Di Adriano Macchione
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Da Novara il nuovo corso
Il girone di ritorno inizia per i giallorossi con una difficile trasferta in quel di Novara. Una specie
di derby, perché secondo tradizione sul campo piemontese, quando è di scena il Catanzaro,
affluiscono moltissimi tifosi calabresi emigrati in Piemonte, Lombardia e Liguria. Per l’occasione,
sugli spalti del vecchio stadio novarese sono presenti 5.000 spettatori. Il clima, stavolta, è anche
abbastanza infuocato a causa di alcuni manifesti antisudisti, di tema politico, apparsi sui muri di
Novara prima della gara. Anche se Bossi è ancora un ragazzo e la Lega lontana a venire (ma di
sicuro già nell’animo malsano di molti)…
Il Novara si presenta privo di ben tre titolari mentre nel Catanzaro rientra Silipo al posto di
Barbuto e torna il possente Musiello al centro dell’attacco con Angelo Mammì che prende stavolta
la maglia n. 7 che era stata di Ciannameo (destinato alla tribuna). In panchina va Gori. Nei primi
venti minuti la scena è tutta per i padroni di casa, con Pozzani in giornata di vena ad ergersi a
baluardo insuperabile, soprattutto nelle uscite, acrobatiche e coraggiose. Poi, all’improvviso, vien
fuori il Catanzaro ma “al 21° e al 22° Mammì fallisce clamorosamente due palle-gol, solo, davanti
al portiere”, così come riporta “Il Tempo”. Per l’attaccante giallorosso non è giornata. Nel
seguito, al 39° il Novara protesta invano per un fallo di mani in area di Banelli, quanto mai
involontario. Vizietto di giornata, quello delle proteste per un rigore non accordato, in quanto in
altre due occasioni i padroni di casa avevano letteralmente gridato allo scandalo perché il direttore
di gara non aveva fischiato un’ipotetica massima punizione.
Concluso il primo tempo sullo 0-0, nell’intervallo Seghedoni sostituisce Mammì con Gori. Capita
per la prima volta nella stagione, a conferma della giornata non proprio eccezionale del centravanti
reggino. La ripresa, poi, si tinge di giallorosso: sfiorato al 4° il gol con il precipitoso Banelli che a
porta vuota sbuccia la palla come un dilettante qualsiasi, il Catanzaro si porta in vantaggio al 9°:
punizione per i giallorossi, tocco breve di Braca per il dinamitardo Busatta che nella rincorsa
sembra un “carrarmato” e che poi sgancia una bomba a velocità supersonica che gonfia la rete.
Per il mediano giallorosso, il migliore in campo in senso assoluto, è l’apoteosi.
Poi è “un vero e proprio arrembaggio” del Novara, che “nella seconda parte del gioco si era
accattivato il favore dell’arbitro”, ma Pozzani, “altro protagonista del successo dei calabresi”, “si
esibiva in ottimi interventi”.
A cinque minuti dalla fine, purtroppo, è espulso lo stesso Busatta, già ammonito per gioco
scorretto, pescato in una spinta a Iacomuzzi, un falletto forse un po’ plateale, ma certamente non
grave, come poi negli spogliatoi lo stesso mediano fa osservare, amareggiato per la certa
squalifica..
“Catanzaro in cattedra a Novara” è il titolo a tutta pagina de “Il Tempo”. E nell’articolo delle
interviste, il titolo è per le dichiarazioni dell’allenatore del Catanzaro. “Seghedoni: è stata la
vittoria del contropiede”.
Per i tifosi giallorossi emigrati al nord davvero una soddisfazione enorme in quel particolare
periodo. Alla faccia delle scritte sui muri.
Dopo l’importante vittoria di Novara (la seconda in trasferta del campionato dopo quella della
seconda giornata in casa dell’Arezzo) il Catanzaro ospita in casa proprio la compagine aretina, per
una sfida attesa con molta curiosità: ben sei ex in campo! E’ il giorno di San Valentino e
s’intrecciano antiche storie d’amore. E, a proposito di storie d’amore, tiene banco, quella
domenica, un grande matrimonio celebrato proprio il giorno prima: in Sudafrica, a Johannesburg,
si è sposato uno che i “cuori” sa come trattarli. In tutti i sensi. E’ Christian Barnard, 47 anni, autore
del primo trapianto cardiaco della storia, convolato a seconde nozze con una ricca ereditiera.
