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venerdì 13 Dicembre 2024

Quel numero nove e i suoi compagni – Capitolo XXIV

Di Adriano Macchione

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Sognando il “Derby del Sud”

Reduce da ben tre sconfitte consecutive, il Catanzaro ritorna al “Militare”, ospite il Napoli di Zoff,
Sormani, Altafini e Improta, gli dei del Vesuvio. Ma c’è un napoletano che, in questi giorni, in
quanto a popolarità, li ha oscurati tutti in una volta, gli idoli di Napoli. Per avere un caso simile di
popolarità si dovrà aspettare “l’era Maradona”. Ma chi è questo napoletano sulla bocca di tutti in
quei giorni del Natale 1971? E’ Giovanni Leone, eletto il 23 dicembre presidente della Repubblica,
sesto della serie. A dispetto del nome, di leonino nel fisico ha ben poco: bassino e anzianotto,
capelli e baffetti bianchi, faccia buona e simpatica, dell’austerità del presidente sembra avere pochi
epici requisiti. Ma il presidente è sempre il presidente, Alighiero Noschese ne propone con molta
assiduità l’imitazione e lo rende ancor più “popolare”. A Napoli sperano in qualcosa di buono per
la città. Gli inizi del presidente sono gloriosi, il finale un po’ meno. Leone, infatti, sarà costretto a
lasciare il suo mandato nel 1978, con qualche anticipo sulla scadenza, a causa dello “scandalo
Lockheed”, una storia di mazzette tra l’industria aeronautica che produceva gli Hercules da
trasporto e qualche politico italiano. Affiorerà anche il suo nome, insinuazioni e nessuna prova
certa. Ben presto il presidente è “mollato” dagli amici democristiani e costretto a fare le valigie dal
Quirinale. Più che colpe sue, paga qualche leggerezza dei figli, verso i quali aveva un’indulgenza
eccessiva. Ma i figli, si sa, soprattutto a Napoli, “so’ pezzi ‘e core”. Alla fine, di lui, restano
barlumi di ricordi, un figlio che sposa la sorella maggiore di Ornella Muti, che con il cognome

Torino-Catanzaro (1-0). Nella prima foto, il gol di Agroppi. Nella seconda,
Carelli raccoglie il pallone in fondo alla rete di Bertoni mentre il numero 6 Agroppi esulta.

