La sala stampa ha accolto un Alberto Aquilani lucido, determinato, consapevole della delicatezza del momento. Alla vigilia della sfida contro il Padova, l’ottava giornata che potrebbe rappresentare uno snodo cruciale per la stagione del Catanzaro, il tecnico romano ha affrontato ogni tema con la sincerità e la profondità che caratterizzano il suo approccio. Sei punti in sette partite, nessuna vittoria, sei pareggi e una sola sconfitta: i numeri raccontano una squadra che non perde quasi mai ma che non riesce a trovare il guizzo per portare a casa i tre punti. E proprio su questo aspetto mentale, più che tattico, Aquilani ha costruito la propria riflessione, individuando nella “cattiveria” la chiave di volta per invertire la rotta.
Il tecnico non ha nascosto quanto pesi ancora la sconfitta di Monza, arrivata dopo una prestazione comunque positiva nella seconda frazione di gioco. “Quando esci sconfitto ti porti dietro sempre un po’ quella sensazione che appunto solo la sconfitta ti può dare, che è una sensazione non piacevole”, ha ammesso con franchezza. Eppure, dalle ceneri della delusione è ripartito il lavoro settimanale, condotto con l’intensità e la meticolosità che Aquilani considera l’unica medicina possibile per curare i mali di una squadra in difficoltà. “Ho un gruppo di giocatori, di uomini che lavorano nel modo giusto e quindi da questo punto di vista sono soddisfatto, sono anche fortunato”, ha sottolineato, evidenziando la qualità umana di un gruppo giovane e nuovo che sta affrontando un percorso complesso iniziato lo scorso luglio.
La sosta è stata utilizzata per analizzare, scomporre, ricostruire. Non solo aspetti tattici, ma soprattutto mentali. Perché il problema del Catanzaro, secondo Aquilani, non è tecnico né organizzativo: è la mancanza di quella determinazione feroce che trasforma il possesso in gol, la solidità difensiva in vittoria. “Io credo che il lavoro sia l’unica arma, l’unica medicina, l’unica cosa che conosco per migliorare delle cose che devono essere migliorate”, ha ribadito il tecnico, che ha dedicato le due settimane di pausa ad approfondire ogni dettaglio, ogni situazione in cui la squadra avrebbe potuto fare di più. L’obiettivo dichiarato è lavorare meglio, lavorare di più, individuare le sfumature che fanno la differenza tra un pareggio strappato e una vittoria conquistata.
La panchina vuota e lo staff fidato
Domani pomeriggio al Ceravolo, Aquilani vivrà la partita da un’angolazione inedita e sgradita: la tribuna. La squalifica rimediata nelle scorse giornate lo costringerà a seguire il match lontano dalla panchina, privato di quella connessione diretta con i suoi giocatori che considera fondamentale nei momenti chiave della gara. “Non stare in panchina dispiace perché poi da lì sei più vicino, sei dentro, ti senti più responsabile di andare ad aiutare i tuoi ragazzi in dei momenti che faranno parte della partita”, ha spiegato con evidente rammarico. Tuttavia, la fiducia nello staff tecnico è totale e incondizionata: “Ho uno staff talmente preparato che non mi mette assolutamente il dubbio che le cose verranno fatte nella maniera migliore”. Un gruppo di lavoro rodato, compatto, che condivide metodi e visione, pronto a gestire sostituzioni, aggiustamenti tattici e motivazioni anche senza il condottiero in prima linea.
La partita contro il Padova viene definita da Aquilani come “delicata”, termine che racchiude tutta la complessità del momento. Delicata perché arriva dopo sette giornate senza vittorie, perché il Catanzaro occupa una posizione di classifica pericolosamente vicina alla zona calda, perché l’ambiente comincia a manifestare nervosismo e preoccupazione. Eppure, il tecnico si guarda bene dal drammatizzare: “È una partita per noi che ci deve far percepire il valore della partita di domani, di percepire che probabilmente, se non abbiamo vinto ancora, c’è qualcosa che va migliorato”. Non è una finale, non può esserlo all’ottava giornata di un campionato lungo e imprevedibile come la Serie B. Caricarla troppo significherebbe far entrare l’ansia, nemica giurata di una squadra giovane e alla ricerca di certezze.
