... ...
mercoledì 11 Dicembre 2024

Quel numero nove e i suoi compagni – Capitolo II

di Adriano Macchione

Clicca qui per i capitoli precedenti

Ecco Seghedoni

Qui inizia la grande storia. Archiviate le vicende del campionato 1969-70, in vista del nuovo
torneo, i dirigenti giallorossi, interrotto di comune accordo il rapporto con Dino Ballacci, si
ritrovano subito davanti ad un problema di primaria importanza. Bisogna ingaggiare il nuovo
allenatore. Il presidente Ceravolo e i suoi pochi ma fidati collaboratori, dopo aver attinto
informazioni e dopo aver scandagliato il mercato, scelgono come nuovo mister un giovane di belle
speranze, proveniente dalla Serie C. E’ Giovanni (Gianni) Seghedoni e nell’ultimo campionato ha
allenato l’Internapoli, la famosa (in quel periodo) seconda squadra di Napoli.
Modenese, classe 1932, da calciatore Seghedoni aveva avuto momenti di ottima popolarità nelle
fila del Bari, squadra con la quale aveva scalato la Serie A partendo dalla Quarta Serie. Nella città
pugliese era diventato uno dei giocatori più rappresentativi della squadra, molto apprezzato e
amato dai tifosi per il cipiglio fiero e il carattere del condottiero. Giocava centromediano ed era
una roccia. Roba da monumento. Buoni momenti, inoltre, Seghedoni aveva vissuto nelle fila della
Lazio, ancora una volta molto amato da dirigenti, compagni e tifosi per la grinta e il gran cuore che
metteva in ogni prestazione. Anche lì, tra i tanti di Roma, un monumentino ci sarebbe potuto
scappare.
Conclusa la buona e soddisfacente carriera di giocatore, Seghedoni aveva poi intrapreso quella di
allenatore, partendo dalla gavetta. Nella stagione 1964-65 e 1965-66 aveva inanellato due secondi
posti in Serie D alla guida di Vis Pesaro e Civitanovese, poi era arrivato il salto in Serie C,
chiamato sulla panchina del Lecce, condotto ad un onorevole ottavo posto nel 1966-67 e al terzo
nel 1967-68. Nel campionato 1968-69 e 1969-70 era stato al Pescara (ottavo posto) e poi
all’Internapoli, sempre in Serie C. Infine, ecco il tanto sospirato passaggio in Serie B, che era
arrivato grazie all’ingaggio del Catanzaro.
All’annuncio del suo nome, qualcuno tra i vecchi sportivi catanzaresi provvisto di buona memoria,
scava e scova tra pallidi amarcord: Seghedoni, la “roccia” del Bari, quel centromediano che non
l’aveva data vinta a nessuno, nemmeno ad Altafini…
Ma come allenatore, come sarà Gianni Seghedoni, una vita passata in Serie C? Chi non lo conosce,
il nuovo mister, ben presto lo scopre come meglio non avrebbe potuto…

Gianni Seghdoni, calciatore con la maglia del Bari, a San Siro contro Altafini.
Poi, al suo arrivo a Catanzaro, nelle vesti di allenatore.

