Il calcio italiano si è fermato lo scorso fine settimana per rendere omaggio alla figura di Papa Francesco, scomparso nelle prime ore del 21 aprile. Un lutto che ha spinto la Lega Serie B a rinviare d’urgenza le gare della 34ª giornata, tra cui Mantova-Catanzaro, in programma nel pomeriggio dello stesso giorno. Tuttavia, la gestione del rinvio ha generato reazioni contrastanti, soprattutto da parte di chi, come gli ultras, aveva già investito risorse e passione per seguire la propria squadra in trasferta.
Tra le voci più dure e articolate, quella degli Ultras Catanzaro 1973, che attraverso un editoriale pubblicato sui propri canali, e distribuito in Curva durante Catanzaro-Palermo, hanno denunciato una gestione “confusa, tardiva e disattenta” da parte delle istituzioni calcistiche. Una presa di posizione che, al netto della sensibilità religiosa, punta il dito contro l’ipocrisia di un sistema che – secondo i tifosi – «si dichiara credente ma non esita a spostare partite per le festività pasquali e non è pronto ad affrontare il lutto con lucidità e organizzazione».
Il nodo delle differenze tra Serie A, B e C
Uno dei passaggi più significativi riguarda il confronto tra la gestione delle morti che colpiscono il mondo del calcio a seconda della categoria. «Si è parlato tanto della differenza tra morti di Serie A per cui vengono rinviate le partite, e morti di Serie B come i dirigenti federali del Coni che non sono mai stati in uno stadio», scrivono gli ultras, sottolineando come a molti lutti – anche tragici – non sia stato concesso lo stesso peso istituzionale. Una riflessione che tocca la memoria di tifosi e giocatori scomparsi, troppo spesso ignorati da un calcio “che procede solo a colpi di immagine e interessi”.
Una questione di dignità e di rispetto
Il vero punto dolente, però, è l’effetto immediato del rinvio: centinaia di tifosi erano già partiti, avevano prenotato viaggi, affrontato chilometri per onorare la propria squadra. Il rinvio della partita, giunto con poche ore di preavviso, ha generato disagio, disillusione e soprattutto una domanda: perché non prevedere soluzioni organizzative più sensibili e responsabili verso i tifosi?
«Siamo riusciti a smentire gli stereotipi che ci dipingono come scarti sociali», continuano gli ultras, «mostrando maturità e rispetto anche quando tutto avrebbe potuto degenerare». L’editoriale sottolinea infatti la compostezza dei tifosi del Catanzaro, che a Mantova hanno vissuto una giornata che, seppur segnata da delusione, si è svolta senza alcun episodio di tensione.
Lo sfogo sugli stadi e il ruolo delle istituzioni
La riflessione si allarga poi al contesto nazionale, con una critica amara ma puntuale alla mancata riforma del tifo e alla scarsa volontà di affrontare realmente il disagio che anima alcune curve. Il rischio, secondo il gruppo organizzato, è quello di “far saltare il tappo”, lasciando che il malcontento venga semplicemente represso, anziché ascoltato e canalizzato attraverso un dialogo costruttivo.
Una delle righe più eloquenti dell’editoriale recita:
«Un sistema che dichiara credente al punto da fermare le partite per la morte del Papa, ma non lo è quando si tratta di disputare i turni interi di campionato a Santo Stefano o Pasquetta.»
Una frase che sintetizza il senso di contraddizione vissuto dai tifosi, che si aspettavano maggiore coerenza da parte delle istituzioni sportive.
Dal rimprovero all’invito: “Riempiamo il Militare”
Nel finale del loro intervento, però, gli Ultras Catanzaro 1973 lanciano un messaggio di passione e di continuità:
«Avremmo voluto usare queste righe per esortarvi a dare il vostro meglio per sostenere la squadra, ma siamo sicuri che possiamo contare su tutta la CMC per rendere il vecchio Militare una bolgia fino alla fine del campionato!»
Un invito diretto alla tifoseria a ricompattarsi in vista del rush finale in campionato e a trasformare ogni occasione in casa in una prova di fede e orgoglio giallorosso.
Quello degli Ultras Catanzaro 1973 non è solo uno sfogo, ma un grido che chiama in causa la credibilità del sistema calcio. Chiede rispetto, coerenza, ascolto. Ma, soprattutto, ricorda a tutti che il tifo – quello autentico, popolare, instancabile – non si spegne con un rinvio. Si trasforma, si adatta, e torna più forte. Perché, come concludono loro stessi:
«Il nostro amore è un vecchio amore. È più vecchio di tutti i nostri anni!»