potrà arrivare.