Una decisione che riaccende un dibattito mai sopito. In vista del match di sabato al “Nicola Ceravolo” tra Catanzaro e Palermo, il Prefetto di Catanzaro Castrese De Rosa ha disposto il divieto di vendita dei biglietti ai residenti nella provincia di Palermo, interrompendo sul nascere la carovana di tifosi rosanero pronta a partire per la Calabria. La motivazione ufficiale parla di “ragioni di ordine e sicurezza pubblica”, un’espressione che negli ultimi anni è diventata ricorrente nel vocabolario delle prefetture italiane, ma che lascia aperti molti interrogativi sul rapporto tra libertà dei tifosi e tutela dell’ordine.
La reazione non si è fatta attendere. La Curva Nord 12, cuore pulsante del tifo palermitano, ha risposto con parole dure: “Ancora una volta i tifosi del Palermo vengono penalizzati senza motivo. Si continua a colpire la parte più passionale del calcio, mentre si parla di valorizzazione del tifo e di spettacolo negli stadi”. Una nota amara, accompagnata da uno striscione apparso nei pressi del Renzo Barbera, dove si denuncia “l’incompetenza di chi distrugge la cultura del tifo”.
Il peso delle trasferte negate
Negli ultimi anni le trasferte vietate sono diventate una consuetudine tanto diffusa quanto controversa. L’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive e il Ministero dell’Interno hanno moltiplicato i divieti a seguito di tensioni tra gruppi ultras, come nel caso recente di Pisa e Verona, costretti a restare fermi per tre mesi dopo gli scontri di ottobre. Una linea dura che mira a prevenire la violenza, ma che rischia di colpire indistintamente anche chi vive il tifo come passione e appartenenza, non come pretesto di scontro.
I numeri fotografano la tendenza: nella stagione 2024-25, il 27% delle partite di Serie B ha subito limitazioni alla vendita dei biglietti per i settori ospiti, una percentuale che supera il 40% considerando i match a rischio. Gli incidenti restano una minoranza – appena il 4% degli incontri con segnalazioni di disordini – ma l’approccio preventivo prevale su quello dialogico. E così, la paura prende il posto del confronto e il calcio italiano rinuncia, silenziosamente, a una delle sue componenti essenziali: il viaggio e la presenza del “dodicesimo uomo”.
Il riflesso sullo spettacolo
Dal punto di vista tecnico e agonistico, lo stadio Ceravolo senza la voce dei tifosi ospiti perde qualcosa d’impalpabile ma cruciale. La partita Catanzaro-Palermo avrebbe potuto essere un manifesto del tifo del Sud, carico di colori, cori e rivalità storiche nutrite più dalla geografia che dall’odio.
Per il Catanzaro, che vive un momento delicato tra risultati altalenanti e una classifica che non rispecchia le ambizioni, la spinta di un pubblico caldo è sempre stata una risorsa. Per il Palermo, privato del proprio seguito, è l’ennesima misura che allontana la squadra dai suoi fedelissimi. Il calcio, così, diventa un evento sterilizzato, dove la prevenzione diventa censura e la passione viene confinata ai social o ai divani di casa.
Tifosi, libertà e responsabilità
Il nodo resta lo stesso da anni: come conciliare sicurezza e partecipazione? È giusto impedire a migliaia di persone di seguire la propria squadra a causa del comportamento di pochi? L’Osservatorio insiste sul concetto di “responsabilizzazione collettiva”, ma il rischio è che la parte più sana del tifo si senta punita anziché coinvolta. Ne è prova la protesta coordinata in diverse città italiane, dove i gruppi organizzati chiedono regole chiare e un dialogo strutturato con istituzioni e club.
In altri paesi, come Germania e Inghilterra, la lotta alla violenza si è basata su un modello differente: steward formati, protocolli di supporto psicologico, dialogo diretto tra federazioni e curve. Nessuno scontro è mai stato azzerato, ma il tifo è stato considerato parte del problema e della soluzione, non un nemico da tenere lontano.
Il calcio italiano, invece, continua a preferire la linea della chiusura. Gli stadi, già mezzi vuoti, rischiano di diventare deserti emotivi. E così, la bellezza di una trasferta in treno, la fraternità tra curve gemellate, l’attesa di una città che accoglie – tutto ciò che un tempo faceva del nostro calcio una festa – sfuma nel rumore statico delle porte chiuse.
Oltre il divieto
Il caso di Catanzaro-Palermo è solo l’ennesimo capitolo di una storia che riguarda tutto il movimento. È comprensibile la preoccupazione delle autorità davanti a episodi di violenza, ma ogni divieto indiscriminato erode la fiducia reciproca tra istituzioni e tifosi. Ogni trasferta cancellata è un’occasione perduta per dimostrare maturità, per costruire modelli nuovi di partecipazione, per riportare il calcio alla sua dimensione popolare e condivisa.
“Non chiediamo privilegi, chiediamo rispetto”, conclude la Curva Nord 12. Una frase che va oltre Palermo, oltre Catanzaro, oltre la Serie B. È un appello al Paese del pallone, perché ritrovi il coraggio di credere nei suoi tifosi prima di condannarli tutti in blocco.
Nel silenzio che cala sul Ceravolo sabato sera, mancherà una voce. E forse, insieme a quella voce, mancherà anche un pezzo di quel calcio che amiamo raccontare.