Il messaggio che Aquilani ha voluto trasmettere al gruppo è duplice: da un lato la consapevolezza dell’importanza del momento, dall’altro la serenità di chi sa di aver lavorato bene e può contare su solide fondamenta. “Il messaggio è arrivato chiaro. I giocatori, come ho detto prima, sono calciatori e uomini intelligenti che si rendono conto anche di tutto quello che ci ruota attorno”, ha spiegato. La squadra sa, capisce, percepisce. Ma questa consapevolezza deve tradursi in atteggiamento, in determinazione, in quella fame di risultato che finora è mancata nei momenti decisivi delle partite.
Il concetto di cattiveria e la percezione del pericolo
La parola “cattiveria” è risuonata più volte nella conferenza stampa di Aquilani, diventando il leitmotiv dell’intero discorso. Ma cosa intende esattamente il tecnico giallorosso quando parla di cattiveria? Non certo violenza o scorrettezza, bensì quella determinazione granitica che nasce dalla percezione del pericolo. “La cattiveria viene dalla percezione del pericolo, perché se tu in qualsiasi cosa tu fai nella vita, nella scuola, se tu percepisci il pericolo, tu diventi un po’ più cattivo in qualsiasi momento, anche quotidiano”, ha spiegato con una metafora efficace. È un bravo ragazzo, certo, ma se il bravo ragazzo sta in pericolo, un po’ di cattiveria la mette. Ecco il punto: il Catanzaro deve capire che il pericolo è reale, concreto, attuale. Non c’è tempo per rimandare, non c’è spazio per dire “la prossima volta andrà meglio”.
Aquilani ha analizzato con precisione chirurgica i sei pareggi collezionati dalla sua squadra. “Di questi sei pareggi butto via un paio di tempi, probabilmente li butti proprio”, ha ammesso con onestà, riferendosi verosimilmente al primo tempo contro il Südtirol e a una frazione contro la Carrarese, partite in cui il Catanzaro è apparso svagato, molle, incapace di imporre il proprio gioco. “Il resto sono partite dove probabilmente avevi qualcosa in più da prendere che da lasciare e se non l’abbiamo preso è che probabilmente questa percezione del ‘vabbè la prenderemo la prossima’ si deve eliminare subito e da domani dobbiamo sapere che è così, punto. Non ci sono vie di mezzo”. Il concetto è chiaro: basta alibi, basta rimandi. Ogni partita deve essere affrontata come se fosse l’ultima, con la consapevolezza che i punti persi oggi non si recupereranno domani.
Il tecnico ha anche rivolto una critica a se stesso, riconoscendo i propri limiti nella trasmissione di questo messaggio cruciale. “Probabilmente la trasmissione mia nel confronto di questa squadra deve crescere, manca la consapevolezza di volersi portare a casa quello che poi la mole di gioco, la proposta, il fatto che non ci tirano mai deve essere un punto di forza”. È un’ammissione rara nel calcio professionistico, dove gli allenatori tendono a scaricare responsabilità sui giocatori o sugli episodi. Aquilani invece si assume la sua parte, riconosce di dover lavorare anche sulla propria capacità comunicativa, sulla propria abilità di far percepire l’urgenza senza generare ansia paralizzante.
I numeri positivi che non bastano
Una delle evidenze più sorprendenti di questa prima fase di campionato riguarda i dati difensivi del Catanzaro. La squadra giallorossa è infatti la terza della Serie B per tiri concessi agli avversari, dietro solo a Modena e Palermo, attualmente rispettivamente al primo e al secondo posto in classifica. Un dato che certifica l’organizzazione tattica, la compattezza del blocco difensivo, la capacità di controllare le partite senza concedere praterie agli attaccanti avversari. Eppure, questa solidità non si è tradotta in risultati. “È ovvio che se tu sei la terza squadra che concede meno tiri in porta, vuol dire che tante cose le stai facendo bene”, ha riconosciuto Aquilani, aggiungendo però una considerazione fondamentale: “Probabilmente il valore e la pericolosità di quei tiri in porta che noi subiamo sono magari troppo alti rispetto appunto al piccolo numero che subiamo”.