battesimale si chiama Claudia Rivelli e che è ancor più bella della stessa Ornella. Claudia Rivelli al tempo è una famosa attrice di fotoromanzi (per quanto poteva essere famosa un attrice di siffatto genere), quelli diffusissimi della “Lancio”. Dove, nella stessa scuderia, imperversa l’ormai mitico Franco Gasparri, il bello per antonomasia, un grande “eroe” del tempo, che poi un triste destino vorrà paralizzato su una sedia a rotelle per molti anni e sino alla fine prematura dei suoi giorni (avvenuta in tempi recenti). La storia di Leone finisce che… Maradona almeno lasciò uno scudetto. Uno scudetto che, invece, è meta irraggiungibile per il Napoli che in quel 1970 viene a Catanzaro (e che irraggiungibile resterà per parecchi anni ancora). Squadra di centroclassifica, quella degli azzurri partenopei, abbordabile per i giallorossi. Seghedoni ripresenta il rispolverato Pozzani in porta, dopo che Bertoni non si è rivelato un portiere imbattibile e cambia volto alla difesa, schierando Maldera libero, inserendo Zuccheri con Pavoni e D’Angiulli per completare lo schieramento ed escludendo Benedetto. In attacco conferma il quintetto avanzato della settimana precedente, con Carella al posto di Gori e Mammì e Spelta di punta. E’ il giorno di S. Stefano e dopo aver consumato il cenone di Natale si pensa già a quello di Capodanno. Gli italiani si fanno i conti in tasca: il pane costa 190 lire al chilo e rispetto all’anno precedente è aumentato di 100 lire. C’è chi grida allo scandalo. Costa la vita, eccome: un quotidiano, che appena un anno prima lo si comprava con 70 lire, ora ne vale 90, per andare al cinema ci vogliono 500 lire, per sfoggiare un paio di scarpe di media qualità addirittura 7.500 lire. E’ tempo di feste, tutti si sentono più buoni e non ci pensano granché, all’aumento dei prezzi, che ovviamente nel 1972 avranno un’altra impennata. Tutti sono presi dalla smania di regalare qualcosa, come da tradizione. Solo il Napoli non farà al Catanzaro il benché minimo dono di Natale. Dopo un primo tempo conclusosi a reti bianche, nell’intervallo Seghedoni sostituisce Carella con Gori nel tentativo di riuscire a scardinare la difesa del Napoli. Ma la porta di Zoff rimane inviolata e così la partita termina sullo 0-0. <<Che bella vita, potevo passarmi il Natale a casa, che era meglio…>>, pare commentare il portiere. Molti complimenti, invece, vanno a Mammì, anche se non per lui non è stata creata alcuna azione da gol: <<Avrei preferito giocare male e segnare>>, dice il centravanti. In classifica, per i giallorossi, le cose restano grosso modo come prima, ma niente comunque è ancora perduto. Conoscendo la grinta di Seghedoni, tutto si può dire, ma non che i giallorossi siano già spacciati. E’ il 2 gennaio 1972, e il Catanzaro si ripromette di cominciare nel migliore dei modi il nuovo anno. La partita in calendario propone uno scontro all’ultimo sangue contro un Bologna messo malissimo in classifica, tanto da contare gli stessi punti dei giallorossi, insieme ai quali condividono il penultimo posto in classifica. Nelle file del Bologna, però, militano molti ottimi giocatori, con Fedele e Savoldi particolarmente sugli scudi. Tra gli altri, anche “un certo” Bruno Pace (futuro allenatore del Catanzaro in Serie A da lì ad una decina di anni a venire). Nel Catanzaro Seghedoni ridà fiducia a Carella con un’insistenza quasi fastidiosa e ripresenta anche Gori nell’undici di partenza al posto di Mammì. Purtroppo, solo il mister vede nel piccolo Carella qualità che nessun altro scorge. Questione di punti di vista. Anzi, di …svista. L’obiettivo minimo di giornata è un pareggio, ma il programma dei giallorossi è subito messo in crisi, in avvio di partita, da Beppe Savoldi che già al 2° minuto porta in vantaggio i padroni di casa. Al 29°, poi, è ancora lui, Savoldi, a raddoppiare e a chiudere in pratica la partita. Che pi, all’improvviso, si riapre al 32° della ripresa: Banelli devia in porta alla sua maniera, sulla linea salva con le mani l’ala Perani, è rigore netto, batte Spelta ma il portiere Adani respinge, per fortuna ribatte il lesto Busatta e finalmente manda in rete un pallone che pare non avere davvero nessuna voglia di entrarci. Ma è troppo tardi per rimontare mancando appena tredici minuti alla fine. Negli spogliatoi Seghedoni si lamenta: <<Nella prima mezzora trenta punizioni contro il Catanzaro!>>. Alla media di una al minuto, se non è record poco ci manca. <<Certo la mancanza

La nuova Tribuna Coperta del “Militare”.
L’intelaiatura in costruzione e il lavoro ultimato.

di Mammì è nociuta parecchio, sarebbe stato come dire se il Bologna oggi avesse giocato senza Savoldi>>, riporta un quotidiano sportivo.
In classifica il Bologna, dopo questa importante vittoria, lascia il Catanzaro in solitudine al
penultimo posto con i suoi 6 punti, davanti al solo Varese a quota 4. Precedono i giallorossi il
Mantova a 7 punti e un gruppetto composto da Vicenza, Bologna e Verona a 8 punti. Insomma,
per la squadra di Seghedoni, è crisi bella e buona ma nonostante i cattivi risultati, il campionato,
classifica alla mano, appare ancora tutto da giocare. Certo, un po’ di fortuna non avrebbe certo
guastato. Ma qualcuno ricorda che la dea bendata aiuta gli audaci, e il Catanzaro non è certo
squadra che ama rischiare. Ma la fortuna, a volte, prende nel mucchio. Così come capita secondo
prassi nella settimana seguente. Va in onda la finale di Canzonissima e parecchi italiani diventano
di botto milionari. Per loro, Nicola Di Bari, che si aggiudica la manifestazione con “Chitarra suona
più piano” diventa un… indimenticabile della musica leggera italiana. A Catanzaro, neppure uno
dei famosi premi di consolazione.

