Quarta sconfitta nelle ultime sette partite, eppure qualcosa di più profondo sembra non funzionare. Il Catanzaro, battuto per 2-0 dalla Juve Stabia, si ritrova a interrogarsi non solo sul risultato, ma soprattutto sull’atteggiamento. Una domanda, più di tutte, emerge tra i tifosi: cosa sta succedendo alle Aquile?
Un film già visto: primo tempo spento, ripresa vivace
La narrazione è ormai diventata un classico di questa fase di stagione. Primo tempo passivo, privo di grinta e di idee. Poi, nella ripresa, ecco la reazione: più pressing, più coraggio, più occasioni. Ma spesso, troppo tardi. Anche oggi, come con il Palermo, il Catanzaro ha cambiato volto nella seconda metà. Ma non è bastato.
Formazione sbagliata? Non proprio
In molti puntano il dito sulle scelte iniziali di Fabio Caserta. Ma davvero tutto è riconducibile a chi parte titolare? Un esempio su tutti: contro il Palermo, erano stati scelti Petriccione e Ilie dal primo minuto. Al termine dei primi 45 minuti, il punteggio diceva 0-2. Oggi, partiti dalla panchina, il loro ingresso ha comunque migliorato la qualità del gioco, ma ancora una volta il Catanzaro era già sotto di due reti. La verità? Forse la differenza non la fanno i nomi, ma l’approccio.
Un problema mentale più che tattico?
Il dubbio diventa sempre più consistente: è un calo di concentrazione? Un errore di mentalità? Dopo la matematica salvezza, raggiunta con largo anticipo, la squadra sembra essersi seduta. Da quel momento in poi, eccezion fatta per l’esaltante 4-0 contro il Cosenza, la brillantezza è svanita.
Il derby, unica eccezione
Nel mezzo di questa fase opaca, c’è stato solo un picco positivo: il derby con il Cosenza. Quattro gol, una prestazione da urlo, una squadra affamata. Ma gli stimoli erano altri, lo sappiamo. Il contesto, il significato della sfida, l’orgoglio. Tutto ha contribuito a far ritrovare il vero Catanzaro, anche se solo per una notte.
Questione di motivazioni?
Che la squadra abbia inconsciamente rallentato, dopo aver messo in cassaforte l’obiettivo primario, è un’ipotesi da non escludere. Ma allora ci si chiede: perché non è scattato un nuovo obiettivo? Perché non provare a blindare con forza il posto playoff e alzare l’asticella?
Il Catanzaro visto nei primi tempi di queste ultime gare sembra una squadra in attesa. Come se aspettasse di capire che partita sarà, invece di imporla. E questo atteggiamento, alla lunga, può costare caro. Come oggi, come a Modena, come a Cremona.
Va detto che Caserta ha dovuto fronteggiare una lunga lista di infortuni che ha complicato le rotazioni. Ma è anche vero che adesso la rosa sta tornando a completa disposizione, e il tempo delle giustificazioni sembra finito.
Arbitraggi sotto la lente
Da segnalare, in questa giornata storta, anche una direzione arbitrale tutt’altro che impeccabile. Monaldi non ha mai fischiato i falli su Pittarello, spesso strattonato e ostacolato. E alla prima occasione utile, lo ha ammonito. Un altro episodio controverso: fischio contro il Catanzaro quando l’attaccante veniva trattenuto. Non una giustificazione, ma un’aggravante.
Quattro sconfitte nelle ultime sette
I numeri parlano chiaro. Il Catanzaro ha perso quattro delle ultime sette partite. E nelle tre restanti ha vinto solo una volta, contro il Cosenza. Un trend che preoccupa, a pochi passi dai playoff.
Il ricordo della cavalcata degli scorsi due anni è ancora vivido. Ma la Serie B è un campionato spietato, che non perdona cali di tensione. La squadra che era stata definita come la più bella sorpresa dell’anno, rischia ora di diventare una delle più grandi incompiute.
Il fattore Caserta
L’allenatore ha sempre avuto la capacità di compattare il gruppo nei momenti difficili. Ora, più che mai, deve ritrovare la chiave per riaccendere quella scintilla che sembra essersi spenta.
Il ruolo della piazza
I tifosi non hanno mai smesso di sostenere la squadra. Ma il malumore cresce, alimentato dalla sensazione di un’occasione che rischia di essere buttata via. Serve una reazione, e subito.
Tre gare per capire chi è davvero il Catanzaro
Con tre partite ancora da giocare, tutto è ancora possibile. Ma serve un cambio di marcia, mentale prima ancora che tecnico. Il tempo degli alibi è finito.
Se la squadra riesce sempre a migliorare nei secondi tempi, significa che le risorse ci sono. Ma perché non si riesce a partire con quella stessa convinzione?
Una questione di orgoglio. Non tutto è perduto
In questo momento servono meno parole e più fatti. Il Catanzaro ha ancora nelle proprie mani il destino stagionale. E ha il dovere di provarci fino in fondo.
Il Catanzaro non è finito. Ha attraversato una fase complessa, ma ha gli uomini, la guida tecnica e il pubblico per rialzarsi. A patto che la testa torni a essere quella giusta, già dal prossimo minuto di gioco.