In altre parole, il Catanzaro concede poco ma concede bene: tiri da posizioni pericolose, situazioni nitide che gli avversari riescono a capitalizzare con percentuali troppo elevate. Otto gol subiti in sette partite non sono un’enormità, ma rappresentano comunque una media di 1,14 reti a gara che, sommata a una produzione offensiva di appena sette gol realizzati, racconta un equilibrio precario, una squadra che fatica a fare la differenza nelle due aree. “I dati non vincono le partite, le statistiche non vincono le partite, ma perché poi oltre a tutto questo c’è bisogno di un qualcosa che ti entra da dentro e ti dice ‘Ok, prendo pochi gol, prendo pochi tiri, non andare a mettere sotto gli incroci, non posso prendere gol'”, ha spiegato Aquilani con una metafora eloquente.
Il tecnico ha anche parlato della necessità di analizzare i dati su un orizzonte temporale più ampio. “I dati sono importanti, i dati ti danno ti danno e ti dicono qualcosa. I dati vanno sempre analizzati e soprattutto gestiti poi anche in un tempo un po’ più lungo. I dati ti dicono veramente chi sei dopo 15 partite, magari ancora meno”. Insomma, è presto per trarre conclusioni definitive, ma non è troppo presto per individuare tendenze e lavorare sui punti deboli. Il Catanzaro ha dimostrato di saper difendere con ordine, di saper costruire gioco, di poter competere con chiunque in questa Serie B livellata e imprevedibile. Ciò che manca è quel qualcosa in più, quel guizzo di personalità che trasforma le prestazioni in punti.
Le sfumature dei primi tempi e la crescita nelle ultime gare
Un giornalista ha posto una domanda sulle difficoltà del Catanzaro nell’approccio alle partite, evidenziando come in diverse occasioni i primi tempi siano stati sottotono rispetto alle riprese. Aquilani ha risposto con precisione, fornendo la propria lettura: “Io ho due tempi che li butterei, cioè li li cancellerei: il primo tempo col Südtirol sicuramente e un tempo con la Carrarese sicuramente. Le altre sì, un po’ meglio, un po’ peggio, potevi far di più, potevi far di meno, ma comunque sia poi l’arco della partita ti ha lasciato comunque sia delle cose più positive che negative”. E ha aggiunto una riflessione fondamentale: “Cos’è che manca a questa squadra? Manca il risultato perché il risultato poi non ti fa cercare il pelo nell’uovo”.
È una considerazione che vale la pena approfondire. Nel calcio, il risultato cambia la percezione di tutto. Una partita giocata discretamente ma vinta diventa automaticamente una buona prestazione; una gara dominata ma pareggiata si trasforma in un’occasione sprecata. Aquilani sa bene che in questo momento ogni piccolo difetto viene ingigantito proprio perché manca la vittoria che darebbe serenità e prospettiva. “Oggi noi, come è giusto che sia, stiamo andando a cercare il pelo nell’uovo e io il pelo che trovo lo trovo sempre perché cerco e trovo sempre quel pelo lì, la mancanza della vittoria”. La ricerca della perfezione, la voglia di migliorare ogni dettaglio, diventano ossessive quando i risultati non arrivano. Ma questa stessa ossessione può anche essere la chiave per sbloccare la situazione.
Il tecnico ha sottolineato di vedere una crescita nelle ultime tre partite, nonostante i risultati non siano stati brillanti. “Nell’analisi posso dire: prendiamoci le cose che stiamo facendo bene perché c’è una crescita, secondo me, una crescita in queste ultime tre partite, quindi dobbiamo far sì che questa crescita diventa nostra”. È un messaggio importante per il gruppo: non tutto è da buttare, non tutto è negativo. C’è un percorso, c’è un’evoluzione, c’è un lavoro che sta dando frutti anche se non si traducono ancora in vittorie. “Però altrettanto sì, i risultati non ci piacciono e per far sì che i risultati arrivano, soprattutto la vittoria, bisogna essere consapevoli di volerla, consapevoli che per volerla bisogna andarsela a prendere. Non arriva mai per caso, non arriva mai per fortuna”.
Il momento della verità: sporcarsi le mani
Aquilani ha usato un’espressione particolarmente significativa parlando della necessità di “sporcarsi” quando serve. “Questo è il momento, ci sono momenti della stagione, momenti della partita, momenti diversi, questo è un momento di percezione dove bisogna, se c’è bisogno di essere un po’ più sporchi, bisogna essere più sporchi. Se c’è da vincere un contrasto o non vincerlo, bisogna vincerlo al 100%, altrimenti poi ci tirano e ci fanno gol e poi dopo non vinciamo la partita”. È un richiamo alla concretezza, all’agonismo sano, a quella determinazione fisica e mentale che nei momenti difficili fa la differenza tra una squadra vincente e una squadra che subisce gli eventi.
