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mercoledì 26 Marzo 2025

L’Amarcord del giovedì, di Aurelio Fulciniti: Intervista a Salvatore Scarfone

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Benvenuti all’ottava puntata della rubrica dedicata ai protagonisti e alle partite più significative nella storia dell’US Catanzaro. In questa occasione, rivivremo momenti chiave attraverso la testimonianza di Salvatore Scarfone, con la riproposizione di un’intervista del 2022.

Avvocato e professionista nel diritto sportivo – non a caso – ma anche giallorosso per vocazione, che ha giocato per diverse stagioni, fra il 1986 e il 1992, fra Serie B, C1 e C2. Salvatore Scarfone, nato a Catanzaro il 18 ottobre 1966, di professione terzino da calciatore, dopo essere cresciuto nelle giovanili giallorosse ed aver “vissuto” il campo sin da piccolo, ha giocato in maglia giallorossa 83 partite in gare di campionato segnando un gol. Nel dettaglio, ha giocato 17 gare in Serie B, 43 con un gol in C1 e 23 in C2. Ma la sua vita da calciatore nella sua città non sempre è stata agevole e in nome del vecchio detto latino “Nemo propheta in patria” ha anche qualche sassolino nella scarpa da togliersi e noi gliene offriamo volentieri l’opportunità. Ma nell’intervista, come sempre, partiremo dagli inizi. Che non sono per niente male. 

Partiamo dai suoi inizi nelle giovanili giallorosse. Fu in generale un periodo molto positivo per i nostri colori. Quali sono le persone e gli eventi calcistici che ricorda maggiormente di quel periodo? 

“Il primo ricordo va senza alcun dubbio a mio padre,  il professore Vittorio Scarfone, che dalla piccola palestra di Mater Domini instradò me e mio fratello ai valori dello Sport e – mi permetta di dire – lo fece proprio bene, perché, a parte me. oggi mio fratello Giorgio è riconosciuto come uno dei preparatori atletici più bravi. Da lì passai alla scuola del “Convitto Nazionale Galluppi” dove in 5° elementare partecipammo alle finali dei Giochi della Gioventù di Napoli del 1977. Ero compagno di classe di Ida, la figlia dell’indimenticato medico sociale del Catanzaro , il dott. “Geppino” Martino , che mi propose subito al Catanzaro. In quegli anni il dirigente accompagnatore della prima squadra era mio zio, il dottor Remo Barberio. Quindi feci tutta la trafila nelle giovanili del Catanzaro, accompagnata da un certo punto in poi dall’attività di raccattapalle . Sono particolarmente legato al ricordo di quelle domeniche, perché emozionato come se avessi dovuto giocare io. Sveglia di buon mattino, colazione al campo in tuta con largo anticipo e poi lì negli spogliatoi con i miei campioni di serie A. Sono moltissimi i flash ancora indelebili nella mia memoria. Ne scelgo tre: Catanzaro-Roma 1-0: posi io stesso la palla sul quarto di cerchio del calcio d’angolo e Palanca , senza toccarla, la calciò direttamente in porta; Catanzaro- Inter 3-2, semifinale di coppa Italia, stadio gremito e per poco saremmo andati in finale. Catanzaro -Juventus 0-1 : rigore di Brady , scudetto alla Juve ed  andai negli spogliatoi e mentre i calciatori bianconeri festeggiavano “rubai” un paio di calzettoni dal cesto dei panni sporchi. Da calciatore ricordo come se fosse oggi il gol che segnai nello spareggio Esordienti contro la Pro Catanzaro all’ultimo minuto della partita. Le persone che vorrei ricordare sono tante ma anche in questo caso ne scelgo tre: Mario Guarnieri, il mio primo dirigente; Resina, il mio primo allenatore; Masino Amato, il mio unico massaggiatore. A parte, vorrei dedicare un ricordo ai due mitici magazzinieri di sempre : l’indimenticato Maurizio e Salvatore detto Tutù”.


Salvatore Scarfone e Karl-Heinz Rummenigge

Ricorda il suo esordio in Serie B? 