<<Presidente, prendiamo Mammì, costa poco e garantisco io…>>

Risolto il problema dell’ingaggio dell’allenatore, arriva l’ora della campagna acquisti. I tifosi (pochi) del Catanzaro, dopo il deludente campionato della stagione 1969-70, si aspettano, una tantum, una squadretta che assicuri almeno un quieto vivere nel nuovo torneo. E si va al “Gallia” di Milano, il famoso albergo dove al tempo si svolgono le trattative per gli acquisti. I soldi in tasca del Catanzaro sono pochi, anzi quasi niente e il programmino prevede la cessione del pezzo pregiato Busatta, dal quale il presidente Ceravolo spera di cavar fuori 200 milioni, una bella sommetta, buona per il bilancio e per procedere a qualche acquisto per rinforzare la squadra. Con il passare dei giorni, però, non rimbalza alcuna notizia di acquisti. L’attesa si fa spasmodica, poi il silenzio diventa inquietante. Alla fine, Ceravolo non riesce a sfornare, per la prima volta nella sua ormai lunga carriera di dirigente, una sola ciambella, rotonda, bella e con il buco. I tifosi, più che delusi, sono stupefatti davanti a tanta fredda immobilità. Tra l’altro, è andato via la mezzapunta Luciano Aristei, uno dei pezzi buoni dell’argenteria, che prima era stato riscattato dal Bologna e poi subito dopo smistato dalla società petroniana al Taranto, di nuovo in Serie B. Per il Catanzaro una grave perdita. Le uniche operazioni andate in porto riguardano alla fine delle vacanze milanesi il riscatto dell’ala destra Gori, del regista Franzon e dell’attaccante Della Pietra, elementi già in forza alla squadra, due titolari e una riserva. Ceravolo, da sempre abile venditore, stranamente non è riuscito a cedere nemmeno il pur richiestissimo Busatta. Insomma, peggio non sarebbe potuto andare, quel viaggio a Milano…. Alla chiusura del calcio-mercato, quando il nuovo allenatore Seghedoni lo accompagna al treno, il pur sempre animoso Don Nicola è un po’ abbattuto. Non era mai ritornato in sede con un sacco così pieno di pive dopo una campagna acquisti, come in quell’occasione. Seghedoni, uno dalla pelle dura, cerca però di rincuorarlo e gli dice: <>. E così va. Al “mercatino di Viareggio” (dove si svolgono le trattative delle società semiprofessionistiche) si provvede all’acquisto di due giocatori provenienti entrambi dalla Serie C. Seghedoni avvia gli affari, poi arriva il dirigente Barberio e mette nero su bianco. Affari? Si fa per dire. I due nuovi giocatori sono ritenuti due illustri “carneadi”. Si tratta del centravanti Angelo Mammì, proveniente dal Lecce, di 28 anni, calabrese di Reggio Calabria, mai affacciatosi prima d’allora alla ribalta professionistica e dell’ala ambidestra Alfredo Ciannameo, proveniente dal Brindisi, di 26 anni, anch’egli calabrese, cosentino di Paola, già presentatosi giovanissimo alla ribalta della Serie A nelle fila della Spal agli inizi degli Anni 60, ma poi subito sperdutosi nei meandri della Serie C. La gente di fede giallorossa storce il muso, alle viste c’è un’altra stagione di sofferenza. Mammì arriva in cambio del deludente tornante Luciano Rigato che passa al Lecce (figurati cosa potrà valere il nuovo centravanti, continua a commentare la gente) e Ciannameo in cambio della fallimentare ala Giorgio Girol e dell’inaffidabile portiere Giuseppe Maschi che prendono entrambi la strada di Brindisi. Siccome nello scambio è previsto anche un conguaglio a favore “naturalmente” del Catanzaro, avere dei soldi e Ciannameo in cambio di due giocatori del tipo di Rigato e Maschi, non depone assolutamente a favore del neo acquisto di Paola, questo un altro commento all’acido nitrico della tifoseria. A Viareggio, inoltre, saluta la compagnia l’attaccante Roberto Della Pietra, prima riscattato e poi ceduto alla Sambenedettese (Serie C). Esaurita anche la seconda fase della campagna acquisti, si passa all’inventario dei beni di una cassaforte che… si potrebbe lasciare anche aperta. I confermati rispondono ai nomi dei terzini