Il concetto di “sporcarsi” nel calcio ha un significato profondo: significa accettare che non sempre si può giocare in modo spettacolare, che a volte bisogna soffrire, difendere basso, vincere duelli individuali, interrompere il gioco dell’avversario con intelligenza e furbizia. Aquilani chiede ai suoi giocatori di essere pronti a tutto, di non cullarsi sulla qualità tecnica o sull’organizzazione tattica, ma di aggiungere quella componente di grinta e determinazione che trasforma una buona squadra in una squadra che vince.
Liberali: il talento pronto a esplodere
Tra le note positive di queste settimane c’è sicuramente la crescita di Mattia Liberali, il giovane trequartista che ha brillato con la maglia dell’Italia Under 20 ai Mondiali di categoria. Aquilani non ha nascosto l’entusiasmo per il ragazzo: “Io credo che già prima che andasse in nazionale, eh, l’avevo detto: a Reggio, siccome entrò bene, avevo visto una crescita importante di Mattia, cosa che magari avevo visto meno all’inizio perché comunque veniva da un campionato diverso, da una categoria diversa”. Il riferimento è all’ingresso in campo contro la Reggiana, quando Liberali aveva mostrato personalità e qualità tecniche superiori.
L’esperienza in Nazionale ha ulteriormente accelerato il processo di maturazione del giovane talento. “Vedo un ragazzo in crescita, lo vedo che è tornato con quel mood lì, quindi gli ha fatto bene anche andare lì, giocare, fare questa esperienza. È un giocatore, secondo me, importante che oggi, secondo me, è molto più pronto rispetto all’inizio”. Aquilani non si sbilancia sul suo utilizzo contro il Padova, lasciando aperte tutte le opzioni: “Adesso non so se dall’inizio o in corso, ma un giocatore importante per l’economia di questa squadra”. La sensazione è che Liberali sia ormai pronto per un ruolo da protagonista, che la sua qualità tecnica e la sua fantasia possano rappresentare l’arma in più per scardinare difese chiuse e trovare quegli spazi che finora sono mancati.
Cissé: dalla nazionale al Catanzaro con ambizioni
Anche Alphadjo Cisse è stato protagonista di una convocazione azzurra, sia pur meno soddisfacente dal punto di vista dei minuti giocati. L’attaccante è stato chiamato dal ct Baldini nell’Under 21, un riconoscimento importante per un giocatore che fino a poche settimane fa non era nemmeno nel giro della nazionale giovanile. Aquilani ha sottolineato l’importanza di questo traguardo: “Innanzitutto ci prendiamo che un giocatore che non era neanche mai menzionato nel giro dell’Under 21 sia stato convocato appunto nell’Under 21 che è la nazionale prima della nazionale A e quindi ha un valore importante, quindi vuol dire che il ragazzo sta facendo bene, sta facendo vedere anche in Italia che è un giocatore importante”.
Il fatto che Cisse non sia sceso in campo non preoccupa il tecnico giallorosso, che lo considera fisiologico per una prima convocazione in un gruppo già strutturato. “Ci sta, ci sta: la prima volta che andava, ci sono giocatori forti altrettanto in nazionale e quindi l’allenatore ha fatto delle scelte, ma andare lì comunque respirare l’aria dell’Under 21 è stato importante”. L’auspicio di Aquilani è che queste esperienze in nazionale non rappresentino una distrazione o un motivo di calo fisico, ma al contrario uno stimolo per crescere e migliorare: “Mi auguro che quando vanno lì e non giocano, si allenano nel modo giusto affinché poi tornano senza aver perso la condizione fisica. Però è sempre bene andarci in nazionale”.
Buso e i giocatori che aspettano
In una rosa ampia come quella del Catanzaro, inevitabilmente ci sono giocatori che stanno trovando meno spazio. Tra questi c’è Nicolò Buso, centrocampista di qualità che Aquilani ha voluto menzionare esplicitamente. “Buso sta bene. Buso è un ragazzo che io cerco di stimolare perché è un giocatore che ha delle qualità, è un giocatore secondo me che può darci qualcosa, è un giocatore che fa parte di una serie di calciatori che in questo momento stanno giocando meno”. Il messaggio è chiaro: nessuna porta è chiusa, le gerarchie possono cambiare in base agli allenamenti e alle risposte che i giocatori daranno sul campo.
