Il mental coach sportivo è quella figura, a volte ancora poco conosciuta, che lavora con gli atleti e le squadre per sviluppare piani e strategie di preparazione mentale per le partite e gli allenamenti. Ciò può includere l’identificazione di obiettivi, la gestione delle emozioni, l’ottimizzazione della motivazione e il potenziamento della fiducia in sé stessi. Per approfondire questo mondo affascinante, abbiamo voluto incontrare Nicola Bonfiglio, originario di Messina e milanese di adozione, uno dei più esperti mental coach italiani.
Il ruolo del mental coach: importantissimo, a volte fondamentale, ma ancora spesso sottovalutato. Come te lo spieghi?
“In effetti è molto difficile spiegarselo in quanto viviamo in una società che va a 3000 all’ ora, in qualsiasi settore ed ambiente lavorativo e si è soggetti sempre più a pressioni e responsabilità con scadenze a volte immediate .
E poi…?? Le persone si stupiscono se un professionista ti aiuta ad utilizzare al meglio il tuo Cervello, che ricordiamo sempre, è il Computer più potente al mondo. Abbiamo già tutte le risposte li dentro…Dobbiamo saperlo usare a nostro piacimento, nessuno ci ha mai insegnato come funziona nello specifico. La nostra mente a volte va in tilt e perde la bussola. I cambiamenti in generale sono sempre abbastanza lenti da attuare e digerire, poi noi viviamo in un paese con molti pregiudizi e limiti. Tutto ciò però, sta iniziando a cambiare, in quanto le persone più aperte hanno capito perfettamente che iniziando a lavorare su se stessi si possono raggiungere risultati sorprendenti e prima inimmaginabili. Cambiare le proprie abitudini e uscire dalla propria zona di comfort non è semplice in effetti, ma quando poi ti accorgi che i risultati dipendono solo da te stesso e non hai più scuse è fantastico, sei tu il padrone del tuo destino!”
Parlaci di te: come e quando è nata questa tua passione?
“La mia passione nasce un pò per caso nel 2003, ero un venditore di una grande catena di distribuzione e scopro questa figura durante un corso rivolto ai dipendenti di quel negozio. Mi innamoro immediatamente di quella professione e scelgo in quell’ istante cosa fare da “grande”. Inizio perciò a fare formazione su me stesso per 4 anni, per poi io a mia volta formare negli anni successivi altre persone che si sono rivolte a me in ogni settore commerciale, continuando comunque fino ad oggi la formazione personale . Nel mio settore non bisogna mai smettere di formarsi e studiare.
Cinque anni fa mi sono specializzato in Sport Coaching e in questo momento lavoro prevalentemente con calciatori professionisti.”
Le esperienze più stimolanti e le maggiori soddisfazioni che questa attività ti ha regalato?
“Ogni singola persona di qualsiasi settore che ho formato mi ha lasciato qualcosa di importante. Sono un uomo molto sensibile, pertanto mi emoziono spesso, soprattutto quando vedo realizzati gli obbiettivi e i sogni della gente che ci crede. Aiutare il prossimo a realizzarsi e farne addirittura la propria attività lavorativa penso sia il Top dei Top come professione.”
C’è stata anche qualche delusione? Magari il mancato raggiungimento di un traguardo sperato?
“Certo, ovviamente le delusioni e le sconfitte fanno parte della nostra vita. L’ importante è saper reagire e imparare da quegli errori che tutti noi umani commettiamo . È proprio quello che insegno agli atleti che seguo, dalla sconfitta si possono trarre dei vantaggi pazzeschi che a volte le vittorie possono nascondere. Cosa mi ha insegnato questa sconfitta? Se mi trovassi un domani nella stessa identica situazione cosa farei? Queste sono le domande giuste da farsi per migliorarsi dopo una delusione.”
Giovani talenti che diventano celebrità forse troppo presto e non sono in grado reggere la conseguente pressione mediatica: il tuo ruolo potrebbe essere fondamentale per loro?
“Assolutamente si, capita molto spesso che giovanissimi talenti non sono in grado di reggere le pressioni che il calcio moderno mette davanti. Il mio lavoro consiste innanzitutto nel far trovare loro un equilibrio che gli permetta di essere in armonia totalmente. Di non identificarsi solo nel ruolo del calciatore, ma di conoscersi prima come persona….la loro identità non deve essere associata a quello che fanno, ma a quello che sono. Questo in qualsiasi settore lavorativo. A volte capita ad atleti che smettono di giocare e quindi a fine carriera, di avere crolli psicologici proprio per quel motivo, in quanto si erano identificati solo nel ruolo sportivo.
Un altro lavoro che si fa per gestire le pressioni, è quello di farli concentrare solo su loro stessi, non dando potere ad elementi esterni che possono distogliere l’ attenzione e influenzare negativamente la performance. Quando ti concentri su elementi esterni che non sono sotto la tua sfera di controllo, stai cedendo delle tue energie personali a qualcun altro , sei tu quindi che decidi di regalare ad altri il tuo sorriso, il tuo tempo o la tua tranquillità…In sostanza sei sempre tu che decidi.. .Quindi vuoi concentrarti su gli altri o vuoi focalizzarti su te stesso e migliorarti?”.
Davvero un aspetto interessante quello della psiche applicata alle attività sportive. Sicuramente avremo modo di riparlarne. Intanto ringraziamo Nicola Bonfiglio per averci introdotti in questo mondo a noi finora quasi sconosciuto, augurandogli sempre maggiori successi e soddisfazioni!