Il dibattito sulla crisi del calcio italiano e, in particolare, sulla presunta penuria di talenti per la Nazionale, è un tema ricorrente che accende gli animi degli addetti ai lavori e dei tifosi. Ma quando a intervenire è una voce autorevole e profonda conoscitrice del settore giovanile come Massimo Bava, responsabile del settore giovanile del Catanzaro, il confronto assume un’altra dimensione. Ieri sera, ai microfoni di Sportitalia, Bava ha smontato con veemenza alcuni dei luoghi comuni più radicati, lanciando un grido d’allarme e, al contempo, un’accorata proposta per il rilancio del movimento calcistico tricolore. Le sue parole non sono passate inosservate, e per noi rappresentano un’occasione preziosa per riflettere sul futuro del nostro calcio partendo dalla base.
“Cretinate” e luoghi comuni: secondo Massimo Bava i talenti ci sono, manca la visione
La prima stoccata di Bava è netta: “Quando sento parlare che per la nazionale non ci sono giocatori sono esattamente delle cretinate”. Un’affermazione perentoria, frutto di un’esperienza sul campo che lo porta a visionare circa 350 partite all’anno. Un numero impressionante, che testimonia l’impegno e la dedizione di chi, come lui, vive quotidianamente il mondo del calcio giovanile. La sua tesi è chiara: i talenti ci sono, in Italia, sia tra i giocatori italiani che tra quelli stranieri che calcano i nostri campi. Il problema, secondo Bava, non è la mancanza di materia prima, ma una visione distorta e vecchi pregiudizi che ancora permeano il settore.
Le frasi che lo infastidiscono maggiormente, e che a suo dire sono “cretinate”, sono quelle che sottovalutano il ruolo del settore giovanile, sostenendo che “non è quello di una volta” e che “non deve pensare al risultato, ma deve produrre giocatori”. Bava ribalta questa prospettiva con un quesito provocatorio ma illuminante: “Trovatemi una squadra di Primavera che è ultima, zero punti, e produce giocatori, non ce n’è”. La sua analisi è un richiamo forte alla realtà: la cultura della vittoria, della competizione, dell’agonismo e del risultato non è un nemico dello sviluppo, ma un elemento fondamentale per formare veri giocatori.
Dagli Under 17 in su: la necessità di formare “veri giocatori”
Per Bava, la differenziazione è fondamentale: i bambini sotto una certa età devono innanzitutto divertirsi e costruire le basi. Ma “dagli Under 17 in su dobbiamo iniziare a far pensare a loro di essere dei giocatori”. Questo significa instillare una mentalità orientata alla competizione, all’agonismo e alla ricerca del risultato. È questo il terreno fertile in cui i talenti possono sbocciare e maturare, preparandosi alle pressioni e alle sfide del calcio professionistico. Il Catanzaro, anche attraverso il lavoro di Bava, sta evidentemente sposando questa filosofia, conscio che la crescita di un settore giovanile passa anche dalla capacità di inculcare nei ragazzi la voglia di vincere e di misurarsi ai massimi livelli.
Il problema, secondo Bava, è la superficialità con cui si valuta il talento e la facilità con cui si rinuncia a scommettere sui nostri ragazzi. L’esempio di Baldanzi, ex Empoli e ora alla Roma, è emblematico: “lo valutavano troppo piccolo”. Un giudizio affrettato, basato su stereotipi fisici, che rischia di far perdere al calcio italiano gioielli preziosi. “Ci sono troppi errori, sbagliamo troppo e diamo troppi giudizi affrettati”, chiosa Bava, sottolineando come la fretta e la mancanza di una visione a lungo termine siano nemiche dello sviluppo. La sua è una critica al sistema, che spesso preferisce soluzioni più immediate o estere, anziché investire con pazienza e lungimiranza sui propri vivai.
Infine, un’altra critica mirata riguarda la composizione delle squadre giovanili, in particolare le Primavera: “una Primavera non può avere 11 stranieri in campo”. Un’affermazione che sottolinea la necessità di bilanciare la presenza di talenti esteri con la valorizzazione dei giocatori italiani. Bava non propugna un nazionalismo cieco (non vuole dire “solo italiani, assolutamente”), ma invita a una riflessione più profonda sull’opportunità di dare spazio e fiducia ai nostri giovani, investendo sul loro percorso di crescita. La sua è una chiara esortazione a “girare i campi”con maggiore attenzione e a “investire” davvero nel futuro del calcio italiano, smettendo di credere alle “cretinate”che ci portano a sottovalutare le nostre risorse. Le parole di Massimo Bava, dunque, non sono solo una denuncia, ma un vero e proprio manifesto per un calcio giovanile italiano più coraggioso, lungimirante e, soprattutto, più efficace nella produzione dei campioni di domani. Il Catanzaro, con la sua guida nel settore giovanile, si posiziona in prima linea in questa fondamentale battaglia per il futuro del pallone tricolore.