giovedì 5 Giugno 2025

Strage di Cutro, Palaia attacca: “La Regione ha scelto l’oblio, non la giustizia”

La decisione della Regione Calabria di ritirare la costituzione di parte civile nel processo per i presunti ritardi nei soccorsi del naufragio di Cutro ha sollevato un’ondata di polemiche e indignazione. A esprimere con forza la propria posizione è stata la consigliera comunale Daniela Palaia, che ha definito questa scelta “una pagina buia nella storia istituzionale calabrese”.

Una tragedia che non può essere dimenticata

Il naufragio del Summer Love, avvenuto nel febbraio 2023 al largo delle coste di Cutro, è stato uno dei momenti più tragici degli ultimi anni. Novantaquattro vite spezzate, tra cui trentacinque minori, e un numero imprecisato di dispersi, rimasti vittime di un viaggio disperato nel Mediterraneo. La strage di Cutro, così com’è stata ribattezzata, è entrata con forza nella coscienza collettiva del Paese. Inizialmente, la decisione della Regione Calabria di costituirsi parte civile nei processi era sembrata un atto dovuto, un segnale di rispetto verso le vittime e verso l’opinione pubblica.

Il dietrofront della Regione e le accuse di servilismo

Tuttavia, durante l’udienza preliminare al tribunale di Crotone, la Regione ha ritirato la costituzione di parte civile nel procedimento a carico dei funzionari statali accusati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo per presunti ritardi e omissioni nei soccorsi. Ha invece mantenuto la propria presenza nel processo contro gli scafisti. Una scelta che ha lasciato sconcertati molti osservatori e che la consigliera Palaia non ha esitato a definire frutto di “opportunismo o servilismo politico“.

“Il governo regionale – ha affermato Palaia – si è arreso a un’idea di ragion di Stato che non tiene conto delle responsabilità morali. Un atto che contraddice lo spirito di autonomia e dignità che dovrebbe animare le istituzioni locali”.

Le domande senza risposta

La consigliera pone con forza alcuni interrogativi che scuotono le coscienze: «Quale verità sta perseguendo la Regione? Perché scegliere di colpire solo una parte degli imputati e non tutti coloro che, secondo l’accusa, potrebbero aver avuto responsabilità nella strage? Le vite perse valgono meno se a risponderne devono essere funzionari dello Stato?».

Domande che, come sottolinea la stessa Palaia, hanno già in sé la risposta: “Non si tratta di un errore tecnico, ma di una precisa scelta politica, che può essere interpretata solo come un cedimento a logiche estranee alla giustizia e alla verità”.

Una questione di dignità collettiva

Nel suo duro atto d’accusa, la consigliera comunale rivendica il diritto della Calabria e della sua gente di non essere associati al silenzio, all’omertà o all’opportunismo. «Siamo una terra di emigranti, una terra che ha conosciuto il dolore e la speranza di chi parte. Non possiamo ignorare la sofferenza di chi ha perso tutto nel tentativo di trovare una vita migliore».

E aggiunge: “La dignità è morta e sepolta, come i naufraghi di Cutro. Ma questo non può lasciarci indifferenti. Chi governa deve rispondere anche moralmente, non solo amministrativamente”.

Una scelta che segna un confine

La vicenda pone una questione etica e politica che va ben oltre i confini del tribunale. Costituisce una prova di coerenza per chi rappresenta le istituzioni e una linea di demarcazione tra il coraggio di affermare la verità e la scelta comoda di voltarsi dall’altra parte. Il rischio, come avverte Palaia, è quello di “cedere alle logiche di potere e perdere il contatto con la realtà e con la memoria collettiva”.

Con questo intervento, Daniela Palaia chiede conto alla Regione di una decisione che lascia sgomenti, nel tentativo di restituire alla politica un senso di responsabilità che non sia subordinato a logiche di partito o di governo.

In un momento storico in cui le migrazioni continuano a segnare la cronaca e il Mediterraneo resta teatro di morte e speranza, episodi come la strage di Cutro devono essere raccontati, indagati, compresi. E le istituzioni, tutte, devono essere all’altezza del proprio ruolo, senza eccezioni o tentennamenti.

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