martedì 10 Giugno 2025

Palanca lancia Ranieri: “Claudio è l’uomo giusto per la Nazionale”

Certe dichiarazioni non suonano come semplici opinioni. Sono, piuttosto, carezze alla memoria e moniti al presente. Quando Massimo Palanca, icona senza tempo del Catanzaro degli anni d’oro, parla del suo ex capitano Claudio Ranieri, non lo fa con l’enfasi forzata di chi rincorre un titolo a effetto. Lo fa con l’emozione sincera di chi ha condiviso campo, spogliatoio e sogni con un uomo che oggi l’Italia potrebbe chiamare a incarnare lo spirito azzurro sulla panchina della Nazionale maggiore.

Un legame forgiato nella gloria giallorossa

«Saremo sempre gli amici di una vita». C’è tutta la forza di un legame indelebile in queste parole pronunciate da Palanca alla Gazzetta dello Sport. Un legame nato sui campi di Serie B e A, quando il Catanzaro diventava miracolo sportivo e non solo splendida parentesi. Un gruppo compatto, coeso, capace di battere gli squadroni del nord, animato da uno spirito quasi epico. In quell’alchimia irripetibile, Ranieri era il capitano, la bussola in campo e fuori, il punto di riferimento che dava ordine, cuore e disciplina a una squadra fatta di uomini prima ancora che calciatori.

«Claudio è nato fratello maggiore», ha detto Palanca. E la sua fotografia è precisa: il capitano che guida senza alzare la voce, che comprende prima di giudicare, che sa sempre dove si deve andare.

Una Nazionale da ricucire, Ranieri il nome che unisce

Il nome di Ranieri si fa largo nei cuori e tra i sondaggi, come quello pubblicato dalla Gazzetta, che vede il 95% dei lettori indicarlo come il favorito per la panchina azzurra, in caso di addio a Luciano Spalletti. È più di una suggestione. È un desiderio collettivo di affidarsi a un uomo che ha già dimostrato – con il miracolo Leicester, con la salvezza della Roma, con mille altri gesti silenziosi – di saper parlare al cuore delle squadre.

Palanca lo sa bene. «Per Claudio la Nazionale è speciale», ha detto. Non è una frase fatta, è una generazione che parla. Quella che sentiva l’Azzurro come punto di arrivo e non come vetrina. Oggi serve qualcuno che ricordi ai ragazzi cosa significa vincere con la maglia dell’Italia. Serve un ct che sia un padre, un educatore, un alleato. «Il ct deve essere un ottimo diplomatico… Claudio lo è», continua Palanca, indicando con naturalezza la qualità che manca nel calcio dei tatticismi esasperati: l’empatia.

Il canto dell’inno, la voce dei ricordi

Il momento più toccante dell’intervista è una confessione semplice ma carica di significato: «Sarebbe bello vederlo cantare l’inno: si commuoverebbe di sicuro. E io con lui». È in quell’immagine – Ranieri con la mano sul cuore, le lacrime agli occhi, Palanca accanto a lui con lo stesso nodo in gola – che si condensa l’essenza del calcio che ci manca. Un calcio fatto di senso di appartenenza, di valori autentici, di bandiere che non sventolano solo al vento ma nell’anima.

L’appello silenzioso di una generazione

L’auspicio di Massimo Palanca non è solo una preferenza per un nome. È l’appello di una generazione che ha conosciuto il calcio come cultura, come riscatto sociale, come sogno collettivo. Ranieri potrebbe davvero essere l’uomo della rinascita, non solo per l’Italia del calcio, ma per un’idea di Paese che ha bisogno di ritrovare figure autorevoli, rispettate e umane.

E forse, stavolta, ascoltare i campioni del passato è il primo passo per ricominciare a vincere.

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