Secondo quanto riportato da Cosenza Channel, si è concluso con l’assoluzione il processo che vedeva imputati due tifosi del Cosenza, Andrea Kevin Bevacqua e Andrea Mancuso, accusati di aver imbrattato un bagno della curva sud dello stadio durante la partita tra Casertana e Rende, disputata il 12 gennaio 2020. Al centro del processo, una scritta offensiva diretta al Catanzaro e presumibilmente realizzata con una bomboletta spray. Il giudice monocratico del tribunale di Cosenza ha assolto i due ultrà, spezzando così una vicenda giudiziaria che aveva catturato l’attenzione del mondo del tifo.
L’accusa e l’indagine: immagini sotto esame
La procura di Cosenza aveva avviato un’indagine approfondita, utilizzando come principale elemento di prova le immagini registrate dal sistema di videosorveglianza dello stadio. Secondo quanto ricostruito dall’accusa, i due ultrà – supportati inizialmente da un minore giudicato separatamente – avrebbero imbrattato il bagno dello stadio con una frase offensiva nei confronti del Catanzaro: “Catanzaro merda con le mani quando volete – ultras curva sud 1978”.
Per Andrea Mancuso l’accusa ha richiesto l’assoluzione, mentre per Andrea Kevin Bevacqua era stata proposta una condanna a tre mesi di reclusione, una multa di 1000 euro, oltre all’ordine di ripristino del luogo danneggiato.
La linea difensiva e la chiave dell’assoluzione
Decisiva, secondo quanto emerso, è stata la linea difensiva degli avvocati degli imputati, che sono riusciti a dimostrare l’estraneità ai fatti dei propri assistiti. Elemento chiave è stato l’esame delle immagini della sorveglianza, che non avrebbe rilevato elementi inequivocabili per provare la colpevolezza dei due tifosi. La precisione con cui è stata condotta l’attività istruttoria da parte della difesa ha consentito di sollevare dubbi consistenti sulle accuse, portando alla decisione finale del giudice monocratico di assolvere entrambi.
Il ruolo del giudice: una sentenza che fa discutere
La sentenza di assoluzione del tribunale di Cosenza ha attirato l’interesse non solo dei tifosi ma anche della comunità giuridica, divisa tra coloro che considerano giusta la decisione – in mancanza di prove schiaccianti – e chi intravede nella sentenza un segnale di possibile indulgenza nei confronti di episodi di vandalismo legati al mondo ultras.
Questo episodio riaccende il dibattito sul comportamento negli stadi e sui limiti del tifo organizzato, oltre che sull’efficacia dei sistemi di videosorveglianza per contrastare atti di vandalismo. È anche un promemoria delle sfide nel bilanciare giustizia e passione sportiva, garantendo che episodi simili vengano affrontati con prontezza e nel rispetto delle regole.
Se da un lato l’assoluzione spegne i riflettori su questo caso specifico, dall’altro resta preoccupante il rischio che simili episodi si ripetano, alimentando tensioni tra tifoserie.
La decisione del giudice chiude uno dei capitoli più discussi della rivalità tra le tifoserie di Cosenza e Catanzaro, ma invita a una riflessione più profonda: quale deve essere il ruolo delle società calcistiche, delle istituzioni e dei tifosi nella prevenzione di episodi simili?
L’assoluzione dei due ultrà per “imbrattamento” offre l’opportunità per il mondo del calcio di rafforzare il senso di responsabilità collettiva. Tifare con passione non deve trascendere in atti che possano compromettere l’immagine e i valori dello sport.