Oltretutto appena 18enne. Della stessa età della prima figlia del prestigioso chirurgo e di un anno
più grande della seconda. Oltre che trapiantarli, commenta la gente, i cuori sa anche trapanarli, il
grande cardiochirurgo.
Storie di amori antichi, storie di ex, dicevamo: nel Catanzaro c’è Benedetto, nell’Arezzo il mister
Ballacci, i mai dimenticati difensori Micelli e Tonani, il centrocampista Orlandi e l’attaccante
Benvenuto, ai quali si aggiungono tre ex giocatori del Crotone, il difensore Parolini, il
centrocampista calabrese Pupo e l’attaccante Galuppi, e l’ex centrocampista della Reggina
Camozzi. Peccato che nelle file aretine manca Farina, un altro ex.
In tribuna, si rivede Bertuccioli, in convalescenza. Ingessato e zoppicante, è salutato da un
applauso scrosciante del pubblico.
Seghedoni schiera in tandem Gori e Mammì (di nuovo n. 9) con Musiello destinato alla panchina.
Angelo non attraversa un buon momento di forma ma il mister, dopo averlo sostituito
nell’intervallo la domenica precedente, gli concede egualmente fiducia.
Al quarto d’ora per il Catanzaro è già tempo di gol: Gori scoiattola in area, fa saltare come un
birillo il pur esperto Micelli ma è atterrato dal più rude Vergani. Rigore sacrosanto. Tira lo stesso
Gori. 1-0 e palla al centro.
Il vantaggio, però, non dura molto. Al 33°, infatti, l’Arezzo perviene al pareggio. Cross di
Benvenuto, raccoglie di testa Galluppi e devia in porta spiazzando il sorpreso Pozzani. Si mette
male ma, nell’intervallo, ci pensa Seghedoni: fuori Bartoletti e dentro Musiello. Poi, come avrebbe
scritto Salvatore Quasimodo se fosse stato un giornalista sportivo, è subito… gol: Braca, smarca
intelligentemente Mammì che, altrettanto ingegnoso, mette al centro con precisione e rapidità.
Gori cerca di saltar su ma piccolino com’è non riesce a colpire il pallone. Ci vorrebbe una scala.
Disorienta però i difensori avversari che trascurano così la posizione raggiunta da Musiello,
lasciato senza marcatura. Il pallone arriva proprio a quest’ultimo che senza pensarci due volte lo
scaraventa in rete con una botta secca. Eccezionale e fortunata, quindi, l’intuizione di Seghedoni di
schierare all’inizio della ripresa Musiello sostituendo un difensore, nella circostanza Bartoletti. Ma
l’Arezzo, orgoglioso come il suo allenatore Ballacci, non ci sta a perdere e si riversa
immediatamente in attacco. Al 9° è “quasi pareggio”: segna Benvenuto ma irruento com’è, carica
il portiere e il gol è giustamente annullato. Poi, al 24° il “clou”. Lazzaroni di Milano concede un
giusto rigore all’Arezzo. Un rigore che sembra non avere fine. Tira Camozzi ma Pozzani respinge.
Il portiere, però, si è mosso in anticipo. Sulla respinta si catapulta Benvenuto, lesto nonostante la
mole, ma il furbo Benedetto da tergo lo butta giù, tanto, pensa, due rigori consecutivi, quando mai
si sono dati? E invece, i conti se li fa male. L’arbitro trilla con il piglio del capostazione e,
infischiandosene di Paganini, indica ancora una volta il dischetto. Gli aretini applaudono e gli
fanno una… sviolinata. Nuovo rigore e poco importa agli ospiti se è per l’atterramento di
Benvenuto o per l’anticipo con cui si era mosso l’istintivo e frettoloso Pozzani. Va sulla palla di
nuovo Camozzi col passo del camoscio. Tira e stavolta batte il portiere giallorosso. Ma Benvenuto
si è portato in area prima del tiro (immaginando una nuova respinta o un nuovo rigore?) e l’arbitro
ovviamente fa ripetere il penalty. Al terzo tiro di Camozzi, vola Pozzani e para. Tutti guardano
Barbaresco, sì, stavolta tutto è regolare. Finalmente. E i cuori giallorossi si calmano. Un rigore
tirato tre volte, “…tu chiamale se vuoi, emozioni”, canticchia la gente.