Franco Marini, 30 anni, goriziano di Cormons e Gianfranco Bartoletti, 27 anni, parmense di Traversetolo, dello stopper Michele Benedetto, 29 anni, torinese, del libero Arturo Massari, 25 anni, ferrarese di Tresigallo, del mediano Pierluigi Busatta, 23 anni, trevigiano di Marostica, delle mezzali Arturo Bertuccioli, 25 anni, di Pesaro, Adriano Banelli, 22 anni, perugino di Città di Castello e Roberto Franzon, 27 anni, livornese di Rosignano Solvay, dell’ala destra Maurizio Gori, 23 anni, pesarese di Cantiano ma romano d’adozione e del centravanti Mario Musiello, 24 anni, udinese di Torviscosa. Tutti questi giocatori, insieme ai ceduti Luciano Aristei e Giuseppe Maschi, avevano formato, come detto, il nucleo dei titolari della stagione precedente. Sono confermati, inoltre, il portiere Flavio Pozzani, 24 anni, veronese di Castelnovo, riserva da sempre e finalmente promosso titolare dopo una lunga anticamera, Paolo Braca, 26 anni, abruzzese di Giulianova, reduce da un brutto infortunio rimediato nella stagione 1968-69 che lo ha tenuto lontano dai campi di gioco parecchio tempo e che solo sul finire dell’ultimo campionato si è timidamente riaffacciato in squadra con due presenze e le giovani riserve Fausto Silipo (21 anni, stopper) e Albino Barbuto (25 anni, libero), giocatori di Catanzaro, cresciuti nel vivaio, che hanno già conosciuto l’onore della prima squadra ma che sono da considerare al momento solo delle semplici promesse. Una rosa ridotta all’osso, dunque, in cui s’inserisce come portiere di riserva Elio Romeo, 23 anni, di Bagnara Calabra, cresciuto nella Bagnarese e nell’ultima stagione a difesa dei pali della “De Martino”. In tutto 17 giocatori, ai quali, in seguito, si aggiunge il centrocampista catanzarese Emilio Barone, 21 anni, cresciuto nel vivaio. I commenti dei critici e dei tifosi, come detto, sono acerrimi. Ancora una volta, dicono, ci sarà da soffrire e da lottare fino all’ultima giornata per tenere in piedi la baracca. Davanti a questa situazione poco promettente, la curiosità intorno alla squadra non è che sia molta. I volti nuovi sono pochi e per il resto gli altri sono ben conosciuti e con risultanti poco eclatanti. Marini, il capitano della squadra, e la pertica Bartoletti sono i “grandi vecchi”, i soli superstiti delle ultime due stagioni da “grande” del Catanzaro, il primo è presente nei ranghi dal 1965-66 e il secondo dal 1966-67. Anche Pozzani c’è dal 1965-66 ma ha fatto sempre da silenzioso e impalpabile portiere di riserva. Per il resto, gli altri giocatori, pur non deludendo per quanto riguarda le prestazioni personali, hanno legato il loro nome a stagioni incolori della squadra come complesso: Banelli e Braca sono giunti in giallorosso nella stagione 1967-68, Busatta, Franzon e Massari nel 1968-69 e Benedetto, Musiello, Bertuccioli e Gori nell’ultima stagione. Qualcuno non demoralizzato, però, c’è! E’ l’avvocato Nicola Ceravolo che, dopo queste piccole manovre, sente rinascere in sé la speranza che qualcosa potrebbe cambiare in seno alla squadra. I conti, tra l’altro, sono infine tornati come lui se l’era fatti. Cioè al solito modo e al grido “tutto fa brodo”. Si è portato via qualche soldino per tirare avanti cavando sangue dalle rape e se anche Mammì e Ciannameo, i nuovi acquisti, si dovessero rivelare dei buchi nell’acqua, si convince in cuor suo che c’è sempre pronta la formazione che ha già conquistato la salvezza nell’ultimo campionato, nonostante la pesante mazzata delle squalifiche del campo. E se c’è riuscita una volta a salvarsi, non si vede perché non ci sarebbe dovuta riuscire una seconda. E poi, chissà, non era detto che… cambiando manico, anche una scopa vecchia non potesse funzionare meglio. Che la metafora non fosse proprio brillante, all’Avvocato lo dissi subito, io ragazzino. Lui sorrise, quel giorno davanti allo spogliatoio, e concluse con un’altra frase di una sola parola: <>. E la vera metafora forse era tutta lì.

