Al Ceravolo arriva domani sera un predestinato del calcio italiano. Matteo Andreoletti, classe 1989, tecnico del Padova, rappresenta l’emblema della nuova generazione di allenatori emergenti nel calcio professionistico nostrano. A soli 36 anni, il bergamasco detiene il primato di allenatore più giovane della Serie B e vanta già un record storico nel curriculum: è il più giovane tecnico di sempre ad aver vinto un campionato di Serie C, impresa compiuta nella scorsa stagione alla guida dei biancoscudati.
La sfida tra Catanzaro e Padova, in programma domenica 19 ottobre alle 19:30, metterà di fronte due realtà in cerca di riscatto dopo una sosta che ha lasciato strascichi diversi. I giallorossi di Alberto Aquilani inseguono la prima vittoria stagionale dopo sei pareggi consecutivi e una sconfitta, mentre i veneti devono cancellare il bruciante ko di Bari, arrivato in inferiorità numerica dopo l’espulsione di Capelli. E sarà proprio Andreoletti, con la sua filosofia maniacale e il suo credo tattico, a guidare l’assalto alla fortezza calabrese.
Matteo Andreoletti, dal fallimento al trionfo: la parabola di un talento precoce
La carriera di Matteo Andreoletti è fatta di resilienza e determinazione. Portiere mancato, ha iniziato il percorso da allenatore nel 2013 come preparatore dei portieri del Lecco, a soli 24 anni. Il vero salto avviene nel 2015, quando si tuffa nel calcio dilettantistico: Seregno, Inveruno, Sanremese e Pro Sesto rappresentano le tappe di una gavetta vissuta intensamente, partita dai campi polverosi della Serie D per arrivare fino alla Lega Pro.
Ma il percorso non è stato lineare. L’avventura al Benevento, nella stagione 2023-24, si trasforma in un incubo: il 23 dicembre 2023, dopo un pesante ko casalingo contro il Catania, arriva l’esonero. “Giusto il tempo per riflettere sull’accaduto”, racconterà poi il tecnico, che nel giugno 2024 firma un contratto biennale con il Padova. La risposta è immediata e clamorosa: nel girone d’andata della Serie C 2024-25, il Padova firma un cammino da 16 vittorie e 3 pareggi in 19 partite, eguagliando addirittura il record di punti in un girone stabilito dal Catanzaro nella storia della categoria.
Il ritorno però riserva difficoltà: arriva il “mal di trasferta”, la squadra perde momentaneamente la vetta, superata dal Vicenza. Ma Andreoletti non si scompone. La vittoria a Trieste, al Nereo Rocco, rilancia il Padova verso la promozione diretta, conquistata all’ultima giornata a Lumezzane davanti a 3.500 tifosi. Un trionfo che resterà negli annali, firmato dall’allenatore più giovane di sempre a vincere la Serie C.
“Noi dobbiamo essere orchestra, non solisti”
La filosofia di Andreoletti si racchiude in una metafora musicale, pronunciata dopo la sconfitta in Coppa Italia contro l’Empoli: “Noi dobbiamo essere orchestra, non solisti”. Un concetto che riassume perfettamente il suo credo calcistico, dove il collettivo prevale sempre sull’individualità e dove ogni giocatore deve sentirsi protagonista di uno spartito condiviso.
Il tecnico lombardo ha le idee chiare sul proprio metodo: “Ogni esercitazione ha uno scopo preciso, ogni scelta è inserita in un percorso che parte dalla costruzione delle conoscenze e si adatta alle caratteristiche della squadra”, ha dichiarato in un’intervista a Il Nuovo Calcio. La tattica segue una logica precisa: “La codifica è per chi non ha la palla, chi ce l’ha sceglie”. Una separazione netta che garantisce riferimenti chiari in fase difensiva e libertà interpretativa in fase offensiva.
Tra i suoi modelli, Matteo Andreoletti cita Gian Piero Gasperini e Roberto De Zerbi, dai quali ha ereditato rispettivamente la predilezione per ampiezza e verticalità e l’attenzione alla costruzione dal basso. La difesa a tre non è un dogma, ma una scelta tattica funzionale: “Per marcare a uomo servono 5-6 saltatori forti e oggi non li avevamo”, ha spiegato, dimostrando pragmatismo e capacità di adattamento.