Alla fine, Ballacci cerca di sorridere ma nell’animo non è tanto sereno e lo si capisce facilmente.
La sconfitta non l’ha proprio digerita, soprattutto per il fatto che ci teneva molto a fare bella figura
nella sua Catanzaro, come poi dice nelle interviste post gara.
Reduce da due vittorie consecutive, il Catanzaro si reca fiducioso in trasferta a Pisa. Seghedoni
presenta sin dall’inizio Musiello (autore della seconda rete contro l’Arezzo subentrando da
panchinaro) in tandem con Gori (autore invece della prima segnatura). Mammì, così, per la prima
volta in questa stagione, è mandato in panchina, considerando il suo momento di appannamento.
Ma al 20° del primo tempo Busatta è vittima di uno stiramento e così Angelo fa il suo ingresso in
campo. Per Pierluigi, invece, si prospetta una lunga assenza dai campi di gioco.
La gara a tratti è molto emozionante ma alla fine termina a reti bianche, con i giallorossi che
continuano la piccola serie positiva. “Imbattuto il Catanzaro” è il titolo su quattro colonne de “Il
Tempo”. La partita, poi, è condensata tutta nel sottotitolo: “prevalenza degli ospiti nel primo
tempo e del Pisa nel secondo. Gol di Musiello annullato. Occasioni da rete sciupate dagli opposti
attacchi”.
A questo punto, di fronte al “nuovo” Catanzaro degli ultimi turni, la gente di fede giallorossa si
chiede “che sarà”. E, sull’onda dell’ultimo festival di Sanremo conclusosi da poco, qualcuno se lo
chiede anche in musica. Così come avevano appena fatto all’ultimo festival il grande Josè
Feliciano, il cantante cieco brasiliano, che aveva cantato in coppia con un nuovo gruppo vocale, i
Ricchi e Poveri.
E, a proposito di musica, altre canzoni dell’importante manifestazione canora che fanno epoca, e
che a volte in versione raucheggiante i raffreddati ed arrugginiti altoparlanti del “Militare” faranno
ascoltare prima dell’inizio delle partite, oltre a “Che sarà”, sono “Il cuore è uno zingaro” di Nicola
Di Bari e Nada (che vincono il festival), “4-3-1943” di Lucio Dalla e dell’Equipe 84 (quella del
bell’uomo che veniva dal mare…) e “Sotto le lenzuola” di Adriano Celentano (che, furbacchione
ed egoista, per vendere il disco senza alcuna concorrenza, a Sanremo ha scelto di cantare in coppia
con un coro alpino che venderà quasi niente). A Sanremo, in gara c’è stato anche un calabrese.
Mino Reitano? No. Il nome d’arte è Pio e basta. Viene da Paola ed è compaesano del giallorosso
Alfredo Ciannameo. Ma i due neppure si conoscono. Nel panorama musicale, comunque, Pio non
passa del tutto inosservato. E’ sua, infatti, una canzone molto gettonata al tempo, che s’intitola
“Ma che bella giornata” e che racconta dei molti fastidi che affliggono quotidianamente l’uomo.
Pio, una specie di Rino Gaetano ante litteram, dopo quel breve periodo magico, in seguito non
avrà molta fortuna.
