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mercoledì 22 Gennaio 2025

Fabio Cudicini: L’eterna eredità del “Ragno Nero” del calcio italiano. E quelle sfide contro il Catanzaro…

Di Fabio Cudicini, nato a Trieste il 20 ottobre 1935, rimarrà soprattutto la definizione con cui è rimasto famoso nella storia del calcio italiano e mondiale: “Il ragno nero”. Gliela diedero scozzesi ed inglesi durante la Coppa dei Campioni 1968-69, vinta dal Milan per 4-1 contro l’Ajax.

Oltremanica, sconvolsero tutti le sue spettacolari parate a Glasgow contro il Celtic (vittoria rossonera per 1-0, con gol di Pierino Prati) e all’Old Trafford nello scontro contro il Manchester United di Bobby Charlton e George Best al massimo della forma e dell’estro, tanto per citare due fuoriclasse che hanno scritto grandi pagine di storia del calcio mondiale, in campo. Gli inglesi vinsero 1-0 (gol del già citato Charlton nel finale), ma Cudicini fu semplicemente monumentale, parando ogni conclusione e compiendo uscite fantastiche, portando quindi il Milan in finale grazie al doppio vantaggio dell’andata a San Siro.

E così il portiere rossonero divenne per i britannici “The black spider”, per il colore della maglia e per l’acrobatica maestosità dei suoi interventi.

Portiere molto alto per i canoni dell’epoca (1.91), cresciuto nella Ponziana, storica squadra triestina dai colori biancocelesti, passa quindi all’Udinese e nel 1958 alla Roma, dove rimane fino al 1966. Quindi passa al Brescia e dopo una sola stagione viene chiamato al Milan da un allenatore d’eccezione, nonché suo concittadino: Nereo Rocco.

Nelle file dei rossoneri, il “Paron” Rocco lo sottopone a massacranti sedute di allenamento, in quanto riteneva, in parte scherzosamente, che a Roma si fosse “rammollito” ad “oziare”. Nel Milan gioca 127 gare di campionato in cinque stagioni, subendo 76 reti. Nelle stesse gare otterrà ben 72 clean sheat (se non è un record, poco ci manca). Inspiegabilmente, non riuscirà ad esordire in Nazionale. Eppure lo avrebbe meritato ampiamente. In compenso, con il Milan vincerà tantissimo, fino a riempire un palmares di tutto rispetto: Scudetto, Coppa dei Campioni, Coppa Intercontinentale, Coppa Italia e Coppa delle Coppe.

A Catanzaro è legato il suo esordio con la maglia della Roma, in Coppa Italia, il 14 settembre 1958, partita giocata davanti a spalti gremiti che vedrà i capitolini vincere in trasferta di stretta misura, con il gol di Pestrin al 28’. Ma il Catanzaro, allora in Serie C (e a fine stagione vincerà il campionato), attaccherà dall’inizio alla fine della gara, non riuscendo a segnare anche grazie ad alcune incredibili parate di Cudicini.

Ma la partita più bella da ricordare è Catanzaro-Milan 0-0 del 23 gennaio 1972, che precedette di una settimana la storica vittoria contro la Juventus, di cui tutti sanno ormai tutto. Contro i rossoneri fu un’acerrima ed esaltante “battaglia nel fango” in giorni di forti piogge. Diretta in maniera impeccabile dall’arbitro internazionale Aurelio Angonese di Mestre, la gara vide delle clamorose occasioni a favore del Catanzaro, con almeno tre interventi prodigiosi di Cudicini.

Cudicini sventa un’occasione dei giallorossi. Catanzaro-Milan 0-0, 23 gennaio 1972

I giallorossi avrebbero meritato la vittoria, che non tardò però ad arrivare, qualche giorno dopo. E in quel Milan militava anche Giuseppe “Tato” Sabadini, poi anche lui “bandiera” giallorossa e oggi catanzarese per scelta e d’adozione, che è stato fra i primi a ricordare, in queste ore, la scomparsa del grande portiere, suo compagno di squadra in rossonero.

Ma c’è un aspetto di Fabio Cudicini che nessuno sta ricordando, sui media. Importante – e nel suo genere unica – è stata per anni la rubrica su “La Gazzetta dello Sport” dedicata ai portieri ed in particolare alla parata della settimana, corredata da asciutte e precise descrizioni tecniche. Un’analisi di gioco descritta da un addetto ai lavori nel vero senso della parola: quasi un “unicum” nella storia del calcio, ma soprattutto del giornalismo italiano.

Oggi già è raro trovare calciatori o ex che scrivano sui giornali, ma è quasi impossibile che lo facciano con tanta qualità, competenza e proprietà di linguaggio. Oltretutto, rimane un interrogativo non da poco: oggi, chi scrive più sui portieri? Speriamo in un’inversione di tendenza, ma quello del portiere sembra un ruolo dimenticato o persino trattato come molti altri, soprattutto nel calcio cosiddetto “moderno”.

Tutto cambia, ma il calcio come storia merita di restare nella memoria collettiva. E i ricordi non mancano, né mai verranno meno.

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