Il 3-5-2 che si trasforma
Il Padova di Matteo Andreoletti si presenta al Ceravolo con un’identità tattica ben definita. Il modulo di partenza è il 3-5-2, che in fase di possesso si trasforma in 3-1-2-4 o 3-2-1-4, con gli esterni che si uniscono alle punte e uno o due mediani che arretrano davanti alla difesa. La costruzione dal basso è il marchio di fabbrica: la palla circola tra i tre difensori e almeno un centrocampista, cercando poi lo sviluppo sugli esterni o per vie centrali.
In fase di non possesso, invece, la squadra muta veste in 5-1-3-1: i mediani laterali scendono sulla linea dei centrali, un centrocampista fa da schermo davanti alla difesa, mentre uno dei due attaccanti si posiziona tra le mezzali. Il baricentro rimane alto, tra la propria trequarti e quella avversaria, con pressione costante per limitare le linee di passaggio centrali e obbligare l’avversario al lancio lungo.
I punti deboli? Le situazioni statiche difensive rappresentano ancora un tallone d’Achille, così come l’intensità richiesta da Matteo Andreoletti comporta un enorme dispendio di energie, con inevitabili momenti di appannamento. Ma il tecnico lo sa bene: “Finché non avremo quella maturità, dovremo andare a 300 all’ora per 90 minuti”, ha dichiarato alla vigilia della sfida con il Catanzaro.
Bortolussi e la macchina da gol
Se Matteo Andreoletti è il cervello, Mattia Bortolussi è il braccio armato del Padova. Il centravanti classe 1999 è il capocannoniere dei biancoscudati con 3 gol in Serie B, dopo aver chiuso la scorsa stagione in Serie C con 16 reti, terzo nella classifica complessiva. “Bortolussi è da Serie B, penso possa essere un attaccante importantissimo anche in questa categoria”, ha dichiarato il tecnico con convinzione.
Il rapporto tra i due è simbiotico. “Andreoletti ci sta dando una grande mano”, ha confessato l’attaccante, che ha elogiato la capacità del mister di valorizzare il collettivo senza mai sacrificare le individualità. Un attaccante atipico, Bortolussi: “Mi piace starmene nella mia tranquillità, sono una persona pacata, amante della montagna”, ha raccontato, svelando un lato inedito di sé.
Matteo Andreoletti: “Siamo ancora avvelenati”
Alla vigilia della trasferta calabrese, Matteo Andreoletti non ha nascosto la rabbia per il ko di Bari: “Sono ancora avvelenato, sinceramente. Tornare da Bari con zero punti è stato assurdo. Abbiamo disputato una delle migliori prestazioni della stagione, ma non possiamo accontentarci dei complimenti: abbiamo bisogno di punti”. Il tecnico sa che il Catanzaro è un avversario insidioso: “Affrontiamo una squadra che gioca un calcio propositivo, costruisce dal basso e ama tenere il possesso. Sarà complicato avere il dominio per 90 minuti”.
Il Padova arriva al Ceravolo con 8 punti in classifica, in 14ª posizione, ma con statistiche offensive peculiari: solo 4 gol realizzati dall’interno dell’area, il dato peggiore della categoria, ma 3 reti da fuori (il 43% del totale), tra le percentuali più alte. Una squadra che crea molto ma fatica a concretizzare dentro l’area, anche se Andreoletti minimizza: “Non mi preoccupa. I margini di crescita ci sono, ma finché arriviamo in zona pericolosa vuol dire che la squadra lavora nella direzione giusta”.
Domani sera, sotto i riflettori del Ceravolo, il confronto sarà anche generazionale: da una parte Alberto Aquilani, 41 anni, ex nazionale italiana, dall’altra Matteo Andreoletti, il più giovane tecnico della Serie B, alla ricerca di conferme dopo il trionfo in Serie C. Un duello tra esperienza e innovazione, tra tradizione e nuovo corso. E mentre il Catanzaro insegue la prima vittoria stagionale dopo sei pareggi e una sconfitta, il Padova cerca riscatto per dimostrare che il salto in cadetteria non è stato casuale, ma frutto di un progetto solido e di un’idea di calcio chiara. Con alla guida un direttore d’orchestra che, a soli 36 anni, ha già scritto pagine importanti nella storia del calcio italiano.