Si va, si va, si va…
Un Catanzaro in gran forma, in serie positiva da qualche giornata, ospita il Como, la squadra che nel girone d’andata aveva sconfitto per prima i giallorossi, interrompendo lo splendido inizio di campionato costellato da tre vittorie consecutive. Nella squadra di Seghedoni c’è voglia di rivincita. Chi, più di ogni altro, è assetato di vendetta è proprio il mister catanzarese beffato all’andata da Maino Neri, suo amico, concittadino e vicino di casa a Modena. Una sconfitta, quella dell’andata, amichevolmente indigeribile. Non basterebbero camionate dei famigerati confetti Falqui del mitico Tino Scotti e vagonate degli Antonetto di Nicola Arigliano, cavalli di battaglia del “Carosello” in onda alla sera. In vista dell’importante partita, si preannunciano le assenze “pesanti” di Busatta e Silipo ma già durante la settimana Seghedoni si adopera per preparare i rimedi più giusti. Analizzate tutte le possibilità d’impiego dei propri giocatori, annuncia una formazione inedita, sia nei numeri di maglia che nello schieramento tattico. Infatti, a terzino sinistro, con il n. 4, schiera Banelli, a stopper con il n. 3 schiera Bartoletti, a laterale di centrocampo, al posto di Busatta, incredibilmente il ferreo Musiello, per la prima volta utilizzato in questo ruolo. Franzon, nel solito ruolo di regista quasi metodista, indossa in questa partita la maglia n. 6. Questa, in definitiva, la formazione giallorossa: Pozzani; Marini Bartoletti; Banelli Benedetto Franzon; Gori Musiello Mammì Braca Ciannameo. Insomma, un’altra performance di scienza calcistica! Poi, finalmente, si gioca. E qui nasce un’altra partita epica. A Catanzaro nevica, nevica e poi ancora nevica, neve lenta e fioca sin dalle prime ore del mattino, manca solo Zanna Bianca ma gironzolano cani sanbernardi, fa un freddo che pare s’intravedano orsi da ghiacci polari, un freddo che non si può spifferare neppure il classico “brrr” perché le labbra sono congelate come baccalà, tira un vento che più che un vento sembra un tifone, ma sugli spalti ci sono (anzi: c’eravamo!) la bellezza di 2.500 spettatori che la “Gazzetta del Sud” definirà coraggiosi. Ci fosse stato un lago, sarebbe sembrato di stare a Como. Una giornata tremenda, fatta su misura per starsene in casa, magari davanti al televisore ancora in bianco e nero a vedere uno di quei bei film di una volta. Due giorni prima era morto l’attore francese Fernandel, il famoso Don Camillo e la Rai ne proponeva senza interruzione varie pellicole. Una volta sugli spalti, qualcuno rimpiange di esserci venuto. Meglio a casa con Beppone e Don Camillo. Ma poi, ecco la partita. Si dimentica tutto, non si sente più neppure il freddo e si pensa solo alla vittoria dei giallorossi. Il Catanzaro parte all’attacco e dopo dieci minuti di gioco è già in vantaggio: cross lungo di Ciannameo per la testa di Mammì, tanto lungo che supera anche il portiere e che sembra andare ad adagiarsi in fondo alla rete. Ma ecco sbucare Gori che, in considerazione del vetusto “non si sa mai…”, non si tira indietro per il tocco definitivo e del gol “sicuro”. Raggiunta la segnatura, però, la squadra giallorossa lentamente lascia sempre più spazio alle avanzate degli azzurri che, dopo un lungo dominio territoriale, al 18° della ripresa acciuffano il pareggio con Magistrelli e poi, subito dopo, sbagliano il gol del raddoppio. Stavolta i brividi non sono di freddo ma di tutt’altra specie. Seghedoni, in panchina, s’arrabbia e smania, rimprovera con durezza i suoi giocatori, minaccia di trasformare i sanbernardi in mastini napoletani, ma nello stesso tempo li incita ad una pronta reazione. Poi, al 24°, il mister estrae dal cilindro di prestigiatore la mossa vincente: richiama Musiello e inserisce il giovane Barone, un ragazzo catanzarese dalla classe certa ma dal fisico esile, una carta velina, mezzala della “De Martino” di Umberto Sacco, aggregato spesso ai titolari. Il pubblico storce il muso: e no, Musiello era stato uno dei migliori in campo, non sarebbe dovuto proprio uscire. E invece, diavolo di un Seghedoni, le azzecca proprie tutte. Continua a cadere la neve, senza posa, a volte lenta, a volte in autentiche raffiche portate dal vento impietoso ed impetuoso, il manto erboso è ormai una distesa bianca come non si era mai vista ne mai si sarebbe più veduta al “Militare”, si arriva ad una coltre di cinque centimetri, l’aria di bianca nebbia rende tutto invisibile più del nero del buio, qualche flash che lampeggiava dietro la porta sembrava la lanterna del faro nella tempesta notturna, la luce che indicava l’uscita dai meandri di quell’inferno. Ed ecco in siffatto irripetibile teatro calcistico che al 28° Barone, come per trovare coraggio, inspira e poi ispira l’azione buona, quella del raddoppio. Da Barone a Banelli a Mammì, “intelligente tocco smarcante” per il furetto Gori che irrompe di testa sul pallone (incredibile ma vero: di testa!) ed è un gol da applausi. Giusto quello che ci voleva per scaldarsi le mani. Passano appena altri tre minuti ed ecco un nuovo capolavoro. L’artista di rito è Angelo Mammì: “il centravanti palleggia due volte in area poi di destro spara un tiro a mezza altezza angolatissimo che sorprende nettamente l’estremo difensore lariano”, riporta la “Gazzetta del Sud”. Sugli spalti i tifosi esultano come impazziti. E per la prima volta si sente un grido che in seguito diventerà “storico”: <<Si va, si va, si va in Serie A>>. I fieri inventori sono i tifosi, magnifici, del quartiere San Leonardo. Ben presto questo slogan girerà per tutti i campi d’Italia dove giocherà il Catanzaro. E sarà ripreso anche negli anni seguenti, quando la squadra si ritroverà di nuovo a lottare per la promozione in Serie A. Era nato un leit motiv. Al 90°, quando le infreddolite e raffreddate radioline di “Tutto il calcio minuto per minuto” danno i risultati finali della Serie B, ci si accorge che il Catanzaro si ritrova in solitudine al quarto posto, a soli tre punti dal Bari che occupa la terza posizione e a quattro dall’Atalanta che occupa la seconda.