Un sorriso a capo chino: <<Sono Angelo Mammì…>>

Quando Angelo Mammì è annunciato come acquisto del Catanzaro, in città davvero non lo conosce nessuno. All’epoca, ancora non vanno di moda le conferenze stampa, non esistono siti internet ed altre diavolerie del genere. La notizia “esce” direttamente sul giornale, punto e basta, per poi passare di bocca in bocca. Mammì chi?, si chiede la gente. I più curiosi scoprono che è nato a Reggio Calabria il 17 marzo 1942 e che ha dunque 28 anni. <<Viecchi e riggitanu>>, dicono i più sarcastici. Altri spiccioli di notizie captate qua e là raccontano che ha un fratello di nome Franco e una sorella di nome Anna. La famiglia gestisce un negozio di elettrodomestici sulla via Nazionale di Santa Caterina. Gioco beffardo, è proprio questa zona il rione polveriera della sanguinosa “rivolta di Reggio”, in quei giorni in piena ebollizione. Già, la “rivolta di Reggio”: la scelta di Catanzaro quale Capoluogo di Regione ha scatenato antichi rancori che alcune fazioni politiche locali hanno sfruttato con abilità degna di miglior causa. Ed ecco scioperi, manifestazioni, atti di violenza anche gratuita. Sangue e disperazioni, mamme che piangono morti, giovani che conoscono la camera di sicurezza, poliziotti che rimpiangono di non aver scelto di fare gli operai. E tutto questo per cosa? Per un titolo di Capoluogo di Regione? No, sotto c’era dell’altro. E il peggio doveva ancora venire… Ritornando alle cose di calcio, il giorno del ritiro i più affezionati alle miserie di quel Catanzaro possono vedere Mammì anche de visu. Non è alto (solo un metro e 72), non è un granatiere e nemmeno un bersagliere (pesa appena 70 chili), e mai ha giocato in Serie B. Più che un bomber, quando si presenta in sede per le visite mediche, sembra ben altro. Sposato da due anni, con un figlio piccolissimo di nome Fortunato, un giovane impiegato, per di più giovane padre di famiglia, ecco, questo sembra Angelo Mammì per la serietà scolpita sul volto. Sorride appena, con lo sguardo timido, il volto di lato o a capo chino: abituati allo svettante Busatta, alla faccia di “monello” dai cirri biondi Banelli, al beat Gori e compagnia, tutti belli, giovani, moderni, sgargianti, rampanti, Mammì è tutto un altro ritratto di uomo e calciatore. Che mai potrà fare questo Mammì? La sua carriera, al suo arrivo a Catanzaro, la conosce solo lui e qualche addetto ai lavori, tra i quali sicuramente Seghedoni, e nessun altro. Cose normali, lontane dalla grande stampa. Al tempo, i tabellini di gente di Serie C non c’è pazzo esaurito tra giornalisti o appassionati che li curi o li ricostruisca. Restano poche note su sparute articoli. Il resto è fantasia. Mammì aveva iniziato nella Juniores della Reggina, poi a sedici anni era andato a Rosarno, a trenta chilometri da casa. Qualche passaggio in macchina, autostop, panini, anche qualche viaggio a stomaco vuoto e tanta polvere e sudore sotto la calura del golfo. Frequentava le Industriali ma viveva solo di calcio. Aveva sostenuto un provino pure a Catanzaro, agli inizi degli Anni 60, con Dolfin Direttore Sportivo ma, senza colpe del ragazzetto reggino, non se n’era fatto niente. A vent’anni, poi, stagione 1962-63, aveva giocato in Serie D nel Locri, con all’attivo 31 presenze. In seguito, nei campionati 1963-64 e 1964-65, aveva militato nella Nocerina, sempre nel campionato di Serie D, dove aveva contato 33 presenze nel primo anno e 29 nel secondo. Passato all’Internapoli, ancora in Serie D, nella stagione 1965-66, aveva inanellato altre 33 presenze. Il salto di categoria, finalmente, era giunto nel 1966-67 con il passaggio al Lecce. Il suo nuovo allenatore? Gianni Seghedoni, anch’egli nuovo dell’ameno sito salentino. Al primo anno, Mammì aveva disputato 18 partite e segnato 3 reti, con il Lecce che si era classificato all’ottavo posto. Nella stagione successiva, le presenze erano state 31 e le reti 9, con il Lecce al terzo posto finale. Poi, andato via Seghedoni, Mammì aveva disputato altre due stagioni nel Lecce, entrambe con Eugenio Bersellini allenatore, con 22 partite, 4 reti e quinto posto finale nel 1968-69 e 31 partite, 9 reti e ancora un quinto posto nel 1969-70. Come si vede, il giocatore reggino non era proprio un bomber. 25 reti in quattro anni di Serie C, ci voleva ben altro per svegliare la piazza di Catanzaro. In Serie A imperversano figure che cannoneggiano domenicalmente e che si chiamano Riva, Boninsegna, Prati, Anastasi. Mammì è ben lontano anche dai Bui, Vitali, Pellizzaro. Ha molto, all’apparenza, dei Zimolo, Benvenuto, Girol. Al massimo sarebbe potuto essere un secondo Musiello…

Angelo Mammì con la maglia del Lecce
Ancora un’immagine di Angelo Mammì con la maglia del Lecce

Ultimi contenuti

Catanzaro, Scognamillo: “Vittoria al 98°, gioia immensa. A Palermo pronti a dare il massimo”

Il Catanzaro continua il suo percorso di crescita in...

Catanzaro, Floriano Noto: “A Palermo per fare il massimo. Sul mercato di gennaio…”

La Serie B si conferma un campionato tanto affascinante...

Catanzaro-Brescia, è stata la svolta? Perché si, perché ancora no. Analisi generale di Lello Talarico

La vittoria al cardiopalma sul Brescia, con il gol...

Al via la prevendita di Palermo-Catanzaro: obbligatoria la fidelity card per il settore ospiti

È ufficialmente iniziata la prevendita per i tagliandi del...

Obiettivo rilancio: Il Palermo riprende gli allenamenti per la sfida al Catanzaro

Dopo l’amara sconfitta subita contro la Carrarese, il Palermo...

Articoli correlati

Categorie Popolari