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giovedì 16 Ottobre 2025

Spezia-Catanzaro, Aquilani alza il volume: “Voglio una squadra spavalda. Identità chiara, dubbi solo da abbondanza. Di Francesco mia richiesta”

La vigilia di Spezia-Catanzaro restituisce un Alberto Aquilani lucido e diretto, capace di tenere insieme l’urgenza del risultato e la coerenza di un’idea tecnica che non intende rinnegare dopo l’esordio complicato con il Südtirol. «È una partita difficile contro una squadra strutturata, reduce da una finale per la Serie A», premette. Poi l’accento si sposta subito su ciò che chiede ai suoi: «Andiamo con entusiasmo. Voglio una squadra spavalda e leggera dal punto di vista mentale: sappiamo fare determinate cose, dobbiamo crederci e migliorare rispetto alla prima». È un manifesto che fa da cornice a un discorso più ampio su identità, gestione del rischio e competitività interna.

Identità e mentalità: «Recuperare non è mai facile, quel punto ha un valore»

Il tecnico non cancella i limiti dell’esordio, ma li ricontestualizza. «Avremmo voluto dare una soddisfazione al pubblico del Ceravolo e giocare una gara più pulita—c’erano 12mila persone—ma recuperare una partita che si era messa male non è mai facile: quel punto ha un valore», spiega. L’istantanea che porta con sé è la reazione dopo il gol del pari: «Sull’1-1 ho visto una squadra che ha preso la palla e l’ha portata a centrocampo per provare a vincerla: è lo spirito giusto. È vero, non abbiamo fatto abbastanza per meritarla, ma la strada è segnata». Dentro questa prospettiva c’è la richiesta di un salto individuale, oltre che collettivo: «Se scegliamo una strategia diversa dagli altri, dobbiamo occupare meglio gli spazi e avere più personalità nei duelli: fisici, tecnici e mentali».

Pressione e scelte tattiche: «Non cambiamo metodologia. La variante è sugli uomini»

La domanda chiave è se l’allenatore intenda rinegoziare principi e modulazioni dopo l’impatto con la pressione alta del Südtirol e in vista di uno Spezia che, parole del tecnico, «proverà sicuramente a venir forte». La risposta è netta: «Se pensate a un cambio di metodologia, vi dico di no oggi, domani e dopodomani. Costruiamo perché crediamo in ciò che facciamo. Se continui ad insistere è perché cerchi i vantaggi che la pressione avversaria ti offre. L’analisi serve a capire come trasformare lo svantaggio in vantaggio: controllo orientato, uno-due, dribbling, attacco della profondità quando c’è». La flessibilità, chiarisce, si gioca semmai sulla distribuzione degli interpreti: «Il modulo è variabile in base agli avversari e a ciò che il mercato ci consegnerà. Siamo in costruzione: alcune certezze ci sono, altre dipendono da entrate e uscite—oggi, per esempio, “Biasci è andato via”—dal 1° settembre, con la rosa definita, avremo più punti fermi».

La gestione della pressione, già letta nel secondo tempo con il Südtirol («la loro spinta è calata e abbiamo giocato di più nell’altra metà campo»), diventa così un punto tattico determinante al Picco: attirare il primo salto, trovare l’uomo libero alle spalle o la corsa in profondità dietro la linea. Tradotto: uscite pulite rese possibili dalla qualità tecnica e dal coraggio nel primo controllo, e verticalità immediata quando si legge l’ampiezza del campo.

Concorrenza interna e “asticella”: «Voglio dubbi ogni domenica»

Aquilani insiste su un concetto che torna come un ritornello: competizione interna. «I dubbi sono quelli che voglio: significa che i giocatori si allenano bene e mi costringono a scegliere. Se il dubbio sparisce è un problema», ammette. È il riflesso di quell’“alzare l’asticella” invocato dal capitano Pietro Iemmello e raccolto dalla società: più qualità media negli stessi ruoli, più alternative reali per alzare il livello nelle diverse fasi della gara. In quest’ottica, la gestione dei giovani non è oggetto di pentimenti: «Mai. Rispoli è un 2006 e ha fatto una buona partita; Verrengia è un 2003. Mi pento se non rendono o se manca il coraggio, non per la carta d’identità», ribadisce.

