venerdì 20 Giugno 2025

Braglia si racconta: “Catanzaro e Cosenza, i miei anni indimenticabili”

Riprendiamo da CorriereDellaCalabria.it un’intervista che riaccende emozioni e ricordi per tutto il popolo giallorosso. Piero Braglia, allenatore toscano che nel 2004 riportò il Catanzaro in Serie B, torna a parlare anche della sua esperienza con le Aquile, rievocando un periodo che è rimasto nel cuore di tanti tifosi. Ma l’occasione per questa lunga chiacchierata è legata soprattutto al presente, e in particolare al doloroso momento del Cosenza, retrocesso in Serie C. Con la consueta franchezza che lo contraddistingue, Braglia ha offerto un’analisi lucida, senza risparmiare stoccate e riflessioni sul calcio italiano.

Il legame con Cosenza e il dolore della retrocessione

«Mi ha fatto male vedere il Cosenza retrocedere», afferma Braglia, senza nascondere l’amarezza. Ricorda i tempi gloriosi della promozione del 2018, costruita partita dopo partita, dopo aver raccolto una squadra all’ultimo posto. E sull’attuale gestione societaria, pur difendendo il presidente Guarascio per la disponibilità mostrata ai suoi tempi, non si sottrae dal dire che ci sono stati evidenti errori. «Io non riesco a stare zitto, se qualcosa non va, lo dico. Anche se il presidente mi paga».

Braglia spiega come, a differenza di tanti, abbia sempre avuto il coraggio di esporsi, senza pensare solo allo stipendio: «Se le cose non vanno bene, la faccia ce la mette l’allenatore». Non a caso, racconta di essersi fatto da parte nel suo ultimo anno a Cosenza dopo cinque sconfitte di fila, in nome del bene della squadra.

Braglia, il Catanzaro nel cuore: da calciatore e da allenatore

L’intervista tocca poi corde più giallorosse. «A Catanzaro ho vissuto sei anni bellissimi. Ci sono sempre stato bene». Il Braglia calciatore approdò in A dopo la Fiorentina, vivendo anni intensi al “Comunale”. Ma è soprattutto da allenatore che ha lasciato un segno indelebile: nel 2004, la promozione in Serie B con il presidente Parente. Una promozione costruita con passione e sacrificio, anche se l’epilogo non fu quello sognato. «Mi trovai a casa alla quinta giornata senza un valido motivo», dice, ricordando tensioni con la nuova gestione societaria.

Braglia racconta con ironia di quando Ferrigno lo avvisò che qualcuno aveva già deciso il suo esonero: «Mister, vattene, perché ti hanno già segnato». Ma lui, caparbio, voleva continuare il suo lavoro. «Li avevo portati in B, non volevo mollare».

Braglia sul Catanzaro di oggi e il calcio che cambia

Impossibile non chiedergli un parere sul Catanzaro attuale. Braglia spende parole di stima per Floriano Noto e la struttura societaria che oggi guida il club: «C’è una società che programma bene. Magalini, Foresti, Vivarini prima e ora Polito, Morganti e Caserta: stanno facendo un grande lavoro. Se lavori bene, niente è impossibile».

Parla anche del calcio italiano e di come sia cambiato, criticando la moda del “gioco da dietro” che a suo dire ha snaturato il vero spirito del pallone. «Io mi diverto ad allenare come si faceva una volta, con corsa, sovrapposizioni, profondità».

Un finale ancora da scrivere

Braglia non ha intenzione di dire addio: «Non voglio chiudere così. Cerco un progetto per vincere un altro campionato». E, chissà, magari il futuro potrebbe riportarlo ancora in Calabria. «A Cosenza tornerei, dipende da cosa vogliono fare. Ma io voglio vincere». Perché in fondo Braglia resta un uomo di campo, uno che non si arrende e che, anche a 68 anni, sogna ancora l’ultima impresa.

Un allenatore ruvido ma sincero, capace di costruire legami indelebili con le piazze in cui ha lavorato. Catanzaro e Cosenza non sono semplici tappe della sua carriera, ma parte di una storia calcistica che merita di essere ricordata. E forse, un giorno, completata.

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