Quando abbiamo chiesto l’intervista a Roberto Vichi, non ci ha pensato su nemmeno un secondo. Neanche gli altri prima di lui, a dir la verità, ma Vichi è stato il più veloce di tutti. È un suo piacere essere amato dai tifosi del Catanzaro e non manca mai di ripetere che sarà sempre a loro disposizione. Nato a Roma il 1° giugno 1954, Vichi inizia a giocare a nove anni. Era il 1963 e fu il vivaio della Roma ad accoglierlo. Anni in cui “scala” tutte le squadre giovanili, fino a diventare capitano della Primavera giallorossa che vincerà due scudetti (1973 e 1974). Una squadra di grandi promesse, nella migliore tradizione del vivaio romanista, tutte più o meno mantenute. Vichi la ricorda così: “Una squadra composta da ragazzi in gamba, un bel gruppo. Bruno Conti e Franco Selvaggi, che poi sono diventati finanche campioni del mondo con la Nazionale nel 1982. E poi Agostino Di Bartolomei, Francesco Rocca e Franco Peccenini. Con alcuni capita anche di vederci. Non ci frequentiamo assiduamente, ma siamo ancora nel mondo del calcio, quindi non è difficile conservare i rapporti”. In effetti con Vichi c’era parecchia storia e leggenda del calcio italiano. E basta citare qualche nota biografica, anzi, calcistica, per capire che non si parla degli ultimi arrivati. Bruno Conti, per esempio: tuttora inarrivabile nel suo ruolo, il più brasiliano dei calciatori italiani, che per Pelè fu il miglior giocatore del “Mundial” spagnolo. O Franco Selvaggi, che non giocò neanche un minuto ma fu un “uomo-gruppo” di quel torneo e in anni successivi allenò anche il Catanzaro, lasciando anche un bel ricordo come persona oltre che da allenatore. E Agostino Di Bartolomei, formidabile tiratore di punizioni e uomo con cui il mondo del calcio ha ancora un debito morale non pagato dal giorno della sua tragica scomparsa, nel 1994. Senza contare poi Francesco Rocca, terzino ambidestro, in arte “Kawasaki” per la sua velocità in progressione sulle fasce, rimasto famoso a Catanzaro per la deviazione (presunta?) sul primo gol da calcio d’angolo di Palanca in Serie A, proprio contro la Roma e pochi mesi prima della storica tripletta di ‘O Rey all’Olimpico. E per finire Franco Peccenini, nella Roma ma anche per quattro campionati a Catanzaro, di cui tre nella massima serie.
Anche Vichi aveva tutte le carte in regola per esordire in Serie A, nella “sua” Roma. Ma nel suo ruolo, quello di libero, era “chiuso” da Sergio Santarini, un mito che in quegli anni non saltava mai una partita e – guarda caso – concluderà la carriera proprio a Catanzaro e ad alti livelli. E così per il biondo Roberto Vichi c’è il Catanzaro. Tre campionati d’eccezione, che raccontati da lui rappresentano il periodo più bello di un’intera carriera, dal 1974 al 1977: “Sono arrivato a Catanzaro con grandissima fortuna, devo dire. Era la prima volta che scendevo al Sud d’Italia e sono stati anni bellissimi. Ho anche studiato, a Catanzaro, prendendo il diploma di ragioneria. Per quanto riguarda il calcio, il momento più brutto è stato a Terni, lo spareggio che perdemmo contro il Verona, quando Mazzanti segnò il gol facendomi passare la palla tra le gambe, un tunnel sfortunato. Ricordo la delusione dei tifosi, ma io ero ancora giovane ed ero sicuro che l’anno dopo ce l’avremmo fatta. E andò bene a Reggio Emilia, l’ultima partita di campionato che vincemmo per essere promossi in Serie A. Una giornata indimenticabile, il 20 giugno del 1976. L’anno dopo retrocedemmo, ma ora che ci penso di Catanzaro ricordo solo cose belle. Non solo riguardo al calcio, ma anche grazie al clima che si era creato e alle amicizie che ho conservato, con i miei ex compagni certamente ma soprattutto con la gente di Catanzaro”. 99 Presenze che hanno fatto di lui un mito per il pubblico di quegli anni e anche dopo, al pari di Palanca, Ranieri e tanti altri.
Vichi, il libero gentiluomo. Di lui, anche dopo Catanzaro, si è detto che non è stato mai espulso né squalificato. Una leggenda affascinante, smentita in persona dal diretto interessato: “Sono stato espulso a Verona e ho saltato la partita successiva, in Serie A. Per il resto è tutto vero: a parte quella disavventura, non sono mai stato squalificato. Non ero un calciatore “cattivo”. A me piaceva giocare bene. Certo, qualcuno mi rimproverava perché ero troppo elegante o se vogliamo “timido” negli interventi, ma non c’è stato mai niente da fare: non avevo l’indole del duro”. Per puro scrupolo siamo andati a dare un’occhiata negli almanacchi: in effetti, il 19 dicembre 1976, Vichi fu espulso in Verona-Catanzaro, terminata 0-0, scontando poi una giornata di squalifica.
Dopo Catanzaro, la carriera di Vichi proseguì con Como, Alessandria, Piacenza, Teramo, Sorrento, Lucchese e Pro Cisterna. Romano di Tor Pignattara, oggi Vichi risiede in provincia, a Santa Maria delle Mole, frazione di Marino. Ed è ancora nel mondo del calcio: “Oggi sono responsabile del settore giovanile al centro sportivo “Città di Ciampino”, nonché osservatore della Juventus per il Lazio e l’Umbria, lo stesso incarico che, per dire, ha in Calabria Gregorio Mauro. Ed anche con lui ci incontriamo spesso proprio per questo motivo. Oggi si può dire che tifo per tre squadre: il Catanzaro, la Roma e la Juventus. Ma il primo risultato che guardo è quello del Catanzaro. Spero che la squadra possa tornare al più presto ai fasti di un tempo e quindi perlomeno alla Serie B, perché se lo meritano soprattutto i tifosi, che non hanno mai smesso di seguirla”.
AURELIO FULCINITI