“E chi se lo dimentica: era il 5 gennaio del 1986. Al Ceravolo ospitavamo la Triestina. Il compianto mister Pietro Santin mi schierò titolare con il compito di marcare uno dei loro giocatori migliori, l’ala sinistra Iachini. Me la cavai bene”. 

ll campionato di Serie C1 1986/87 fu un trionfo per i colori giallorossi. Quali sono i suoi ricordi più belli? 

“Una cavalcata meravigliosa. Una squadra fantastica. Ricordo lo stadio gremito nell’ultimo incontro con la Casertana. Una festa di colori giallorossi. Ma l’emozione più bella fu quella di giocare con il mito di tutti noi ragazzi di Catanzaro: Massimo Palanca. Ricordo il primo allenamento con lui. Tremila persone allo stadio. Ricordo anche il derby col Cosenza al San Vito: 1-3 per noi con doppietta di O’Rey”. 

Altro campionato indimenticabile, fra “gioie e dolori” fu quello successivo in Serie B con Guerini allenatore. Che ricordi ha?

 L’ultima splendida annata del calcio catanzarese. Purtroppo terminata male . Ricordo che in ritiro il mister non era affatto contento della maggior parte dei calciatori che aveva a disposizione. Per necessità dovette adattare qualcuno in ruoli non abituali, come per esempio Marco Rossi da mezz’ala a terzino fluidificante e da lì fu l’inizio di una carriera formidabile per lui. Poi esplosero i vari Zunico, Chiarella, Soda, Caramelli, ma soprattutto un mio fraterno amico , Alfredo Costantino, che da outsider divenne titolare inamovibile. Ricordo il triste pomeriggio in cui durante il solito, ventoso allenamento, ci diedero la notizia del gravissimo incidente stradale di Walter Chiarella che fino a quel momento era stato il bomber rivelazione del campionato. Ricordo il grande calore e affetto dei nostri emigrati al nord durante i ritiri e gli incontri negli stadi più prestigiosi da Genova a Bergamo, da Roma a Bologna. A proposito di Bologna, ricordo il clamoroso errore (chiamiamolo così) dell’arbitro Agnolin,  che anziché confermare il regolarissimo 2-1 per noi , ribaltò il risultato in 2-1 per loro convalidando un gol segnato con il nostro massaggiatore e il medico sociale in campo a soccorrere un nostro calciatore. Fortunatamente riuscimmo poi a pareggiare con un mio fallo laterale su Borrello che, a sua volta, lanciò Palanca verso la porta avversaria”.

Si parla ancora – o per meglio dire, alcuni ne parlano – della sua rimessa laterale sul cui prosieguo venne fuori l’azione del gol della Lazio. Come commenta oggi quell’azione? 

