Questo articolo è un contributo prezioso di una nostra lettrice, che ha voluto condividere con la comunità giallorossa una riflessione intensa e letteraria sul momento che sta vivendo il Catanzaro. La ringraziamo di cuore per averci affidato questo "Notturno Catanzarese", un pezzo che unisce passione calcistica e sensibilità narrativa in modo davvero originale.
Non credo sia la stessa sensazione dei tifosi.
I tifosi vogliono vincere — e, presi come singola unità, vincono sempre. Sono compatti, uniti, ben oltre i 90 minuti, ben prima del fischio d’inizio, d’altronde «solo gli Ultras vincono sempre!». La mia analisi però, pur rispettando la collettività di chi tifa “senza ragioni” (così come deve essere!), è quella di un tifoso che ama scrivere d’altro — decisamente d’altro — ma che stavolta sente il bisogno impellente di dire la sua. Un prurito all’altezza del lobo temporale, di quelli che fanno scattare qualcosa. Quello a cui stiamo assistendo — e a cui mi auguro potremo assistere nel prossimo futuro — è un Notturno Catanzarese.
Per notturno non intendo il nocturne di Chopin, Debussy o Mahler, non il ritmo calmo e contemplativo della composizione musicale, ma, pur conservando l’ispirazione ancestrale della notte, mi riferisco più precisamente al Notturno indiano di Antonio Tabucchi, tra i racconti più intensi dello scrittore italo-portoghese. In qualche modo, le gesta dei nostri giallorossi mi ricordano proprio quel viaggio narrativo.
Nel racconto, il protagonista, Roux, viaggia in India alla ricerca dell’amico scomparso, Xavier. È un viaggio attraverso città, sogni e incontri, ma anche dentro se stesso. Roux racconta in prima persona la sua ricerca, inseguendo tracce e indizi, mosso da un’urgenza che è al tempo stesso mistero e riflessione. Roux è un viaggiatore. Come Alberto Aquilani, come Floriano Noto, come Ciro Polito, come Pietro Iemmello, come il Catanzaro intero. Tutti viaggiatori, in cerca di qualcosa che pare essersi smarrito. Ma cos’è che stiamo cercando? È davvero scomparsa la “cattiveria”? L’agonismo sotto porta? Il sangue della rete? Siamo alla ricerca del nostro Xavier, forse.
Nel finale del racconto, Roux capisce che il viaggio è stato un percorso ambiguo e inquieto: la ricerca dell’amico si confonde con un vagabondaggio interiore. Quando finalmente lo ritrova, la realtà diventa finzione e la finzione realtà; e quell’amico che lo saluta, all’altro capo del tavolo, potrebbe essere Roux stesso. E allora, se Roux è Xavier, a cosa è servito il viaggio? A ritrovare se stessi? Forse sì. Forse è necessario un po’ di smarrimento per riconoscersi, un po’ di nebbia per ritrovare la rotta. Forse è necessario pareggiare cinque o sei volte di fila, perdere una partita importante, per tornare a sentire la fame, per riaccendere la luce. Ma più di tutto, conta il viaggio. Perché la nostra è una squadra di viaggiatori e di sognatori. E i sognatori, lo sappiamo, prima o poi trasformano il sogno in realtà — e la realtà, a sua volta, in sogno.
Mi piace credere che in questo Notturno Catanzarese, proprio con due partite serali nel tempio dello sport giallorosso, contro Padova e Palermo, Roux troverà finalmente Xavier. Voglio crederci davvero.
E allora sì, ci sarà tutta una letteratura da scrivere, al Nicola Ceravolo.