Di Adriano Macchione
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Mammì nella storia
Alla 1a giornata del girone di ritorno arriva al “Militare” la “Vecchia Signora” del calcio italiano.
E’ la Juventus di Furino, Morini, Salvadore, Causio, Capello, Anastasi e Haller, con il boemo
Vickpalek allenatore. L’intera metà della prima pagina del “Corriere dello Sport” la domenica
della partita presenta un grande titolo all’avvenimento: “Un Catanzaro serio e raccolto a
confronto della grande Juve”. Per la partita, scende in città anche il Direttore Antonio Ghirelli in
persona. In prima pagina, oltre naturalmente allo stesso Ghirelli, scrive anche Franco Recanatesi.
Questo un passaggio del suo lungo articolo: “Oggi, giorno di vigilia, Catanzaro era già saturo di
un’insolita effervescenza. Nelle strade, nelle case non si parla d’altro: c’ è la Juve; e non si
sospira altro: battere la Juve. Forse per la prima volta, nella sua storia, la società bianconera non
trova festeggiamenti solenni e codazzi di tifosi, anche se non v’è, nei suoi confronti, alcun segno di
ostilità da parte della sportivissima cittadinanza catanzarese”.
Ma non è proprio una vigilia calma. Risalta, infatti, anche un titoletto: “Un incidente tra juventini
e tifosi catanzaresi”. Questi i fatti: la sera di sabato la comitiva bianconera si reca in un cinema
cittadino, così come a quei tempi le squadre sono solite fare alla vigilia delle partite (altro che i
ritiri super blindati di oggi). Un ragazzino si avvicina ai giocatori per chiedere un autografo.
Francesco Morini, lo stopper, un “duro” in campo ma evidentemente anche fuori, rifiuta
scortesemente la firma. All’uscita del cinema, un tifoso catanzarese (probabilmente un parente del
ragazzino) per questo “antefatto” apostrofa senza garbo il portiere Carmignani, in verità innocente.
Interviene, innervosito, anche “Pietruzzu” Anastasi. Fortuna vuole che il capitano Salvadore
prende i due compagni sottobraccio e se li porta sul pullman. Finisce qui, con la Juve che si
allontana indisturbata, e si evitano spiacevoli conseguenze. L’episodio, in generale non lascia
strascichi gravi. Solo qualche fischio in più per Morini durante la gara, quando capita. Infatti,
quando le squadre scendono in campo, i preliminari sono all’insegna della massima sportività, con
i bianconeri che ricevono dai giallorossi caterve di fiori, che poi, a loro volta, lanciano sugli spalti.
Anche se, sulle scalinate del “Militare” non trovano una sola bandiera bianconera a garrire nel
vento. Per motivi di ordine pubblico, la dirigenza catanzarese ne ha vietato l’introduzione nello
stadio. Che così, di conseguenza, è tutto vestito di giallorosso. I juventini, però, la loro bella
testimonianza d’amore se la vedono tributata egualmente: un tifoso bianconero di Reggio Calabria
scorta la squadra in macchina dall’aeroporto reggino a Catanzaro, dorme nell’autovettura sotto
l’albergo dei giocatori, poi li segue fino allo stadio (sin dove possibile) e di seguito anche sulla via
del ritorno.
Ma ecco la partita. Lo stadio, naturalmente, presenta il “tutto esaurito” di rito, in ogni ordine di
posti. Per vedere lo squadrone più amato d’Italia si sono mobilitati tifosi e sportivi da tutta la
Calabria e perfino dalla Sicilia. Gli spettatori presenti sono 35.000, per un nuovo record d’incasso
di 77 milioni. Ceravolo si frega le mani con tale impeto che poi gli stessi arti risulteranno
consumati per parecchi centimetri. La giornata è fredda e il cielo coperto, con minacce di pioggia.
Il terreno di gioco pesantissimo e bagnato per… la molta acqua caduta in settimana.
La Juventus è prima in classifica con 24 punti, seguita dal Milan con 22. Proprio il Catanzaro, la
domenica precedente, ha consentito alla squadra bianconera di aumentare il vantaggio di un punto
sul Milan, fermato sul pari al “Militare”. Nelle fila bianconere è assente l’astro nascente Roberto
Bettega, fermato in settimana da una grave forma di malattia che purtroppo lo terrà lontano dai
campi di gioco per tutto il resto della stagione. Lo sostituisce la riserva Novellini. Nelle fila
giallorosse, Seghedoni ripresenta l’atletico Zuccheri, con Gori, uno degli artefici del buon pareggio
con il Milan, che stavolta va in panchina. Il Catanzaro, è risaputo, in campionato non ha ancora
vinto una partita e i pronostici dicono che non si vede il motivo per cui sarebbe dovuto riuscire
nell’impresa proprio contro la Juventus. La gara è bella, vibrante, emozionante. Attaccano i
bianconeri ma i giallorossi rispondono colpo su colpo. Seghedoni, ancora una volta, non sbaglia
