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mercoledì 11 Dicembre 2024

Quel numero nove e i suoi compagni – Capitolo XVI

Di Adriano Macchione

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Cose mai viste

Domenica 13 giugno è una splendida giornata di sole, fa caldo e si suda. Il “Militare” è stracolmo,
è la partita più importante del campionato del Catanzaro, la più importante della sua intera storia. I
ragazzi di Ceravolo e Seghedoni si giocano la Serie A. Quando le formazioni scendono in campo,
le bandiere giallorosse sventolano frenetiche e ricoprono tutto lo stadio. Lo spettacolo è magnifico
e al “Militare” non si è mai visto niente di simile. Non c’è persona, giovane o anziana, che non
abbia in mano un drappo giallorosso. Tutto è sommerso dai due colori della squadra. Sugli spalti
non c’è un metro quadrato libero. Moltissimi tifosi sono letteralmente avvinghiati alla rete
metallica di recinzione, pressati, a volte quasi schiacciati, per la marea di gente che affollava le
gradinate del vecchio stadio. Sono presenti, infatti, 23.000 spettatori in uno stadio che,
ufficialmente, ne può ospitare appena 15.000 mila. Nel Catanzaro rientra Angelo Mammì al quale
lascia il posto il terzino Bartoletti che dal punto di vista tattico, a sua volta, è rimpiazzato con
l’arretramento di Banelli, come al solito buono per tutti gli usi. Confermato, invece, il difensore
Barbuto. A lui spetta il compito di guardare a vista il centravanti avversario Gigi De Paoli, che
incute un particolare timore per il suo grande passato (ha vinto uno scudetto con la Juventus e ha
giocato in Nazionale) anche se, ormai, appare da tempo sul viale del tramonto. I giornali hanno
appena scritto che il presidente del Brescia ha promesso a De Paoli una Ferrari in caso di una rete a
Catanzaro, il gol della Serie A. Al buon Barbuto, invece, se riuscirà nell’intento di non farlo
segnare, andrà un premio partita eguale a quello di tutti gli altri suoi compagni. Non mancano le
battute ironiche e non mancano articoli sul modo di “fare” calcio di alcuni presidenti. E’ quasi una
piccola guerra di religione. Non proprio come quella appena iniziata al Vaticano contro il vescovo
tradizionalista Marcel Lefèvre che riempie i giornali, ma non mancano gli articoli che attizzano
polemiche tra i ricchi del Nord e i poveri del Sud.

Il presidente avv. Nicola Ceravolo si reca allo stadio (a piedi, com’era solito fare)
per assistere a Catanzaro-Brescia.
La formazione giallorossa che sconfigge al “Militare”
il Brescia per 2-0 e si guadagna l’accesso agli spareggi.
In piedi: Pozzani Busatta Benedetto Silipo Franzon Marini;
Accosciati: Ciannameo Banelli Gori Mammì Braca.
Catanzaro-Brescia (2-0).
Angelo Mammì prima della gara, la tribuna stampa zeppa di inviati, i Distinti stracolmi e
l’ingresso in campo dei giocatori.
Si riconoscono Franzon, Benedetto, Musiello, Gori e Banelli.
Catanzaro-Brescia (2-0).
Le squadre sono in campo. Alle spalle dell’arbitro Francescon,
il capitano Roberto Franzon ed Alfredo Ciannameo.

Seghedoni, da parte sua, pensa alla formazione. Paolo Braca, l’eroe di Livorno, trova posto, ancora una volta, in panchina. Il “rosso” non se la prende, l’importante è vincere, al di là della formazione schierata in campo. Quando finalmente inizia la partita, non ci sono commenti ma un solo grido: <<Serie A>>.

