La Serie B, quella vera, la riconosci dal rumore di fondo: un boato che non è mai definitivo, un fischio che può cambiare la partita, un palo preso al momento sbagliato che ti gira il pomeriggio. Il terzo turno del campionato cadetto ha messo sul tavolo tutto il repertorio: rigori pesanti, portieri in giornata di grazia, rimonte che profumano di orgoglio, scivoloni che fanno rumore. Dopo l’antipasto del venerdì — Avellino–Monza 2-1, con i biancoverdi a prendersi una vittoria che vale autostima — il sabato ha servito cinque partite nel blocco delle 15, una alle 17:15 e il posticipo delle 19:30. Il filo rosso? L’equilibrio feroce di una B che non perdona distrazioni.
Noi guardiamo tutto, ma lo facciamo con l’orecchio puntato sul “Ceravolo”, perché quello che succede lì ci riguarda da vicino. E allora andiamo con ordine, come al bar dello sport: “Hai visto Motta? E i due rigori di Gliozzi? Ma il palo di Nuamah?”, e via a discutere per mezz’ora come se fossimo tutti in panchina pronti a entrare.
Le 15:00 – Juve Stabia spreca, Reggiana ringrazia. Modena cinico, Bari smarrito. Frosinone d’acciaio. Venezia si mangia le mani
Juve Stabia–Reggiana 0-0
Al “Romeo Menti” il copione è chiaro fin da subito: Juve Stabia che spinge, Reggiana che aspetta e riparte quando può. Nella prima mezz’ora i campani arrivano con disarmante facilità nella zona calda, complice una linea granata che si fa bucare tra terzino e centrale come il burro sulla piastra. Ma quando lasci il palcoscenico ai portieri, certe volte la partita la vincono loro.
Motta fa il fenomeno due, tre, quattro volte: piedi reattivi, guizzo sul primo palo, mano aperta a togliere il gol già fatto. È lui l’MVP di un pomeriggio in cui la squadra di Dionigi sopravvive agli assalti e porta a casa un punto sporco, di quelli che a maggio scopri che ti mancavano. L’unico squillo offensivo serio della Reggiana arriva nel recupero del primo tempo con Marras, ma è poca roba. Ripresa sulla stessa linea: vespe aggressive, granata prudenti. Zero a zero che vale sensazioni opposte: occasione buttata per i campani, sospiro di sollievo per gli emiliani, che sabato al “Città del Tricolore” si ritroveranno addosso il Catanzaro di Aquilani. Segnatevelo.
Modena–Bari 3-0
Qui la partita la decidi dalla lunetta. Gliozzi, glaciale, mette due rigori uno per tempo: il primo nasce da una trattenuta di Dorval su un taglio astuto, episodio che fa discutere mezza panchina barese; il secondo arriva dopo on field review per un tocco di mano di Vicari su tiro ravvicinato. Due esecuzioni diverse, entrambe perfette. Il Bari di Caserta aveva pure avuto l’occasione per scappare via subito, con Pagano che dopo 120 secondi si presenta davanti a Chichizola e la mette fuori di un dito.
Spie rosse accese: quando una grande chance la sbagli così, spesso la paghi dopo. Nella ripresa, con i pugliesi alla ricerca di una reazione che non arriva, chiude i conti Pedro Mendes di testa su palla inattiva. Risultato pesante, quasi umiliante per una squadra costruita per stare nelle dieci di testa: un punto in tre partite non è condanna, ma è un avviso serio. Modena, invece, è l’immagine della B che funziona: ordine, cattiveria nei sedici metri, concretezza.
Padova–Frosinone 0-1
L’Euganeo è una cornice che fa bene al calcio: cori, colore, voglia di B respirata come profumo buono. Ma dall’altra parte c’è una squadra, il Frosinone, che conosce il mestiere. Il colpo lo piazza Bracaglia al 37’: sviluppo sulla destra, sponda intelligente e piatto mancino dal limite che bacia la rete. Prima e dopo c’è tanto Padova, un rigore assegnato e poi tolto dal VAR nel recupero (decisione che farà discutere fino a martedì), e soprattutto la sensazione che a questa squadra manchi un filo di esperienza quando si tratta di ribaltare l’inerzia. Gli uomini di Andreoletti non mollano, costruiscono tre situazioni buone tra il 60’ e il 70’, ma lì dove serve il colpo vero manca qualcosa. La B insegna: devi avere almeno due cambi in panchina che ti spostano la partita, altrimenti è sempre una salita con il vento contro.
