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martedì 23 Settembre 2025

Moda e legalità: Stefania Gallo denuncia lo sfruttamento nella filiera

La moda italiana è universalmente riconosciuta come simbolo di prestigio, creatività e qualità. È uno dei pilastri dell’economia nazionale e contribuisce in maniera decisiva al posizionamento del Made in Italy sui mercati internazionali. Dietro l’immagine patinata di sfilate e maison, tuttavia, si nasconde una realtà molto più complessa, spesso poco visibile, segnata da episodi di lavoro nero e sfruttamento della manodopera.

Su questo fronte richiama l’attenzione l’analisi di Stefania Gallo, fondatrice di Fashion Law Italia, realizzata in collaborazione con l’avvocato penalista cassazionista Antonino Curatola.

L’art. 603-bis e i confini dello sfruttamento

Il principale riferimento normativo è l’articolo 603-bis del Codice Penale, introdotto per contrastare il caporalato agricolo ma oggi applicato anche al settore moda. La disposizione sanziona l’intermediazione illecita e lo sfruttamento della manodopera in presenza di specifici indici: retribuzioni sproporzionate, violazioni sull’orario di lavoro, assenza di contratti, condizioni degradanti, mancato rispetto delle norme di salute e sicurezza.

Gli esempi concreti non mancano: turni di 12 ore in laboratori senza dispositivi di protezione individuale, compensi inferiori a 3 euro l’ora, totale assenza di tutele per lavoratori, spesso migranti o in condizioni di fragilità sociale. Per configurare il reato non basta la sola violazione oggettiva delle condizioni: è necessario dimostrare anche il dolo specifico, ossia la volontà di trarre vantaggio economico consapevole dalla vulnerabilità del lavoratore.

La responsabilità delle imprese

Accanto alla responsabilità penale individuale, il nostro ordinamento prevede anche quella amministrativa delle imprese (D.Lgs. 231/2001). Le aziende possono infatti essere ritenute responsabili per i reati commessi da dirigenti o dipendenti se questi hanno agito nell’interesse o a vantaggio dell’ente.

Per ridurre il rischio, le imprese possono adottare un Modello di Organizzazione e Gestione (MOG). Non basta però averlo formalmente: deve essere applicato, aggiornato e verificato costantemente. Centrale è il ruolo dell’Organismo di Vigilanza (OdV), chiamato a monitorare l’efficacia dei controlli. Un MOG adeguato non solo rafforza la capacità preventiva delle aziende, ma può anche escluderne la responsabilità amministrativa, fungendo da garanzia di trasparenza e correttezza gestionale.

Blockchain e nuove tecnologie per la trasparenza

Un aiuto concreto arriva dalle nuove tecnologie di tracciabilità, in particolare la blockchain, che consente di registrare ogni passaggio della filiera in modo distribuito e immutabile. Dalla fornitura delle materie prime fino alla distribuzione del prodotto finale, ogni operazione diventa verificabile e non modificabile, garantendo un controllo sicuro e continuo.

Grazie a questi strumenti, le aziende possono documentare il rispetto dei diritti dei lavoratori e dimostrare con prove oggettive la regolarità dei processi. La blockchain, insieme ad altri sistemi digitali di monitoraggio, si sta affermando come un potente alleato per contrastare le zone grigie della produzione e rafforzare la fiducia dei consumatori.

La sfida di Stefania Gallo verso un Made in Italy etico e sostenibile

La sfida per il futuro è quella di un Made in Italy che non si limiti alla qualità estetica e artigianale, ma che faccia della legalità e della sostenibilità sociale parte integrante del suo valore. Non si tratta più solo di produrre oggetti belli e tecnicamente impeccabili, ma di costruire un sistema produttivo etico, trasparente e capace di generare un impatto positivo sulla società e sull’ambiente.

Le imprese che sapranno coniugare innovazione, trasparenza e rispetto dei diritti umani non solo risponderanno alle nuove sensibilità del mercato, sempre più attente a questi aspetti, ma rafforzeranno anche la propria competitività e reputazione internazionale, ponendosi come modelli di eccellenza e di responsabilità.

Come sottolinea Stefania Gallo, “legalità e rispetto dei diritti devono essere considerati strumenti di responsabilità sociale, capaci di accrescere l’eccellenza stessa del nostro Paese”. Questo significa investire nella formazione delle maestranze, garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose, e adottare pratiche di filiera tracciabili e sostenibili. Solo attraverso questa visione di lungo periodo sarà possibile tutelare il patrimonio culturale e artigianale italiano, valorizzando al tempo stesso la creatività e l’innovazione.

Un cambio di paradigma ormai necessario per preservare e rilanciare l’identità di un settore strategico come quello della moda, che rappresenta un pilastro economico e culturale per l’Italia. Abbracciare questa prospettiva significa non solo rimanere competitivi, ma contribuire a un progresso autentico, in cui qualità, etica e sostenibilità camminano insieme verso il futuro.

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