Mammì secondo gol in Serie A

Reduce dalla mortificante Bologna, il Catanzaro ospita la Roma del “Mago” Helenio Herrera, un
avversario che Seghedoni conosce bene per averlo affrontato nella stagione precedente nella fase
iniziale della Coppa Italia.
Il mister, come sempre, studia la situazione nei minimi dettagli e vara la propria formazione partita
per partita. Così, ancora una volta, cambia faccia alla squadra giallorossa inserendo Mammì, Braca
e Bertuccioli ed escludendo Zuccheri, Carella e Gori.
Un particolare importante di questa partita: per la prima volta affioravano le sembianze della
nuova Tribuna Coperta. Nella partita precedente con il Napoli c’erano ancora solo le gradinate (già
inaugurate contro l’Inter), con la Roma, invece, fanno la comparsa le colonne di sostegno in ferro e
l’intelaiatura superiore che rivestita poi in lamiera costituirà la copertura vera e propria della
tribuna. Ma ecco la partita. Il Catanzaro attacca sin dall’avvio ma è la Roma ad andare per prima
in vantaggio con “l’antipatico” Zigoni al 23° del primo tempo, lasciando presagire un’altra giornata
nera per il Catanzaro.
Nella ripresa, però, gli uomini di Seghedoni si buttano forsennatamente in attacco. Al 4°, su un
corner di Braca, svetta Mammì ma respinge sulla linea Del Sol. Poi, al 14° ecco il pareggio:
punizione di Braca ed ecco ancora Mammì che, irraggiungibile, svetta di testa e buca finalmente la
porta fino a quel momento quasi stregata della Roma. Per il centravanti, finalmente, è arrivato il
secondo gol stagionale. La Roma, a questo punto, s’impaurisce e al 24° sostituisce con un
centrocampista la punta La Rosa (che poi in futuro militerà per una stagione anche nel Catanzaro
di Di Marzio). Seghedoni risponde subito e sostituisce a sua volta il terzino Pavoni (marcatore di
La Rosa) con Ciannameo, un attaccante. Un minuto dopo Spelta colpisce la traversa ed Helenio
Herrera trema. Poi, di riffa o di raffa, la Roma arriva la 90° sul pareggio. Ma deve dire un grazie
quanto il… Colosseo al suo portiere, la giovane riserva Quintini. Piccolo di statura, tondo come
una “o” di Giotto, ma agile e scattante, si è prodotto in più di un intervento miracoloso salvando la
squadra del “Mago” dalla sconfitta. La sua prova, stupefacente, rimane memorabile, anche se il
giorno dopo, sui giornali, non tutti l’apprezzano. C’è chi scrive che ha parato tutto e chi invece che
è stata una sciagura! Nel seguito, il portierino ritornerà dietro le quinte e non farà carriera (ora che
sono passati oltre trent’anni, Quintini chissà che farà nella vita, ma stia pur certo che, almeno a
Catanzaro, tanti tifosi doc se lo ricordano bene, lui e quelle sue parate…).
In classifica, dopo questo pareggio, il Catanzaro aggancia a 7 punti il Mantova. Davanti ai
giallorossi, Bologna e Verona a 9 e il Vicenza a quota 10. In coda, sempre più staccato, il Varese,
fermo sempre a 4 punti: un posto per la B è già prenotato. Durante la settimana successiva alla
partita con la Roma, prende il via, sul “Corriere dello Sport”, un inchiesta (addirittura a puntate)
sul momento, classifica alla mano, non entusiasmante di un Catanzaro che stenta a decollare. Nella
prima puntata si parla di Maldera. “Pesa sul Catanzaro l’equivoco Maldera”, diceva il titolo. E
nel lungo articolo si spiega perché il nuovo acquisto giallorosso, giocatore di fama ed esperienza, il
più costoso di tutta la storia calcistica di Catanzaro, sia da ritenere al momento una ciambella non
riuscita perfettamente con il buco. Innanzitutto si rileva che se fosse arrivato Monticolo, non
sarebbe arrivato Maldera e che con gli stessi soldini si sarebbe potuto acquistare, finalmente, un
bomber… da 150 milioni, altro che… Carella. In secondo luogo, si rileva che il rendimento
dell’atleta non è stato il toccasana della difesa così come si sperava. Infine, che lo stesso Maldera,
oggettivamente, ha commesso qualche errore di troppo e costato abbastanza caro. Tra l’altro,
acquistato come stopper, Seghedoni lo ha trasformato in libero. Questa al momento l’analisi. Ma
c’è da aggiungere, però, che nei confronti di Maldera, giocatore valido e serio (e probabilmente
sopravalutato al momento ben oltre le sue possibilità), il tempo sarà poi galantuomo.

Catanzaro-Roma (1-1). Parata del portiere romanista Quintini.
Da notara la Tribuna Coperta non ancora ultimata.
Angelo Mammì in allenamento e Giampiero D’Angiulli prima di Catanzaro-Roma (1-1).

