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domenica 17 Agosto 2025

“Bari il punto più alto della mia carriera”: le parole di Caserta e la reazione di Catanzaro

L’eco dell’intervista rilasciata da Fabio Caserta alla Gazzetta dello Sport ha varcato in fretta lo Stretto e, com’era inevitabile, è rimbalzata con forza anche a Catanzaro. «Bari è il punto più alto della mia carriera», ha detto il tecnico oggi alla guida dei biancorossi, motivando la frase con «storia del club, calore ed esigenze dei tifosi e lo stadio San Nicola». Una posizione legittima per chi ha appena abbracciato una piazza di grande tradizione; al tempo stesso, parole che hanno fatto storcere il naso a più di un tifoso giallorosso, reduce da una stagione intensa e, per certi tratti, identitaria, vissuta proprio con Caserta in panchina.

Le parole del tecnico: ambizioni, modelli e orizzonte immediato

Nel colloquio il tecnico ha tracciato un perimetro chiaro: Serie B difficilissima, Bari progetto ambizioso, un modello di riferimento («Antonio Conte»), e un’idea di squadra «coraggiosa e compatta», capace di riaccendere l’entusiasmo «con i fatti e le prestazioni». Caserta ha anche sottolineato come «ogni giorno mi sveglio desiderando la Serie A», sintonizzando l’asticella personale sulle sue ambizioni e ribadendo un concetto caro a tutti gli allenatori: conta ciò che riesci a costruire più di quanto spendi sul mercato. Non sono mancati accenni alla sensibilità del gruppo (il pensiero a Verreth) e ai ritorni di Sibilli e Partipilo, «profili sopra la media», in un torneo «aperto sino all’ultima giornata», nel quale cita tra le favorite Palermo, Modena e le retrocesse.

Il passato giallorosso e perché la frase punge la piazza

Che Bari sia una piazza gigantesca non è in discussione. Ma il ricordo è fresco: dodici mesi fa Caserta ha iniziato a guidare il Catanzaro in Serie B, dentro una città che vive il calcio con una partecipazione rara; ha condotto un gruppo passato attraverso il biennio di crescita post-promozione e, pur tra fisiologici alti e bassi, è arrivato ai playoff, uscendo poi contro lo Spezia. Un percorso nel quale il lavoro sul campo e il rapporto con lo spogliatoio hanno lasciato tracce.

È qui che si innesta la sensibilità dei tifosi: definire Bari come “punto più alto” è comprensibile dal punto di vista della dimensione storica e infrastrutturale della piazza biancorossa, ma a Catanzaro risuona come una riduzione del valore identitario e del peso emotivo dell’annata appena vissuta. Non un atto d’accusa, bensì la fotografia di una percezione: in Calabria si rivendica – con orgoglio – calore, continuità e progettualità che hanno riportato le Aquile stabilmente al centro della geografia del calcio italiano.

Allenare al Sud: difficoltà e fascino, tra Perugia e Catanzaro

Nella stessa intervista Caserta ha osservato che «allenare al Sud è più difficile, ma più stimolante», ricordando di aver «vinto a Perugia» in un ambiente caldo. Un inciso che merita una lettura più ampia: Catanzaro, come Bari, è Sud che spinge, pretende, sostiene, sa essere esigente e generoso. È anche questo che ha reso l’ultima stagione giallorossa una palestra di spessore per il tecnico, nel confronto con avversari di rango e con un contesto che, pur senza la monumentalità del San Nicola, ha espresso appartenenza e maturità competitiva, con il “Ceravolo” spesso al limite della capienza e un seguito che ha invaso l’Italia.

Oltre la polemica: cosa resta e dove guarda Catanzaro

Al netto della suscettibilità di giornata, l’estratto consegna due certezze. La prima: Caserta ribadisce la sua ambizione personale e difende il progetto che ha scelto. La seconda: Catanzaro non misura il proprio valore dallo sguardo altrui. Il club di Floriano Noto ha consolidato una struttura, ha cambiato guida tecnica scommettendo su Alberto Aquilani, sta lavorando per colmarsi (vice Pompetti, esterno basso polivalente, eventuali innesti offensivi) e ha un pubblico che riempirà il “Ceravolo” già alla prima con il Südtirol. Questo è il campo dove si pesano davvero le priorità: continuità del progetto, qualità del gioco, crescita dei profili under, e la capacità di restare competitivi in un campionato che, come ricorda lo stesso Caserta, è spietato.

In una stagione che nasce anche dalle sfumature delle parole, vale tenerle al loro posto: Bari è – oggettivamente – una grande vetrina; Catanzaro è una piazza che si è guadagnata rispetto e che, con equilibrio e ambizione, chiede soltanto di continuare a salire. Il resto, come sempre, lo farà il prato verde.

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