Il primo tempo scivola via quasi sonnacchioso, con una grande paura al 39° per una traversa del
bresciano Nardoni. Tutti, però, si conservano profondamente ottimisti in quanto si percepisce che
la squadra giallorosso è come un leone assopito che sicuramente si sarebbe svegliato di colpo e
avrebbe divorato l’avversario, al momento giusto, in un baleno.
Nell’intervallo Seghedoni sostituisce Gori stranamente evanescente con l’amuleto Braca,
spostando Ciannameo nell’inconsueto ruolo di centravanti e Mammì in quello anch’esso insolito di
ala destra. L’intento, si capisce, è quello di “dar respiro” alla manovra, che nel primo tempo si era
dipanata per vicoli ciechi. Poi, ecco la ripresa del gioco. Al 9° nugolo di avversari in area
bresciana, tunnel e tiro di Braca, traversa e sulla ribattuta arriva Mammì e insacca. Peccato che lo
fa con la mano e che l’arbitro annulla. Pochi giri di lancetta ed ecco all’11° il vantaggio giallorosso
con un gran tiro di Busatta. Il mediano di forza, come Ercole dalle catene, si libera del suo
marcatore. Poi effettua un lungo e potente tiro-cross. Il pallone è un’anguilla. Rimbalza davanti a
Cipollini, gli sbatte sul petto, s’inarca e s’insacca, con il previdente Braca che arriva in corsa e
salta il portiere per non toccarlo. Il “Militare”, un’autentica polveriera, esplode in un boato. Un
urlo quasi disumano che si avverte a centinaia di metri fuori dallo stadio. Passano pochi minuti,
appena sei, e arriva puntuale il raddoppio. Punizione, lunga rincorsa furiosa di Ciannameo, che
pare fumare dal naso come un toro e fa temere sconquassi. Ma è tutta una finta: tacco lussuoso di

Franzon e la deflagrazione è di Busatta. Respinta affannosa e impaurita di Cipollini. Ed ecco
Mammì lestissimo e felpato a ribattere in rete. Ai grandi appuntamenti Angelo non manca mai. E
sempre Mammì, sul 2-0, si produce in una fuga di oltre 40 metri palla al piede. Poi, davanti a
Cipollini, tenta il pallonetto, Cipollini ci mette una mano e il pallone beffardo finisce la sua corsa
contro la traversa. Sugli spalti, ormai, è festa. Con un plauso alle due squadre che, alla fine,
portano al termine una sfida così importante senza neppure un’ammonizione. Davvero un grande
esempio di sportività.
Al 90°, poi, non resta che aspettare gli altri risultati per sapere se il Catanzaro è stato promosso in
Serie A. E arriva così la notizia che l’Atalanta ha pareggiato. Quindi è promozione. L’esultanza va
alle stelle. Ma non è proprio così. Infatti trascorrono altri pochi minuti e arrivano i risultati
ufficiali. Il Catanzaro, l’Atalanta (che ha battuto per 1-0 il Perugia) e il Bari (che ha battuto per 3-0
il Livorno) devono disputare delle partite di spareggio, solo allora si conosceranno i nomi delle
squadre promosse. Tre squadre per due posti, una formazione resterà in Serie B, due andranno in
Serie A in compagnia del già promosso Mantova.
Ma nonostante il verdetto non definitivo del campionato, la festa del “Militare” continua
egualmente. C’è una pacifica invasione del terreno di gioco con corse impazzite, slogans, canzoni
e capriole. Alcune scene e molti tifosi sono pittoreschi. Un gruppo di ragazzi fa il giro del campo
con un enorme striscione, il più lungo visto allo stadio fino a questo giorno. Non si pensa più agli
spareggi. Non si pensa che potrebbero anche andar male. Tutti sono certi che il Catanzaro andrà in
Serie A. Anzi, è già andato in Serie A. Da qualche parte è già scritto.

Catanzaro-Brescia (2-0). Incursione di Busatta, Mammì in area, la gioia di Ceravolo
al 90° e il titolo in prima pagina della “Gazzetta del Sud” all’indomani della partita.

