Il sipario si è chiuso su una giornata referendaria che, a livello nazionale, ha registrato un’affluenza al di sotto delle aspettative, lasciando tutti i quesiti ben lontani dal raggiungimento del quorum del 50% più uno degli aventi diritto. E Catanzaro non ha fatto eccezione. Anzi, la città si è allineata a questo trend di disinteresse, facendo registrare un’affluenza media per i cinque quesiti del 27,25%, un dato persino inferiore alla media nazionale del 30%. Un esito che, nonostante l’evidente volontà espressa dai votanti sulla maggior parte delle schede, rende i risultati tecnicamente non vincolanti, relegando il voto a un mero sondaggio sulle intenzioni della popolazione.
Referendum, astensionismo dominante: Catanzaro sotto la media nazionale
Le urne di Catanzaro, così come quelle del resto d’Italia, hanno emesso un verdetto netto sull’interesse per questa tornata referendaria: un diffuso astensionismo ha svuotato i seggi. Dei potenziali elettori chiamati a esprimersi sui cinque quesiti, poco più di un quarto si è recato alle urne. Il 27,25% di affluenza media registrato a Catanzaro riflette una tendenza nazionale alla scarsa partecipazione a questo tipo di consultazioni, accentuando un fenomeno che ormai caratterizza molteplici appuntamenti elettorali. La mancanza del quorum (la soglia minima del 50% più uno dei votanti necessaria per rendere validi i risultati) significa che, pur essendoci state espressioni di volontà chiare da parte di chi ha votato, la legge non subirà alcuna modifica diretta a seguito di questo esercizio democratico.
Questo dato solleva interrogativi sulla percezione dell’utilità dello strumento referendario da parte dei cittadini, o forse sulla complessità e sulla polarizzazione delle questioni poste in votazione. Un campanello d’allarme per la democrazia partecipativa, che a Catanzaro come altrove, vede un calo di engagement su temi che pure toccano aspetti fondamentali della vita lavorativa e sociale. Le 92 sezioni scrutinate hanno restituito un quadro univoco in termini di partecipazione, ben lontano dalla mobilitazione necessaria per incidere normativamente.
Il “Sì” schiacciante sui quesiti del lavoro: la volontà inespressa
Nonostante la bassa affluenza, l’analisi dei voti espressi da coloro che hanno partecipato rivela una chiara tendenza. In particolare, sui primi quattro quesiti, tutti relativi a modifiche del diritto del lavoro, il “Sì” ha prevalso con percentuali bulgare, superando ampiamente il 90% delle preferenze.
Nel Referendum 1 sul Reintegro dei licenziamenti illegittimi, il “Sì” ha ottenuto un massiccio 92.60% (pari a 17226 voti), contro un 5.83% di “No” (1084 voti). Simile l’esito per il Referendum 2 sui Licenziamenti e limite indennità, dove il “Sì” si è attestato al 91.34% (16988 voti), e il “No” al 7.01% (1304 voti). Il Referendum 3 sulla Tutela dei contratti a termine ha visto il “Sì” al 91.96% (17104 voti), mentre il “No” ha raggiunto il 6.27% (1166 voti). Infine, il Referendum 4 sulla Responsabilità infortuni sul lavoro ha registrato un 90.32% di “Sì” (16798 voti) contro il 7.95%di “No” (1478 voti).
Questi dati, sebbene non vincolanti, rappresentano un segnale inequivocabile della direzione che la maggioranza dei votanti catanzaresi avrebbe voluto prendere in materia di tutele lavorative. Una chiara indicazione verso una maggiore protezione dei lavoratori e una revisione delle normative attuali, che resta però lettera morta a causa del mancato raggiungimento della soglia di partecipazione.
Il caso della Cittadinanza Italiana: una polarizzazione più evidente
Il quadro si diversifica in modo significativo con il Referendum 5 sulla Cittadinanza Italiana. Questo quesito, più delicato e probabilmente percepito come maggiormente divisivo, ha mostrato una polarizzazione delle posizioni. Sebbene il “Sì” abbia comunque prevalso, la percentuale è nettamente inferiore rispetto ai quesiti precedenti.
Il “Sì” per la Cittadinanza Italiana ha raggiunto il 66.68% (12389 voti), mentre il “No” ha ottenuto un ben più consistente 31.52% (5857 voti). Questa distribuzione dei voti, pur garantendo la prevalenza del “Sì”, indica una maggiore complessità del dibattito e la presenza di un’opposizione più strutturata rispetto ai temi del lavoro, dove il consenso per il “Sì” era quasi plebiscitario. Anche in questo caso, ovviamente, il risultato non avrà alcun effetto pratico a causa della mancata validazione del referendum.
Un dibattito acceso, ma silenziato dalle urne vuote
Il verdetto delle urne di Catanzaro, in linea con il dato nazionale, consegna un quadro di scarsa partecipazione alle consultazioni referendarie. Pur manifestando un’evidente preferenza per il “Sì” sulla quasi totalità dei quesiti, in particolare quelli legati al mondo del lavoro, la bassa affluenza ha reso i risultati nulli da un punto di vista giuridico. Questo scenario ripropone l’annoso dibattito sull’efficacia dello strumento referendario in Italia, soprattutto in presenza di un quorum così elevato, che di fatto trasforma il non voto in una sorta di voto contrario implicito.
Per Catanzaro, città sempre attenta alle dinamiche sociali e civili, i risultati di questa consultazione, pur non modificando le leggi, rimangono un dato da analizzare. Essi potrebbero riflettere sia una disillusione verso la capacità della politica di ascoltare la voce del popolo, sia una generale indifferenza verso specifiche questioni percepite come distanti dalla quotidianità. La discussione sulle riforme necessarie, e sul ruolo dei cittadini nel processo legislativo, è destinata a proseguire ben oltre la chiusura dei seggi.