Lo sottolineano in tanti nell’ambiente del calcio e lo ha detto anche il Ct della Nazionale, Cesare Prandelli, a Catanzaro nelle scorse settimane per ritirare il Premio “Nicola Ceravolo”: “Tanti calciatori avevano un attimo di timore quando si veniva al Sud a giocare, ma a Catanzaro no, era diverso. C’era sempre un clima molto caldo, perché la tifoseria è sempre stata calorosa, ma di grandissima correttezza prima della partita e anche durante il trasferimento allo stadio”. Detta da uno che all’epoca giocava nella Juventus, la “vecchia signora” più odiata da buona parte degli italiani che tifano, è tutto tranne che una frase di circostanza.
E quella di Prandelli è la stessa opinione di tanti calciatori che in passato hanno giocato a Catanzaro e non solo da avversari. Prendiamo ad esempio, per dire, un calciatore che arrivò a Catanzaro dal Napoli nel 1981 come “conguaglio” umano nell’ambito dell’operazione che portò Massimo Palanca in maglia partenopea e giocò nella prima stagione appena sei partite da “panchinaro” che poi diventarono ben 165 (con 10 gol) in sei diverse stagioni.
Armando Cascione, nato a Napoli il 20 marzo 1961, professione difensore, libero e stopper, nella sua prima stagione a Catanzaro è “chiuso” nei suoi ruoli ma si fa ugualmente notare: “La partita più bella di quel campionato per me rimane la semifinale di ritorno in Coppa Italia con l’Inter. Andammo ai supplementari dopo aver bilanciato il 2-1 della sconfitta di andata, poi loro pareggiarono nel primo tempo supplementare e io segnai il 3-2. Sabato prese un legno clamoroso che ci avrebbe portato sul 4-2. Peccato, perché sarebbe stata tutta un’altra storia”. Quella storica partita di semifinale si gioca sabato 10 aprile 1982. Tre espulsi (il nerazzurro Bini e Piero Braglia sul finire del primo tempo e un altro interista, Canuti, nella ripresa) e cinque gol. Edi Bivi porta in vantaggio i giallorossi dopo soli due minuti e nella ripresa Beccalossi al 50’ segna il pari su rigore. Gol del 2-1 di Borghi al 65’ e si va ai supplementari. Dopo sette minuti c’è il gol di Altobelli per il pareggio nerazzurro e al 103’ entra proprio Cascione, che segna dopo appena un minuto.
Dopo un campionato ad Avellino in Serie A (12 presenze e 2 gol), Cascione veste di nuovo la maglia giallorossa: “Tornai al Catanzaro, dopo la stagione ad Avellino, perché mi aveva richiesto espressamente il nuovo allenatore giallorosso, il grande Mario Corso, che mi conosceva bene perché allenava la Primavera del Napoli quando ci giocavo io e praticamente sono cresciuto sotto la sua guida. Ma fu esonerato e al suo posto arrivò Mimmo Renna. La squadra non era male, ma purtroppo siamo retrocessi”.
Qualche tentennamento, e il difensore napoletano resta a Catanzaro: “A fine campionato volevo andar via, perché non volevo scendere di categoria e continuare perlomeno a giocare in Serie B. A convincermi fu il progetto del nuovo allenatore, Giovan Battista Fabbri. Ed ho avuto ragione ad accettare e a restare. Fu un grande campionato, concluso con la promozione. E anche per me fu un’ottima stagione. Basti pensare che grazie al gioco impostato da Fabbri segnai ben quattro gol, il mio record personale in maglia giallorossa. E per uno che giocava nel mio ruolo, non era cosa facile”.
Segue poi un altro campionato: “Rimasi anche nella stagione successiva, che fu pure quella molto sfortunata e si concluse con la retrocessione. Iniziammo con Pietro Santin come allenatore, seguito poi da Veselinovic, che secondo il mio personale parere è stato l’allenatore, tecnicamente parlando, più ridicolo con cui ho lavorato nella mia carriera”. Todor Veselinovic, nato a Novi Sad (ex Jugoslavia, oggi Serbia) il 22 maggio 1930 arriva a Catanzaro dopo aver qualificato la Jugoslavia da Ct agli Europei del 1984 e vinto lo scudetto (per differenza reti) in Turchia con il Fenerbahce nel 1985. A Catanzaro, un disastro: cinque vittorie, tre pareggi e ben 10 sconfitte, di cui quattro consecutive nel finale.
Dopo un campionato “minore” a Pietrasanta, Cascione torna ancora in giallorosso: “Nel 1987 torno di nuovo a Catanzaro, con Vincenzo Guerini in panchina. Bellissimo gruppo, ottima squadra. Abbiamo mancato la promozione solo perché ci siamo dovuti scontrare con arbitraggi per niente favorevoli e con corazzate come Bologna, Lazio, Atalanta e Lecce. Resto anche la stagione successiva, l’ultimo bel campionato del Catanzaro in Serie B. Poi sono passato alla Reggina. Non mi sono trovato male, ma visti i rapporti non buoni col presidente di allora sono sceso di categoria e sono passato al Campania Puteolana. Una scelta pessima, di cui sono pentito ancora oggi e che ha determinato il declino della mia carriera”.
A Catanzaro, il 22 settembre 1983, è nato anche il figlio di Cascione, Emmanuel, che ha giocato nella Reggina e oggi si fa valere nelle file del Cesena in B. E Cascione “senior”, il papà, pur vivendo a Grosseto ha sempre il cuore giallorosso: “Ancora oggi seguo il Catanzaro e mi capita di incontrare molti ex calciatori giallorossi, soprattutto quelli che vivono in Toscana. Qualche tempo fa sono andato a vedere Siena-Cesena e ho incontrato sugli spalti Carlo Bresciani. Brevissima persona. E mi capita di incontrare spesso Borghi, Bagnato, Sassarini, Destro e Lorenzo. Ho il patentino di allenatore e mi piacerebbe essere utile al Catanzaro, che con la nuova gestione ha delle potenzialità che prima non aveva”.
AURELIO FULCINITI