Numeri giallorossi

Al “Militare” la squadra si è rivelata fortissima, in maniera impensabile all’inizio del campionato. Su 19 incontri disputati, sfilano nella mente del tifoso ben 14 vittorie. Goleade contro il Novara e il Palermo sconfitti per 3-0 e vittorie storiche come quelle ottenute contro Atalanta, Bari e Brescia, dirette rivali per la promozione in serie A. Al “Militare” solo in pochi l’hanno fatta franca, appena quattro squadre, Taranto, Modena e Monza che hanno portato via il pareggio e il Mantova, la sola squadra a vincere in una giornata da bufera. Impressionante la marcia casalinga nel girone di ritorno, solo il Monza, a tre giornate dalla fine del torneo, è riuscito a portare via un punto, tra l’altro strappandolo solo ad una manciata di minuti dalla fine. Solo il Bari, sul proprio terreno, è riuscito a far meglio del Catanzaro, conquistando 15 vittorie e 4 pareggi, conservando così l’imbattibilità casalinga. Ma per il grande orgoglio giallorosso, questo è solo un dettaglio.
Poi il tifoso pensa al Catanzaro formato trasferta. Tre i trionfi, ad Arezzo alla 2a giornata, a Novara alla 1a del girone di ritorno e a Livorno alla penultima di campionato, in un incontro decisivo per continuare a sperare nella promozione, da passare all’album dei ricordi alla pari delle vittorie storiche con Atalanta, Bari e Brescia. Lontano dal “Militare” sono arrivate, inoltre, 9 pareggi. Le domeniche amare, invece, sono state 7. E la testa va al pesante 3-0 di Bergamo contro l’Atalanta e ai 2-0 contro Bari, Monza e Perugia.
In definitiva, una squadra forte anche lontano dal terreno amico, questo Catanzaro di Seghedoni, se si pensa che in trasferta hanno perso meno dei giallorossi le sole Mantova e Brescia (6 volte) e Atalanta (5 volte).
Un grande Catanzaro, insomma, che spicca tra le squadre che hanno conquistato il maggior numero di vittorie (17 come l’Atalanta e con il solo Bari che ha fatto di meglio con 19), il minor numero di pareggi (7 come Novara e Cesena con il solo Perugia a quota 6) e il minor numero di sconfitte (8, contro le 6 di Atalanta e le 7 del Mantova e del Brescia).

Il Mammì che non ti aspettavi

E, a proposito di numeri, ecco quelli dell’attacco e della difesa giallorossa. In questo trionfale campionato il Catanzaro ha segnato 37 reti, che ne hanno fatto la sesta squadra con il migliore attacco (a pari merito con il Novara) del torneo. La difesa, invece, con 27 reti subite (quante quelle del Brescia e del Perugia) risulta la quinta meno battuta. Questi gli autori delle reti giallorosse: Mammì 9, Gori 7, Musiello e Banelli 4, Busatta, Braca e Ciannameo 3, Silipo e Bertuccioli 1.
A queste segnature sono da sommare anche due autoreti a favore.

..la macchina di Seghedoni nella memoria di oggi sembra quella di Diabolik,
Banelli viaggiava in mini minor, Braca in 124 Sport,
Bartoletti (che mi dava i passaggi “fino al ponte”) in GT,
Ciannameo (che dipingeva) sembrava Dalì,
Silipo (che scriveva poesie) sembrava Pavese,
Marini sul campo Tex Willer con pistole alla cintola,
Mammì Charlie Chaplin con gli occhi tristi e all’ingiù,
le spallucce dimesse ma poi finalmente sotto “le luci della ribalta”,
Musiello un alpino, gli mancava solo il cappello,
Bertuccioli un eroe per la brutta frattura subita,
Pozzani Zorro tutto vestito di nero, Benedetto chissà perché un ex seminarista,
Barbuto uno della tribù, Barone uno che poteva diventare Rivera,
il silenzioso Romeo (che era di Bagnara) uno del paese,
Massari per la barbetta o il passo del cow boy lo chiamavano Ringo,
Busatta “cavallo” e lui s’incazzava, Gori “Calimero” e se la rideva,
Franzon “il professore”…

a.m. (da “Aquile Alé”, n. 1, maggio 97)

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