“Qui mi faccio serio: una vera e propria “leggenda metropolitana” o, ancora meglio, per dirla con i termini di oggi, una “bufala”,  una fake news” che mi ha perseguitato per tanti anni. Oggi , a distanza di oltre 25 anni, se ne può ridere con distacco ma la cosa che non dimenticherò mai è la cattiveria della gente nei miei confronti e di tutti i ragazzi di Catanzaro che, come me, hanno cercato di farsi strada nel calcio della loro città. Una tifoseria che si è sempre dimostrata avara e spietata con i propri concittadini ad eccezione di tre catanzaresi che erano diversi dagli altri perché erano chiaramente di un livello superiore a qualunque critica, anche preconcetta. Mi riferisco a Fausto Silipo, Pino Lorenzo e Massimo Mauro. Ancora oggi qualcuno continua a ricordarmi quella partita e quindi colgo l’occasione di questa intervista per ribadire una volta per tutte come andarono realmente le cose: era il 91’, con un calcio d’angolo a nostro favore e Guerini disse a Palanca di tenere la palla lì perché la partita era finita. Massimo invece calciò in area e si prese i peggiori insulti dal mister. Al 93’ c’è un fallo laterale nei pressi della bandierina del calcio d’angolo sotto i distinti della nostra area. L’arbitro dice a Marco Masi, che stava reclamando la fine della partita : “Appena battete la rimessa fischierò la fine”. Sapendo che ero dotato di una rimessa laterale molto lunga, sia Masi che Guerini mi dissero di batterla più lunga possibile. Lanciai la palla più lunga che potevo (arrivò oltre la panchina) ma l’arbitro non fischiò. Da li in poi parlano le immagini. Sfido chiunque, a meno che non sia un cretino o un prevenuto, a sostenere che quel fallo laterale fu determinante per il pareggio della Lazio. Invito Guardate in silenzio su Youtube e con attenzione, contate i passaggi successivi a quel fallo laterale, cronometrate i secondi, guardate i vari errori commessi dalla nostra difesa (io non sono mai più entrato nel vivo dell’azione né attivamente che passivamente), ammirate il gesto atletico di chi segnò la rete del pareggio e poi chiedete scusa a voi stessi e vergognatevi per tutte gratuite cattiverie che avete sputato gratuitamente in tutti questi anni nei confronti di un ragazzo di vent’anni, di Catanzaro, tifoso della squadra in cui giocava e che ha sempre dato tutto in ogni minuto di ogni partita seppur nei limiti delle proprie possibilità. Un’ ultima fondamentale considerazione: ammettiamo pure che fossimo riusciti a vincere quella partita ed a scavalcare la Lazio di un punto. Ne mancavano altre  cinque. Considerate anche che nelle partite che rimanevano avremmo dovuto giocare con Atalanta e Lecce (che poi andarono in serie A). Ma voi pensate che non avrebbero fatto di tutto per farci tornare a perdere quel punto? Eravamo una squadra splendida, nata dal nulla, un miracolo di casualità con la sola sfortuna di essersi trovati come antagonista finale una squadra che il “sistema calcio” non poteva permettersi di far rimanere in serie B”.

 Nel campionato 1989-90 giocò solo le prime partite. Ma perchè andò male, quella stagione? 

“Riprendo il concetto espresso, forse senza troppa diplomazia, in precedenza del “nemo profeta in patria”. Ricordo che la squadra era nata sulla base di una scelta precisa e coraggiosa della società di Pino Albano: un Catanzaro dei catanzaresi. Fu solo un’illusione che naufragò fin dalla prima partita amichevole contro la primavera a Soverato, al nostro rientro dalla fase di precampionato Era la prima volta nella storia che si decideva di dare fiducia al vivaio. Allenatore di Catanzaro, Fausto Silipo, staff di Catanzaro, nella rosa almeno 9 giocatori di Catanzaro o comunque del vivaio e quasi tutti partenti titolari. La tifoseria si dimostrò contraria al progetto fin dall’inizio. Ricordo che svolgemmo una fase pre-campionato molto positiva, confrontandoci in gare amichevoli contro squadre di categoria superiore. Ci fu una grande partita di Coppa Italia contro una squadra di serie A come l’Ascoli che perdemmo soltanto al 23° calcio di rigore. Arrivammo quel giorno a Soverato e fummo accolti da fischi ed insulti. Un amaro risveglio ed una dolorosa delusione, anche perché non riuscivamo a comprendere tutta quella  cattiveria gratuita. Ritrovammo lo stesso clima ostile anche nelle successive partite in casa con Messina, Pisa, Triestina, Avellino e via dicendo. I risultati non erano migliori o peggiori di altre annate. Nonostante questo il clima restava pesante per tutti, anche durante gli allenamenti. Da un giorno all’altro decisi di accettare la corte del mister che avevo avuto nella stagione precedente, nella quale avevamo concluso in maniera trionfale un campionato nato male con il Monopoli, tra l’altro proprio nella mia Catanzaro che ospitò lo spareggio per non retrocedere Monopoli – Campobasso. Dopo 8 partite da titolare in B scelsi di andarmene a Pesaro in C2 pur di liberarmi dalle pressioni di quell’ambiente ostile. Al mio posto presero gente di 34 e passa anni. La stagione terminò con la retrocessione”. 