Un primo spareggio stavolta fortunato

Dopo la gara con la Roma, il Catanzaro si ritrova sul cammino una gara difficilissima e della
massima importanza, la sfida nella tana del Verona, diretta concorrente nella lotta per la salvezza e
che in classifica precede, al quartultimo posto insieme al Bologna a 9 punti, la coppia di penultime,
Catanzaro e Mantova a quota 7. Una sconfitta al Bentegodi porterebbe i giallorossi a quattro punti
di distanza in classifica dai veneti, in pratica un avversario in meno contro il quale giocarsi la
permanenza in Serie A. E considerando che anche il Bologna, che ospita in casa il Napoli, ha la
possibilità di fare punti, si capisce quanto questo Verona-Catanzaro sia decisivo per le sorti della
squadra di Seghedoni: perdere significherebbe giocarsi molte chanches di salvezza.
I giallorossi si presentano in campo con la stessa formazione che si è ben battuta contro la Roma.
Arbitro, addirittura, è Concetto Lo Bello. E già questo la dice lunga sull’importanza accordata alla
partita.
Concluso il primo tempo sullo 0-0, al 7° della ripresa il Catanzaro colpisce un palo con Angelo
Mammì, in giornata di buona vena. Poi si va verso il 90° con il cuore in gola. I giallorossi,
concentrati e decisi a non perdere, portano via lo 0-0 e restano più che mai in corsa per la salvezza.
Tra l’altro, Bologna-Napoli è finita in parità, 2 a 2. Meglio proprio non sarebbe potuta andare.

Il Catanzaro di scena a Verona (0-0).
In piedi: Pozzani, Spelta, Busatta, Mammì, Bertuccioli, Braca.
Accosciati: Maldera, Franzon, Pavoni, D’Angiulli, Banelli.
Angelo Mammì prima di Verona-Catanzaro (0-0).
Luigi “Gino” Maldera.

Gori su Rivera, e chi l’avrebbe mai detto

Ospite d’eccezione al “Militare”: davanti a 25.000 spettatori per un incasso celestiale (per Ceravolo) di 42 milioni, ecco il Milan, il grande Milan di Rocco e di Rivera, con i vari Sabadini, Rosato, Benetti e Bigon. Bella compagnia, che nella circostanza, tra l’altro, deve fare a meno di Schnellinger e di Prati, mica robetta. In porta, inoltre, c’è il lungo ed esperto Cudicini, che non prende reti da 542 minuti. Un Milan, secondo in classifica con 21 punti, ad una sola lunghezza dalla Juve capolista. Un Milan che tra le sue riserve annovera anche un certo Luciano Monticolo: già, proprio lui, l’uomo del papalino “gran rifiuto”. Che comunque è costretto a venire a… Canossa. Quando esce dagli spogliatoi dalla porticina sotto i “Distinti” per andare in “Tribuna”, pensa di farsi una… passeggiata. Invece è riconosciuto ed ecco per lui lazzi alla calabrese, improperi al veleno, insulti al vetriolo. Quando arriva sotto la “Tribuna”, pensa: <<E’ finita, finalmente>>. Invece… deve ancora cominciare. Piovono agrumi ed arance Sembra un pupazzetto del Luna Park, che se lo colpisci lo vinci. Fa un repentino dietro front e torna negli spogliatoi, dopo aver ricevuto un’altra raffica di agrumi al nuovo passaggio sotto i “Distinti”, dove copiano immediatamente i dirimpettai della “Tribuna”, anche sfottuti per non averci pensato loro per primi a quelle raffiche vendicatrici. Monticolo, poi, è fatto accomodare in Tribuna Stampa ed è da lì che seguirà la partita. Altro che tribuna numerata… Ma veniamo alla gara: il terreno è molto pesante per la pioggia caduta durante la settimana, fa freddo e piove. Seghedoni sfodera dal suo cilindro una mossa epica. Esclude il centrocampista Bertuccioli e inserisce l’attaccante Gori, confermando nello stesso tempo Mammì e Spelta. Il mister vuole giocare a tre punte contro il Milan, evidentemente è “pazzo”, dice la gente, ma fin qui niente di straordinario, il tutto rientra nella sfera di un “normale” suicidio tattico. E allora, dov’è la “mossa epica”? Il fatto straordinario è che il piccolo dribblomane Gori, ala pura, non gioca nel suo ruolo consueto, bensì in marcatura a centrocampo nientemeno su Sua Maestà Gianni Rivera, uno dei più forti giocatori d’Europa. Il diavolo non è il Milan, ma… Seghedoni. La mossa, infatti, riesce perfettamente. Il minuscolo Gori, agile, pimpante e sgusciante, si ritrova sempre in mezzo ai piedi del capitano rossonero e ne imbriglia i movimenti e il passo. Sul terreno pesante, poi, sembra ancor di più una molla. Una partita da ricordare per sempre, la sua. Per il resto c’è da dire che la sfida si dipana emozionante e intensa. Il Catanzaro attacca in continuazione e domina in lungo e in largo. Il Milan si salva, spesso, per il rotto della cuffia. Mammì disputa una grande partita, veloce, essenziale, coraggioso, altruista. Si vede che è abbastanza in forma. Al 14° del primo tempo ci rimette anche mezzo dente: cross di D’Angiulli, pallone a tre metri della porta, si butta con Anquilletti che, involontariamente gli rifila un pugno in bocca. Ma nonostante l’accidente, la deviazione è magica. Sembra gol, ma un grande Rosato gli ribatte sulla linea di porta un gol già fatto. Al 90°, la gente applaude Seghedoni, “Goriceu” e tutti gli altri giallorossi. Ci sono applausi anche per Rivera e i suoi compagni, Cudicini in primis, che dopo la partita di Catanzaro, ha portato il record d’imbattibilità a 632 minuti. Per eguagliare quello assoluto di Da Pozzo (a 781 minuti) dovrà resistere per altri 149, una partita e mezza. Impresa non difficile, a pensare che il prossimo avversario del Milan sarebbe stato lo spuntato Varese, fanalino di coda. Ma come andrà a finire la storia del record di Cudicini? Finirà che proprio contro il Varese, al 10° del primo tempo, “Ragno nero” ci rimette le penne. L’autore del gol? Il compagno Sabadini, per la più classica delle autoreti. E se si pensa che l’ultimo gol il portiere del Milan lo aveva subito dal Mantova (penultimo in classifica), si capisce come nel calcio non bisogna mai fidarsi di nessuno. Applausi per tutti, si diceva, eccetto che per un giocatore, il centrocampista Romeo Benetti. Giocatore roccioso e rude, da un po’ di tempo si sta rendendo protagonista di interventi che pare un caterpiller e più di un giocatore, scontratosi con lui, ne è uscito, letteralmente, con le ossa rotte.