Poi la festa continua negli spogliatoi. E Ceravolo pare impazzire: premi doppi per tutti, quando
mai s’era visto? Poi, ecco uno schioppettio. Sono tappi di bottiglie di spumante. Sì, è proprio una
festa. Fuori continua invece a nevicare e sembra quasi di essere a Natale.
“Il Catanzaro è in zona promozione”, titola il giorno dopo la “Gazzetta del Sud”. E sì, la Serie A è
ormai ad un passo, a portata di mano, i tifosi se ne accorgono e cominciano a crederci ciecamente.
E su Mammì, ecco quanto scrive oltre al già scritto, la “Gazzetta del Sud”: “Ha trovato in Gori il
risolutore ideale dei suoi passaggi decisivi anche oggi rapidi e precisi. Magnifico il palleggio e la
conclusione del terzo gol”.
E lui: <<Sono soprattutto contento di aver preso confidenza con il gol. Ne avevo proprio bisogno
per riprendere fiducia. D’altro canto credo di essermelo meritato dopo tanti tentativi>>.
San Paolo “A”rrivederci
In un clima euforico per la nuova brillante classifica, il Catanzaro nel turno seguente è ospite del
Taranto sul neutro del San Paolo di Napoli per la squalifica del campo dei pugliesi. “Per Viciani e
Seghedoni derby in castigo: Napoli”, questo uno dei titoli del “Corriere dello Sport” in sede di
presentazione della partita. Nel Catanzaro rientra Silipo al quale lascia il posto in squadra Musiello
che va in panchina (per subentrare nell’intervallo a Gori). Si torna così a uno degli schieramenti
tipici e anche alla solita numerazione di maglia.
Le cose si mettono subito male per i giallorossi in quanto, già al 5°, il Taranto va a segno con un
gol di Colautti.
Il Catanzaro accusa il colpo, poi, pian piano si riprende e reagisce con orgoglio. Il primo tempo,
comunque, termina con i rossoblu tarantini in vantaggio. Nella ripresa il Catanzaro cerca il gol del
pareggio, ma, l’impresa si fa sempre più ardua man mano che i minuti scorrono verso il 90°. E si
arriva alla fine e tutto sembra perduto. Ma proprio allo scadere, a soli tre minuti dalla fine, ecco
finalmente la tanto attesa rete che riagguanta il risultato. L’indomabile Banelli, di nuovo eroe del
giorno del Catanzaro, regala con uno dei colpi del suo repertorio un punto che è oro colato. Poi,
sparisce. Già piccolo piccolo di suo, è sommerso da dieci macigni esagitati ed ebbri di gioia.
Macigni con una maglia giallorossa. I suoi compagni.
Ed ecco il 14 marzo: il calendario dice che è il turno di Catanzaro-Reggina. E invece, così come
all’andata, l’appuntamento salta ancora una volta. Motivi di ordine pubblico, il clima creatosi per
le tristi vicende dell’assegnazione del capoluogo non è ancora sereno, si temono incidenti. E
dall’alto arriva l’ordine: della partita se ne parla un’altra volta.
E che se ne parla un’altra volta lo dice anche il ministro degli Interni Franco Restivo.Tra l’altro
rivela alla Camera un tentativo andato a vuoto di colpo di stato da parte di neofascisti capeggiati
dal principe Junio Valerio Borghese in data 7 dicembre 1970: “il principe del golpe”, scrivono i
giornali.