... ...
mercoledì 12 Marzo 2025

Sergio Dragone, giornalista e scrittore, ricorda Giorgio Pellizzaro, riproponendo un capitolo del libro “La leggenda del Catanzaro”

Banner

“O CARO PELLIZZARO…”, LA FILASTROCCA PER UN CAMPIONE

«O caro Pellizzaro… o Silipo e Maldera, non fatevi bucare, attenti alla barriera». È il giugno del 1976 e sulle radio spopolano pezzi come “Non si può morire dentro” di Gianni Bella e “Ramaya” di Afric Simone, ma il tormentone dell’estate, almeno sulle spiagge calabresi, è un libero rifacimento della canzone folk “Quanto l’è bella l’uva fogarina”, scritta anni prima da Nanni Svampa e portata al successo dal Duo di Piadena.

«Sotto la guida di Di Marzio, ritorneremo in serie A. Diridindindi, dirindinda, il Catanzaro in serie A». Non è originalissima, il testo non è proprio un esempio di poesia, ma che importa? Si celebra lo squadrone che ha riportato i giallorossi nella massima serie. Si canta e si festeggia, gli eroi di quell’impresa sono “cantati” come nell’Odissea.

E tocca proprio a lui, Giorgio Pellizzaro, il portiere imbattibile, aprire la serie delle celebrazioni in

musica, con la raccomandazione degli autori di «stare attento alla barriera» per non farsi bucare.

Non farsi bucare è il suo mestiere. L’aveva capito subito di non essere fatto per la vita di campagna. Il papà contadino dalle parti del fiume Mincio, le mucche da mungere, il durissimo raccolto. Sicuramente meglio l’oratorio, fucina di tutti i calciatori, dove dimenticare le fatiche della giornata e sognare.

Il sogno di diventare un vero calciatore si avvera quando compie diciassette anni. Un provino con il

Mantova ed ecco l’ingaggio con le giovanili biancorosse. Giorgio cresce guardando a bocca aperta il portiere titolare dei biancorossi, Dino Zoff, a cui cerca di strappare i segreti del mestiere.

Giorgio è tecnicamente e stilisticamente diverso dal futuro campione del mondo di Spagna 1982. Intanto, è molto più magro, poi ha due centimetri in meno, 180 contro i 182 di Zoff. Ma ha stoffa e impara in fretta.

Zoff viene ceduto a peso d’oro al Napoli e Pellizzaro entra nel giro della prima squadra. Una sola

presenza in serie A, nel 1968, appena compiuti i vent’anni, in un Bologna-Mantova finito 1-0. Poi un bel campionato di B nel 1969-1970 grazie alla stima del tecnico Gustavo Giagnoni, il famoso allenatore con il colbacco.

Spicca il volo verso la serie A, ingaggiato dal presidente della Sampdoria, Mario Colantuoni. Non è

fortunatissimo perché né Fulvio Bernardini né Heriberto Herrera lo “vedono” e gli preferiscono tra i pali il più esperto Pietro Battara e poi l’emergente Massimo Cacciatori. Gli lasciano giocare solo una decina di match.

Colantuoni decide che Pellizzaro ha fatto il suo tempo. Lo convoca un bel giorno del novembre 1973 e gli comunica di averlo ceduto al Catanzaro, in serie B. Per Giorgio non è una bellissima notizia. Non si è ambientato a Genova, come farà ad ambientarsi a Catanzaro? Ha ventisei anni e una paura matta di finire fuori dal giro e non rientrare più in serie A.

Per le strane alchimie della vita, tra il portierone di Mantova e la città calabrese si stringerà un legame indissolubile. L’impatto è duro, come quello di tanti suoi colleghi del nord catapultati in periferia. Nel 1974 la svolta ed ha il nome di Gianni Di Marzio, il pirotecnico allenatore che Ceravolo ha ingaggiato per fare grande il Catanzaro.

Giorgio è scapolo. Va a vivere in via Buccarelli con il suo vice, Ubaldo Novembre, e con Giorgio

Vignando. Conosce calciatori che diventeranno suoi amici per la vita, non si staccheranno mai: Massimo Palanca, Claudio Ranieri, Fausto Silipo, Paolo Braca, Adriano Banelli, Alberto Spelta con cui aveva giocato nel Mantova. Di Ranieri diverrà l’inseparabile preparatore dei portieri in tutte le squadra che King Claudio allenerà, dal Napoli al Chelsea, dall’Atletico Madrid al Leicester.

Diventa il portiere paratutto. Non riesce però a parare il tiro con cui il veronese Mazzanti chiude lo

sfortunato spareggio di Terni, negandogli un ritorno in serie A rimandato di un solo anno.

È il protagonista indiscusso di quella stupenda impresa, assieme alla fortissima difesa imperniata sui saltatori Fausto Silipo e Aldo Maldera e sul libero all’olandese Roberto Vichi.

Si gode il ritorno in serie A, dove colleziona 29 presenze, subendo però una valanga di reti, ben 41, perché un conto è la B e un conto fronteggiare campioni assoluti come Mazzola, Boninsegna, Anastasi, Rivera. Non ha niente da rimproverarsi.

Si rifà l’anno successivo, assicurandosi la seconda promozione in A nel giro di due anni, sotto la guida di Giorgio Sereni. Un bel record.

Complessivamente disputa cinque stagioni in giallorosso, distinguendosi sempre per la sua signorilità, il suo tratto elegante, la sua ironia, il suo amore per la Calabria.

Lascia un ottimo ricordo tra i tifosi che non a caso, nel 1976, gli scrissero una bella lettera in musica: «O caro Pellizzaro…».

Tratto da La leggenda di Catanzaro di Sergio Dragone, edizioni Media&Books, 2019

Ultimi contenuti

Derby da brividi: il “Ceravolo” si riempie, sold out a un passo

Il Nicola Ceravolo si appresta a vivere una delle...

Il derby Catanzaro-Cosenza senza tifosi ospiti: 750 posti riservati ai giovani calciatori

Il tanto atteso derby tra Catanzaro e Cosenza, in...

Problemi fisici per il Catanzaro: le ultime su Pagano, La Mantia e Bonini

Il Catanzaro potrebbe trovarsi ad affrontare il derby con...

Cancellare Cremona e ripartire con rabbia e orgoglio in vista del derby

La pesante sconfitta di Cremona non deve causare contraccolpi...

Articoli correlati

Categorie Popolari