Oronzo Pugliese, il “Mago di Turi”… e non solo
“Se non puoi vincere, assicurati di non perdere”. Lo sosteneva il grandissimo Johan Cruijff, che da calciatore e da allenatore, soprattutto del Barcellona, non era certo un difensivista, semmai il contrario. Anzi, ostentava superiorità soprattutto nei confronti del calcio italiano, perdendo di un colpo tutte le sue presunte certezze la sera in cui il Milan di Fabio Capello travolse il Barcellona per 4-0 nella finale di Coppa dei Campioni ad Atene, nel 1994.
Il pareggio che utilità ha oggi? Sicuramente la massima di Cruijff è ancora attuale, ma in compenso osare è indispensabile. Con grandi numeri di pareggi, una salvezza sofferta è ancora possibile, come vedremo facendo il confronto fra poco, mettendo a confronto grandi imprese sportive del passato e ponendo i risultati in parallelo con quelli dei tre punti a vittoria. Ma certamente oggi si evidenzia ancora di più l’essenzialità del risultato pieno, anche se è comunque utile mettere “fieno in cascina” e se il caso non disdegnare la divisione della posta in palio.
Una logica interessata che oggi coinvolge il Catanzaro, con i suoi 10 pareggi su 14 partite, in una classifica che attualmente lo trova nella terra di mezzo equidistante sia dai playoff che dai playout.
Ed ecco che è interessante raccontare le storie del vecchio calcio attraverso i ritratti, con vita e miracoli degli allenatori recordman di pareggi nel Catanzaro e a livello nazionale in Serie A e B.
Il Catanzaro primatista in pareggi è quello allenato da Leandro Remondini, stagione 1964-65. Nato a Verona il 17 novembre 1917 e scomparso a Milano il 9 gennaio 1979, quando era ancora in piena attività, dopo una carriera di calciatore con tappe importanti nel Milan a vent’anni di età e nella Lazio dopo i trenta, inizia la carriera di allenatore e per due stagioni guida i giallorossi.
Nel campionato di Serie B 1964-65 il Catanzaro ottiene ben venti pareggi, di cui dieci in casa ed altrettanti in trasferta, con dodici 0-0 ed otto 1-1. Un difensivismo classico, quello dì Remondini, con 38 punti in classifica, che oggi con la vittoria che ne vale tre diventerebbero 47 e dunque, stando ai risultati dell’appena trascorso campionato di Serie B, sufficienti per una salvezza tranquilla. Quel Catanzaro degli anni Sessanta arrivò ottavo, oggi zona playoff ed allora a nove punti dalla terza classificata, promossa direttamente in Serie A. Anche le marcature furono in linea con l’impostazione della squadra, con 24 gol segnati e 26 subiti. Capocannoniere dei giallorossi risultò Pippo Marchioro, con 9 gol segnati. Più che staccati, in termini di reti realizzate, gli altri compagni di squadra.
Aldo Agroppi, nato a Piombino (Livorno) il 14 novembre 1944, centrocampista, bandiera del Torino, viene ceduto al Perugia nell’estate del 1975, proprio in concomitanza dell’inizio della stagione che porterà ai granata l’ultimo scudetto della loro storia, con ovvio rammarico del centrocampista toscano.
Da allenatore, proprio alla guida degli umbri raggiunge il record del maggior numero di pareggi nella storia del campionato cadetto: ben 26 su 38 gare, a cui si affiancano undici vittorie e una sola sconfitta. Da notare che il Perugia di quella stagione stabilirà un altro primato della serie cadetta, con un’imbattibilità durata per ben trenta partite iniziali consecutive. Il Perugia si classifica quarto, con 48 punti a una sola lunghezza dal Bari e a due delle altre promosse Lecce e Pisa. I grifoni segnano 38 gol e ne subiscono 25 e – a dispetto dei tanti pareggi – praticano un calcio abbastanza vivace. Oggi sarebbero 59 punti e facendo sempre un raffronto con il campionato di Serie B appena trascorso, quel Perugia arriverebbe sesto, dietro il Catanzaro, staccato di un punto.
Ma già con il Pisa 1981-82, sempre allenato da Agroppi, con 12 vittorie, 23 pareggi e 3 sconfitte, i nerazzurri toscani arrivarono terzi, conquistando la promozione in Serie A. Oggi quel punteggio, aggiornato da 47 a 59, sarebbe ovviamente improponibile per una promozione diretta. Ma in compenso, anche quel Pisa, con 47 gol segnati e 26 subiti, garantiva un gioco valido e la migliore differenza reti del campionato.
Enzo Ferrari, nato a San Donà di Piave (Venezia) il 21 ottobre 1942, da giocatore detiene il primato del gol realizzato da più lunga distanza in Serie A e probabilmente al Mondo, in un Roma-Palermo 2-1 del 12 gennaio 1969, quando portò in vantaggio i rosanero con una conclusione da ben 77 metri.
L’Udinese 1982-83 può contare su un potenziale offensivo sulla carta ottimale, con Virdis, Pulici, lo jugoslavo (oggi croato) Surjak, Causio, appena laureatosi Campione del Mondo con la Nazionale, i calci piazzati del brasiliano Edinho e in aggiunta il talento di Massimo Mauro, appena arrivato dal Catanzaro. A fine campionato ci saranno però 6 vittorie, 20 pareggi e 4 sconfitte. I risultati valgono 32 punti in campionato, a pochi punti dalla zona UEFA. Era una Serie A con 16 squadre, ma oggi, nella massima serie a 20, quei 38 punti conquistati varrebbero una salvezza non proprio agevole, a seconda della media del campionato. Nella stagione successiva, l’arrivo del grande asso brasiliano Arthur Antunes Coimbra, per tutti Zico, porterà un grande potenziale d’attacco, ma sbilancerà la difesa. Nonostante i 19 gol di Zico e i 10 di Virdis, le vittorie saranno bilanciate dalle sconfitte e con 47 gol segnati e 40 subiti l’Udinese si classificherà solo nona. Ma nella stagione successiva Enzo Ferrari sarà chiamato dal Real Saragozza, nella Liga spagnola, dove arriverà decimo, ma con vittorie convincenti e spettacolari come quella in rimonta per 2-1 contro il Real Madrid al Santiago Bernabeu. E sarà uno dei primi allenatori italiani a varcare le frontiere e a far conoscere ed apprezzare all’estero l’operato dei tecnici di casa nostra.
Di Oronzo Pugliese, nato a Turi (Bari) il 5 aprile 1910 si è detto di tutto e di più. Si è parlato tanto di quella volta, all’Olimpico, quando allenava la Roma, in cui portò in panchina una gallina come portafortuna. E si sa anche di quando a Torino, durante un Juventus-Bari, con la neve alta davanti alla panchina, si alza, inciampa e finisce con la faccia nella neve, con tanto di coppola scozzese d’ordinanza in testa, prontamente soccorso e rialzato dal massaggiatore. Oltre a Roma e Bari, Pugliese ha allenato ed è ricordato a Foggia – squadra che portò con grande successo per la prima volta in Serie A – e Bologna. Si ritirò poi nel 1978 e venne a mancare nel 1990. A Firenze, il focoso allenatore barese arriva a fine gennaio 1971 e ottiene una vittoria (1-0 a Vicenza), ben dodici pareggi e due sconfitte. Oggi sarebbe impossibile salvare una squadra con uno score del genere. Con sole tre vittorie in tutto il campionato, alla fine risulterebbero soli 28 punti che neanche in quegli anni sarebbero bastati per una salvezza sicura e sarebbero stati garanzia di retrocessione, neanche troppo onorevole.