Due procedimenti distinti, una dinamica simile, un’accusa grave: truffa ai danni dello Stato. Questo il quadro che emerge dalle indagini della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, che hanno coinvolto due donne residenti nel catanzarese, entrambe dipendenti pubbliche, accusate di aver usufruito illecitamente di congedi retribuiti dichiarando falsamente di dover prestare assistenza a familiari invalidi.
Un’infermiera in crociera
Nel primo caso, secondo quanto accertato dai finanzieri, una infermiera professionale in servizio presso l’Azienda sanitaria provinciale di Catanzaro avrebbe richiesto un congedo straordinario retribuito, dichiarando di dover assistere la madre convivente gravemente invalida. Tuttavia, gli approfondimenti investigativi hanno rivelato un’altra verità: durante il periodo di assenza dal lavoro, l’operatrice sanitaria non avrebbe fornito alcuna assistenza alla madre, e in un’occasione si sarebbe addirittura imbarcata per una crociera.
Il danno stimato per l’Asp è di 1.289 euro, importo corrispondente alla retribuzione percepita indebitamente. La Procura di Catanzaro ha notificato un avviso di conclusione delle indagini, contestando all’indagata il reato di truffa aggravata ai danni di ente pubblico.
La docente fuori regione
Un copione simile, ma con numeri più pesanti, riguarda una docente di un istituto scolastico statale. Anche lei, secondo quanto emerso, avrebbe ottenuto un permesso retribuito per assistere la madre anziana e invalida. Ma dalle verifiche condotte dalla Guardia di Finanza è emerso che, per più di 170 giorni su un periodo complessivo di otto mesi, l’insegnante avrebbe vissuto stabilmente fuori regione, ben lontano dalla Calabria, rendendo di fatto impossibile ogni forma di assistenza alla madre.
La Procura di Lamezia Terme contesta alla donna una truffa ai danni dello Stato per un valore di oltre 16 mila euro, somma corrispondente alla retribuzione percepita durante il periodo in questione. Il Gip ha già disposto il sequestro preventivo per equivalente.
Un danno alla collettività
I due episodi, pur trattandosi di casi distinti, gettano luce su una pratica che mina la fiducia nelle istituzioni e nell’etica del lavoro pubblico. Ottenere benefici economici previsti per situazioni delicate, come l’assistenza a familiari disabili, e sfruttarli per fini personali rappresenta un insulto al senso civico e un danno diretto alla collettività.
La conclusione delle indagini è solo il primo passo dell’iter giudiziario. Le accuse, pesanti e circostanziate, potrebbero portare a processi esemplari, anche alla luce delle direttive sempre più stringenti in tema di contrasto agli abusi nel settore pubblico. In un momento storico in cui la trasparenza e il corretto utilizzo delle risorse sono al centro del dibattito, episodi come questi richiamano l’urgenza di maggiori controlli e una rinnovata cultura della responsabilità.