Pescara–Venezia 2-2
Qui la storia è tutta sull’onda dell’orgoglio. Il Venezia gioca un primo tempo da manuale: pressione alta, catena di destra dove Hainaut fa il pendolo e ti apre la strada, rigore trasformato da Adorante e un paio di interventi da campione di Desplanches a tenere il Pescara in vita. In avvio di ripresa gli arancioneroverdi fanno 0-2 con Fila su ripartenza, e lì la partita sembra finita.
Invece il Pescara di Vivarini si guarda allo specchio e decide che non può morire così: dentro energie fresche, baricentro alto, Olzer la rimette in piedi con un gol pulito, di quelli che ti accendono la curva. Nel tempo di recupero, con Brosco centravanti aggiunto, arriva la zampata di Di Nardo. Due a due, e il feeling, per il Venezia, di averla buttata. Alla fine contano i dettagli: una gestione diversa dei momenti e porti a casa tre punti pesanti. Così, invece, l’Adriatico fa festa.
17:15 – Catanzaro, pari che brucia: avanti con Antonini, raggiunti da Illanes
Capitolo Catanzaro–Carrarese. Partiamo da qui: la fotografia del primo tempo è nella doppia faccia di Pigliacelli. Esce male al 16’, regala a Abiuso un pallone che grida gol, ma l’attaccante ospite spara alto. Due minuti dopo, stessa porta, stesso portiere: intervento prodigioso su Finotto a distanza di guancia. Nel mezzo e subito dopo, un paio di mischie da brividi sui piazzati di Cicconi, con la palla che rimbalza davanti alla nostra linea e si stampa sul palo sul tentativo successivo di un gialloblù. Quando ti va così, di solito la giri. E infatti sul ribaltamento Nuamah la piazza a giro dal lato sinistro: diagonale pulito, palo pieno. Il Ceravolo sospira e capisce che la partita non sarà in discesa.
La squadra di Calabro gioca da Carrarese: organizzata, cattiva sull’uomo, baricentro elastico che si alza quando scova fragilità, si abbassa quando c’è da aspettare. Il Catanzaro di Aquilani è a tratti timido: l’idea c’è — 3-4-2-1 in ingresso con Favasuli e Nuamah a fare i binari, Petriccione e Pontisso interni di intelligenza — ma la palla non scorre come vogliamo. L’occasione vera la disegniamo noi a fine prima frazione: verticalizzazione geniale di Iemmello per Cissé, attacco profondo, corpo aperto, ma Bleve esce largo e chiude la saracinesca. È la giocata che ti cambia la narrazione; manca il timbro, resta la sensazione.
Ripresa. Il Ceravolo spinge, la squadra risponde con il linguaggio che piace: palla ferma, idea chiara. Pontisso batte tagliato sul secondo palo, Di Chiara ci arriva con i tempi del top, mette una sponda col contagiri e Antonini la mette dentro da due passi. È un gol da manuale: centrocampo che porta il pallone sulla trequarti, piazzato ben preparato, catena di sinistra che fa la differenza. Uno a zero, e qui — lo diciamo senza giri — una squadra matura la addormenta dieci minuti.
Invece la Carrarese sente l’odore del sangue, alza il baricentro, comincia a trovare il vertice basso con continuità, e soprattutto attacca con cinque: Zanon e Cicconi larghi a prendere profondità, Hasa che sceglie le linee. Nascono corner, vengono giù palloni sporchi, il nostro blocco si abbassa di cinque metri rispetto al primo tempo, e al 64’ arriva la fucilata: movimento perfetto di Illanes sul secondo tempo dell’azione, scappa al fuorigioco, tocco dentro da due passi. È uno di quei gol che ti fa impazzire perché sai che nasce da una disattenzione collettiva: mezzo passo, la linea non sale, l’uomo scappa. Uno a uno.
Nel finale Aquilani pesca dalla panchina e la squadra ritrova un filo di fluidità: Iemmello si alza di qualche metro, Cissé si accende in conduzione, si intravede il talento di chi è entrato con la testa giusta. Ma la palla buona non arriva, o meglio non arriva pulita. Qui la B è spietata: costruisci, spingi, ma se non hai la giocata che spacca, porti a casa un punto. Terzo pari in tre partite, 3 punti totali per noi, 5 per loro (imbattuti e solidi). Bilancio? “Utile ma non soddisfacente”, direbbe un professore severo. E basterebbe rivedere i dieci minuti post-gol nostro per capire perché.