Nel torneo 1990-91 gioca sempre da titolare e segna il suo primo gol in campionato nella vittoria per 3-1 in casa contro la Torres. Ma la stagione finì – ci consenta il termine – in maniera sciagurata per tutti noi. Perché, a suo parere?

 “Vorrei precisare, concedetemi la piccola vanità, che giocai non solo sempre titolare, spareggio compreso, ma soprattutto 90 minuti su 90. Un record che di solito riesce solo ai portieri. Quella retrocessione fu uno scandalo ed una sconfitta per la politica del calcio. Non ci si può permettere di far effettuare uno spareggio muovendo migliaia di tifosi prima di un’udienza in Corte d’Appello Federale che potrebbe incidere sulla permanenza in serie C di una delle due squadre. Sono avvocato e dunque, nel merito della vicenda non ritengo di dover entrare perché non ne ho mai conosciuto esattamente i contorni. Ricordo soltanto che quel fatto, almeno quello che veniva imputato alla società, si può catalogare come l’ennesimo errore di una lunga sequenza di decisioni infelici”. 

Nel 1991-92 sembrava l’annata buona per risalire subito, soprattutto con Selvaggi in panchina e Mollica centravanti. Ci si inceppò, ma fu lo stesso un bel campionato. Quali sono i suoi ricordi? 

“Le racconto due episodi: uno in negativo ed uno in positivo.  Quello negativo: la partita più importante della stagione : ad Altamura, squadra che non aveva più nulla da chiedere al campionato. Primo tempo 1-0 per noi, ma negli spogliatoi  c’è l’incursione dei dirigenti che pretendevano la goleada nonostante il mister invocasse la prudenza. Risultato: secondo tempo tutti in attacco e verso i muniti finali della partita entra un ragazzino della Primavera che infila una doppietta in contropiede:  2 a 1 per loro e tutti a casa, fine del sogno. Quello positivo: un eurogol d’altri tempi del nostro centravanti . Andatelo a rivedere se potete. Sembravano essere tornati i tempi delle mitiche sforbiciate di Pino Lorenzo. Scendo sulla fascia destra, effettuo un cross perfetto, Vinci si libra in volo e inventa una rovesciata meravigliosa, da figurine Panini”. 

Oggi di cosa si occupa? Segue ancora il calcio e il Catanzaro? 

“Sono stato uno dei pochissimi calciatori professionisti a laurearsi nel corso dell’attività sportiva ed a vivere, successivamente, del lavoro derivato dalla laurea conseguita. Svolgo, da ormai 25 anni, la professione di avvocato e mi occupo anche molto di diritto sportivo. Esercito a Roma anche se oggi, viste le nuove tecnologie, è diventato anacronistico limitare la possibilità di svolgere la professione in un luogo soltanto ed infatti assisto persone da tutta Italia. Seguo il Catanzaro da sempre. Siamo un bel gruppo di amici catanzaresi, mediamente cinquantenni, qui a Roma e spesso ci riuniamo per vedere le partite ed anche per fare qualche trasferta qui vicino. Per noi catanzaresi l’Aquila Giallorossa è tatuata sul cuore. Ancor di più per la mia generazione che ha avuto il privilegio di vivere gli splendidi anni del Catanzaro. Ancor di più per me, che nonostante tutto, ho avuto l’onore, il privilegio e la fortuna di poter sostenere con le mie gambe ed i miei polmoni la maglia giallorossa e farla correre fiera sui campi verdi dell’Italia del calcio. Alla faccia delle leggende metropolitane posso vantarmi di aver fatto parte della Storia del Catanzaro giocando grandi partite e marcando grandissimi campioni come Karl Heinz Rummenigge, Ramon Diaz, Casagrande, Barbadillo, Schillaci, Altobelli, Serena, Lothar Matthaus e tanti altri. Le uniche Leggende che contano adesso sono tutte quelle che ancora oggi si vedono, si parlano, si frequentano, hanno la gioia ed il piacere di giocare ancora assieme nella squadra , appunto , delle “Leggende del Catanzaro” capitanata dal nostro grande capitano di sempre Adriano Banelli e coordinata egregiamente dal nostro altrettanto grande Egidio Belfatto”.

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