Di Francesco e le corsie: «È un profilo chiesto: gamba, 1vs1, personalità»

Il capitolo mercato incrocia il piano tattico sugli esterni. L’arrivo ormai atteso di Federico Di Francesco porta Aquilani a spiegare il senso della richiesta: «È un giocatore importante che ho chiesto: se arriva—non lo so con certezza—ci dà gamba da Serie B1 contro 1personalità e leadership utile anche per far crescere i ragazzi». L’allenatore disegna anche la geografia delle corsie: «Se giochi con due esterni alti, devi averne due per ruolo. A destra non abbiamo un esterno puro come lo intendo io: D’Alessandro per caratteristiche rende di più a sinistra. Non siamo in troppi: lo siamo, forse, per un altro tipo di calcio, non per il nostro». Sottinteso: l’innesto dell’ex Palermo colma un vuoto di profilo, non affolla un reparto.

Il nodo Petriccione: «Pilastro della squadra, l’ho voluto qui»

Nel confronto sui singoli, Aquilani blinda Jacopo Petriccione dopo la panchina all’esordio: «Per me è un giocatore molto importante, un pilastro. Ho chiesto io che rinnovasse. Abbiamo giocato con due centrocampisti, oggi ne abbiamo tre veri in rosa e devo anche garantire sostituzioni coerenti con il sistema. In futuro potrà entrare lui o un altro: dipende da sensazioni e partita, ma il suo status non è in discussione». Sullo sfondo, il tentativo di trasformare Alesi in mezzala/centrocampista per aumentare rotazioni e funzioni senza snaturarlo.

Un mercato “italiano” e le complessità del cantiere

Il cronometro della settimana finale incombe e il tecnico sceglie l’onestà: «Per un allenatore è meglio avere i giocatori prima: strutturi la squadra e inserisci alternative. Così è più complicato, ma fa parte del gioco. È un’abitudine tutta italiana arrivare lunghi, un imbuto in cui gli obiettivi si assomigliano per tutti». La cornice, però, resta rassicurante: «Dietro c’è una società seria, partecipe e al lavoro. Ci auguriamo che arrivino calciatori che alzano davvero l’asticella: io sarò il primo a esserne contento».

Come si vince il Picco: duelli, letture e ritmo

La sintesi competitiva della vigilia è quasi un vademecum tecnico. Primo: vince chi legge prima. «Quando sei marcato a uomo è duello: devi saltare l’uomo una volta, fare un controllo orientato giusto, cercare il dribbling o l’uno-due. Se c’è, attaccare profondità», insiste Aquilani. Secondo: pulire la prima uscita per non soffocare nella pressione e ribaltare forte sul lato debole. Terzo: tenuta mentale quando lo Spezia spinge—«stare corti» e riconquistare metri come già accaduto nella ripresa contro il Südtirol. In controluce, il peso delle palle inattive, tema da Serie B: centimetri e timing da correggere, centimetri e timing da sfruttare.

Identità non negoziabile, risultato da costruire

Infine, la traiettoria che Aquilani propone al suo Catanzaro nella seconda uscita stagionale: identità non negoziabile, adattamenti sugli uomini, competizione in ogni reparto, fiducia nei giovani e nei pilastri. «Siamo all’inizio, ci aspettiamo miglioramenti», ripete. Al Picco, contro una squadra di valore e in un ambiente caldo, la chiamata è chiara: alzare la qualità dei duelli, leggere la pressione, trasformare il lavoro della settimana in una prova spavalda e consapevole. Perché l’asticella non si alza a parole: si alza in campo.

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