Dettaglio da segnare in rosso: la posizione di Iemmello. Anche oggi lo abbiamo visto abbassarsi spesso a cucire, quasi da trequartista vecchia scuola. Non è un male in assoluto — Pietro ha testa e piede per farlo — ma allora davanti devi avere sempre qualcuno che attacca l’area, altrimenti il cross va a vuoto e il fraseggio si sfoga al limite. Quando Pittarello attacca il primo palo e Cissé gli dà profondità, la squadra crea. Quando mancano quei movimenti, ci impantaniamo. Il calcio, alla fine, è una somma di dettagli ripetuti bene.
19:30 – Marassi piange: Sampdoria–Cesena 1-2, terzo ko di fila
Pioggia, Gradinata che canta, e una punizione che spacca la serata: Castagnetti al 37’ disegna col destro una traiettoria che piega la barriera e tocca la rete sotto la Sud. La Samp parte bene — pressing, possesso, ritmo — ma appena cala un filo il volume, il Cesena di Mignani si apre come un ventaglio: ordinato, feroce sulle seconde palle, pronto a ripartire. Il raddoppio di Zaro al 53’ è la fotografia del momento blucerchiato: palla che danza in area, marcature a uomo che si perdono nell’umido, tap-in in mischia. Nel recupero Ioannou segna la bandiera, ma la statistica che rimane è dura: per la prima volta nella sua storia in Serie B la Sampdoria comincia con tre sconfitte su tre. È un peso specifico che va oltre i numeri: ti entra nella testa, ti cambia il modo di allenarti. A Marassi non è mai una partita qualunque; oggi, ancora meno.
La bussola del turno: chi sale, chi sbuffa, chi deve guardarsi dentro
Modena è la storia di giornata tra le 15: squadra con identità riconoscibile, qualità sui piazzati, attaccanti che litigano con la palla il giusto e la buttano dentro quando conta. L’antitesi, per ora, è il Bari: talento diffuso, ma poca cattiveria nelle due aree. La B ti presenta il conto sempre lì: rigori concessi, occasioni fallite. Frosinone ti dà la sensazione di avere un registro preciso: anche quando non domina, sa come mettere la partita in freezer e portare a casa il minimo indispensabile. Pescara e Venezia si dividono l’applauso e il rimpianto: i primi per la reazione che sa di identità, i secondi per l’incapacità — momentanea, certo — di gestire i momenti.
Capitolo Catanzaro. Siamo a quota 3 punti dopo tre pareggi. Non suoni l’allarme, ma l’istinto dice che è il momento in cui bisogna mettersi il dito nella piaga e guardare i dettagli. Nel primo tempo di oggi, per esempio, abbiamo lasciato troppi corridoi tra terzino e braccetto, costringendo Pigliacelli a due interventi che stanno tra l’errore e la prodezza. Segnale chiaro: quando la linea è lunga e le seconde palle le prende l’avversario, finisci per difendere la tua area più di quanto costruisci nell’altrui. È lì che il Catanzaro deve accelerare il proprio “apprendistato” con Aquilani: scalate più corte, gestione dei piazzati (pro e contro) e, soprattutto, dopo il gol dieci minuti di governo del match, non di arretramento.
Le buone notizie ci sono. Di Chiara è dentro al progetto palla inattiva, ma non ha i novanta minuti nelle gambe, Antonini continua a mettere mattoni, Cissé ha strappi e coraggio: quel diagonale che sfiora il palo e l’uno contro uno che spacca la linea sono materiale su cui insistere. Iemmello resta la nostra bussola: quando si alza cinque metri, cambia il tono della manovra. E poi c’è la panchina: Oudin si vede a lampi ma la qualità è lì, Buglio s’è presentato da professionista vero, nonostante non sia entrato, Cassandro aggiungerà alternative sulle corsie. Di Francesco è atteso al rientro nel gruppo: un’arma in più, non l’alibi.
La classifica dice tre pareggi, niente melodrammi. Ma questa B ti chiede di alzare il ritmo delle idee: più cattiveria nell’attaccare l’area quando Pietro viene incontro, catena di destra che accompagni con continuità (Favasuli/Frosinini/Cassandro), e un filo di malizia in più nella gestione dei momenti. Perché i dettagli che oggi ti tolgono due punti, domani te ne portano tre.
Ora testa alla Reggiana al Città del Tricolore. Lì servirà una versione del Catanzaro più corta e più feroce: stesso coraggio, meno pause. Il resto lo farà il Ceravolo… anche da lontano.
Chiudiamola così, da bar dello sport ma con la schiena dritta: questa squadra ha materiale per crescere. Se trasformiamo i pali di Nuamah in centimetri dentro la porta e i piazzati provati in settimana in abitudine, la classifica si muove. La B non aspetta nessuno, ma premia chi insiste. E il Catanzaro, quando insiste, fa rumore.