Catanzaro-Milan (0-0). Nella prima foto, Cudicini para a terra protetto da Rosato, nella
seconda Anquilletti svetta su Spelta.

Una brutta storia, iniziata nel campionato precedente, con il giocatore del Bologna Franco Liguori che in pratica ci rimette la carriera. E continuata con altri scontri molto sfortunati per gli avversari del milanista. Per il buon Romeo (amante dei canarini, allevati con passione, che tenerone!), sembrava quasi una maledizione, entra sull’uomo e lo spezza. Capita anche a Catanzaro, al 22° della ripresa, con un brutto fallo a centrocampo su Spelta, che, poverino, rimane secco sul terreno di gioco. Il giocatore del Milan, canarini o non canarini, è subissato di fischi e vacilla la rete di recinzione. Si teme l’invasione di campo della folla inviperita. Spelta, per far calmare gli animi, torna in campo. Poi, dopo pochi minuti, deve alzare bandiera bianca e fa ritorno anzitempo negli spogliatoi. Mentre la leggenda di caterpiller di Benetti continuerà (e ci vorranno anni per capire che il buon Romeo sapeva anche giocare al calcio e che la sua fama era stata davvero figlia solo della sfortuna). A fine gara, negli spogliatoi, il Milan appare ben conscio di avere portato via un punto d’oro: <<Non sappiamo quante altre squadre avrebbero pareggiato contro un Catanzaro di questo tipo>>, dicono all’unisono i giocatori. Termina così, con questa giornata, il girone di andata. Anche se i giallorossi non hanno ancora vinto una partita, le cose non sono andate poi tanto male. La salvezza è ancora raggiungibile. Questa infatti la situazione in classifica: Atalanta 12 punti, Vicenza e Verona 11, Bologna 10, Catanzaro 9, Mantova 7, Varese 5. Solo che alle viste c’era un Catanzaro – Juventus che non promette niente di buono per i giallorossi (almeno secondo la critica del Nord). Una squadra che ancora non ha mai vinto in questo campionato, non si vede come potrà riuscire nell’impresa proprio contro i bianconeri primi in classifica.

Spelta in azione in Catanzaro-Milan (0-0).
Due immagini di Catanzaro-Milan (0-0). Nella prima, Anquilletti, Rosato, Mammì e Cudicini
osservano il pallone che si perde sul fondo, nella seconda, Cudicini in uscita mentre Rosato,
Dolci e Spelta seguono l’azione.

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