Aquilani ha ribadito di essere “sempre aperto a tutto”, di scegliere in base a quello che vede durante la settimana, a quello che i giocatori gli trasmettono. “Quello che vedo scelgo in base un po’ a quello, a quello che vedo durante l’allenamento, a quello che mi trasmette: ‘sì, voglio giocare, sì, ci sono’. Quindi è un giocatore che ha la mia stima come tanti altri che purtroppo non stanno giocando anche per il numero elevato di calciatori”. È un problema di abbondanza, ma anche un’opportunità: chi saprà farsi trovare pronto potrà ritagliarsi spazio e contribuire alla causa giallorossa.
Infermeria: le assenze pesanti
Sul fronte degli indisponibili, la situazione è delicata. Federico Di Francesco si è operato e rappresenta una perdita importante per qualità tecniche e capacità di saltare l’uomo. “Di Francesco si è operato e questa per noi è una perdita importante”, ha confermato Aquilani. Anche Ruggero Frosinini non è ancora recuperato, mentre Davide Bettella sarà valutato fino all’ultimo. Tre assenze che costringono il tecnico a fare i conti con una rosa comunque ampia ma privata di alcune opzioni specifiche.
Il Padova: avversario scomodo e organizzato
Parlando degli avversari, Aquilani ha espresso rispetto per il Padova di Andreoletti, una squadra neopromossa ma solidissima e ben organizzata. “E’ una squadra organizzata, una squadra che sta facendo, secondo me, le cose fatte bene. Secondo me non ha meritato di perdere a Bari l’ultima partita e quindi sarà una partita, come diciamo sempre, molto difficile, perché come vogliamo noi la vittoria lavorano anche loro”. Il riferimento è alla sconfitta per 2-1 rimediata al San Nicola, una gara in cui i veneti hanno giocato un’ottima partita per settanta minuti prima di essere puniti da due leggerezze difensive.
Il Padova occupa la quattordicesima posizione con otto punti, appena due in più del Catanzaro, frutto di due vittorie, due pareggi e tre sconfitte. Una squadra in salute, reduce da tre risultati utili consecutivi prima del ko di Bari, capace di mettere in difficoltà chiunque grazie a un gioco organizzato e a individualità interessanti. “Ti dico la verità, io adesso mi sto concentrando molto su di noi perché credo che siamo una squadra che dipende più da noi stessi più che dagli altri”, ha spiegato Aquilani, sottolineando come il focus debba essere sulla prestazione giallorossa più che sullo studio dell’avversario.
Il tecnico ha però voluto lanciare un monito alla sua squadra: “Bisogna sempre stare molto attenti, molto vigili perché è un campionato che a volte è molto livellato e il dettaglio fa la differenza e questo dettaglio dobbiamo far sì che venga dalla parte nostra, altrimenti parliamo sempre delle stesse cose”. La Serie B è un campionato in cui non esistono partite facili, in cui ogni avversario può mettere in difficoltà chiunque, in cui il rispetto dell’avversario deve andare di pari passo con la voglia di imporre il proprio gioco. “La vedeste ieri pure ieri sera la partita, no? E quindi bisogna sempre stare molto attenti”, ha aggiunto, probabilmente riferendosi al match Bari-Padova che molti addetti ai lavori hanno seguito per studiare il prossimo avversario.
Il Ceravolo chiama, il Catanzaro deve rispondere
Domani pomeriggio il Ceravolo sarà chiamato a spingere i giallorossi verso la prima vittoria stagionale. Una vittoria che manca da troppo tempo, che serve per rilanciare le ambizioni e per allontanare i fantasmi di una classifica che comincia a farsi preoccupante. Aquilani ha lavorato con intensità, ha individuato i problemi, ha parlato chiaro ai suoi giocatori. Ora serve la risposta del campo, servono quei novanta minuti di cattiveria, determinazione, consapevolezza che possano finalmente trasformare le buone prestazioni in tre punti. Il Padova è avversario tosto, il momento è delicato, ma il Catanzaro ha tutte le carte in regola per invertire la rotta. Basta volerlo davvero, basta percepire il pericolo, basta sporcarsi le mani quando serve. Il resto verrà da sé.