martedì 13 Maggio 2025

Disordini Catania-Catanzaro 2018: condannato un tifoso, assolti in 36. Il verdetto del Tribunale di Catanzaro

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A distanza di quasi sei anni dai fatti, si chiude con una sola condanna il lungo iter giudiziario avviato a seguito degli episodi di disordine verificatisi in occasione della partita tra Catania e Catanzaro dell’11 novembre 2018. Il Tribunale di Catanzaro ha emesso la sua sentenza nei confronti di 37 sostenitori giallorossi coinvolti nelle indagini legate a quanto avvenuto nei pressi del casello di San Gregorio, durante il tragitto verso lo stadio “Angelo Massimino”.

Una sola condanna: 4 mesi per resistenza a pubblico ufficiale

A seguito di un processo articolato, durato anni e caratterizzato da numerose udienze, il giudice monocratico Cristina Scalia ha disposto la condanna a 4 mesi di reclusione per un solo imputato, ritenuto colpevole del reato di resistenza a pubblico ufficiale. Una pena che tiene conto delle attenuanti generiche e che arriva al termine di una complessa analisi delle prove documentali e testimoniali raccolte nel corso delle indagini.

Per gli altri 36 imputati, invece, il giudice ha pronunciato l’assoluzione. In un solo caso, quello di una persona nel frattempo deceduta, è stata dichiarata l’archiviazione per intervenuta morte dell’imputato.

I fatti del novembre 2018: accuse e sviluppo delle indagini

Gli episodi contestati risalgono all’11 novembre 2018, quando alcuni pullman di tifosi del Catanzaro, in viaggio verso Catania per seguire la propria squadra, vennero coinvolti in situazioni di tensione lungo il percorso. In particolare, secondo l’accusa, ci sarebbero stati episodi di pressioni nei confronti dell’autista di uno dei mezzi per costringerlo a proseguire il tragitto in violazione delle disposizioni delle forze dell’ordine, oltre a danneggiamenti al veicolo mediante calci e pugni.

Tuttavia, nel corso del dibattimento, le prove raccolte non sono risultate sufficienti a confermare la responsabilità della quasi totalità degli imputati. I reati di danneggiamento e resistenza contestati inizialmente sono stati in gran parte ridimensionati o ritenuti insussistenti.

Un esito che cambia la narrazione iniziale

La sentenza restituisce una verità processuale ben diversa da quella ipotizzata in fase istruttoria. La narrazione che aveva inizialmente tracciato un quadro accusatorio compatto è stata fortemente ridimensionata dalle conclusioni del tribunale. L’elemento centrale rimasto in piedi riguarda il comportamento individuale di un solo tifoso, giudicato colpevole per avere ostacolato le forze dell’ordine in servizio.

Il collegio difensivo ha svolto un ruolo fondamentale nell’evidenziare la mancanza di prove solide a carico della maggior parte degli imputati. Tra i legali coinvolti figurano professionisti di rilievo come Francesco Ansani, Alessio Spadafora e Michele Tucci, che si sono distinti per un’attenta strategia difensiva.

Giustizia e responsabilità collettiva: riflessione su un caso complesso

La vicenda offre spunti di riflessione non solo sotto il profilo giudiziario, ma anche sociale e sportivo. Episodi come quello accaduto nel 2018 sollevano interrogativi su come vengano gestiti i rapporti tra gruppi di tifosi in trasferta, sicurezza pubblica e narrazione mediatica. La pronuncia del giudice Cristina Scalia, pur confermando una responsabilità individuale, ha escluso ogni responsabilità collettiva per i restanti imputati, sgombrando il campo da generalizzazioni spesso superficiali.

Questa sentenza rappresenta una pagina definitiva in una vicenda rimasta a lungo in sospeso, nella memoria di chi quel giorno era presente in trasferta. Al tempo stesso, segna un punto fermo nella gestione delle responsabilità personali, evitando derive che colpiscano indistintamente chi si limita a sostenere la propria squadra con passione e civiltà.

Come sempre, la speranza è che eventi del genere non si ripetano e che il calcio possa continuare a essere uno spazio di confronto leale, dentro e fuori dal campo.

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