una sola mossa tattica. Il primo tempo si conclude sullo 0-0 e si va alla ripresa con una strana sensazione, non c’è nell’aria sentore di sfiga, i giallorossi per certo questa la partita non l’avrebbero persa. La svolta della grande sfida arriva a nove minuti dalla fine, quando ormai la contesa, dura e sofferta, sembra avviata verso un inevitabile 0-0. Lo sviluppo dell’azione è ormai celebre. C’è un calcio d’angolo a favore dei giallorossi, davanti alla Curva Est, sulla destra. Si appresta a batterlo come sempre Paolo Braca, il cross è basso, piroetta come un serpente e spiove al centro dell’aria piccola a pochi metri da Carmignani. E che succede? Succede che tra un nugolo di gambe di difensori bianconeri spunta in portentoso tuffo la testa di Angelo Mammì. La palla è magicamente deviata alla destra di Carmignani, impietrito. E’ gol! Mammì, sotto la pioggia scrosciante e pungente, con il vecchio “Militare” che ne ha viste di tutti i colori ma che non ha mai visto un gol alla Juventus e né all’Inter e né al Milan e che ora erutta urla e strilli, come un vulcano lava e lapilli, passa correndo davanti alla curva, le braccia al cielo alzate, la bocca spalancata in un grido incatenato da forze oscure che non ce la fa ad uscire e a librarsi al cielo. Un’immagine insolita, mai vista su nessun campo, prima d’ora, questa particolare esultanza. Perché fino a questi tempi i giocatori si abbracciavano tra di loro e non correvano come impazziti verso i tifosi, non giravano come impazziti per il campo. Ecco, Mammì dopo il gol, in quell’esultanza sembra impazzito. Ma non c’è gioia, nel suo viso. Non c’è trionfo nel suo sorriso. C’è tanta incredulità, c’è tanto stupore. Come per dire, possibile che proprio a me sia capitato di segnare un gol come questo? Sente ed avverte che è un gol che mai nessuno avrebbe dimenticato, un gol che sarebbe restato per sempre nei cuori di chi allora c’era. In quel girare vorticoso sotto la curva Braca lo insegue per raggiungerlo ed abbracciarlo. Non ci riesce e desiste. E nel cielo, gli ombrelli sono come lance alzate in segno di vittoria. E i cappotti bandiere al vento. E tre infarti, per fortuna senza conseguenze, sono il tributo alla gioia. Poi per i bianconeri non c’è più tempo. Il Catanzaro, il piccolo Catanzaro di Ceravolo e Seghedoni, batte la grande Juve di Agnelli. Da conservare la prima pagina della Gazzetta del Sud che titola in grande: “Il Catanzaro batte la capolista”. Negli spogliatoi, poi, lo spettacolo continua: c’è un tifoso (uno degli infartuati) su una barella in un corridoio. Roba da ospedale da campo della prima guerra mondiale. E, nei pressi, un tale che si è tolto giacca e camicia e, cravatta al collo, si fa firmare gli autografi dai giocatori juventini sulle spalle nude. Chi è? Di soprannome fa “Pistola” perché appassionato di film western. Ma non è uno sconosciuto qualsiasi. Per anni ha fatto il raccattapalle del Catanzaro, finché non è incappato in una squalifica a vita per avere tentato di fare il cowe boy con un arbitro (con soli cazzotti e nessuna pistola, naturalmente). Ormai vive facendo il garzone di una panetteria ma nello spogliatoi del “Militare”, dopo tanti anni di servizio, al solo volerlo, entra ed esce a suo piacimento. Ma, nonostante i contorni molto coloriti, non sono questi i “pezzi forti” del dopo – gara. Dopo la sconfitta imprevedibilmente patita, infatti, infuriarono le polemiche dei bianconeri. <<Avete bagnato il campo apposta, con degli idranti, per fermarci nel gioco>>, dicono i juventini. <<Non è vero, ha piovuto per giorni>>, rispondono i dirigenti del Catanzaro. <<E allora perché avete vietato a Vickpalek e ai suoi giocatori di visionare il campo sabato prima della gara?>>, ribattono gli ospiti. Poi, e siamo alla ciliegina, ecco l’accusa: <<l’acqua piovana non puzza così, non puzza come acqua di fogna.>> Morini, indicando il compagno Spinosi che gli passa accanto gocciolante per la doccia, dice ai giornalisti: <<Lo vedete quello? E’ uno che viene dalle risaie del Vietcong>>. Molto sobrio, per fortuna, si mantiene il presidente juventino Giampiero Boniperti che, signorilmente, non rilascia dichiarazione sulla vicenda. La verità sul campo allagato non si saprà mai. A Catanzaro, infatti, era piovuto per giorni e giorni prima della gara ma è anche vero che alla Juventus, che voleva visionare il campo, al sabato avevano fatto trovare i cancelli chiusi. Ceravolo con il tono scherzoso di sempre, negli anni
seguenti, con tono scherzoso, dirà e non dirà mentre invece ancora oggi, a distanza di moltissimo tempo, il presidente bianconero di allora, Giampiero Boniperti, dice quello che non disse negli spogliatoi, sostenendo che il campo, a prescindere dall’abbondante pioggia caduta da sé, era stato davvero ulteriormente… annaffiato. Ma anche se ciò si fosse realmente verificato, anche se così fosse stato, non fu certo questa furba trovata il motivo principale che era costato la partita alla Juventus. Era certamente destino che i bianconeri dovessero perdere, al di là di un piccolo eventuale vantaggio in più per gli avversari. Questo dice la storia. Aggiungendo anche che poi, un po’ di leggenda in più, non guasta mai in nessun racconto. Poi, dopo la vittoria giallorossa, se ne leggono di tutti i colori, articoli ed articolesse, pezzi che cercano di passare dallo sport alla sociologia, Davide e Golia ed amenità del genere. Invece è stata solo una partita di calcio. La più bella di tutte ma solo una partita di calcio, decisa come sempre, più che da altri fattori, da un pallone che è girato a suo piacimento. Indimenticabile questo aneddoto: all’albergo della Juve telefona un tizio e dice: <<Sono Gianni Agnelli e telefono da Ginevra…>> Il portiere riaggancia. Seguono ad intervalli diversi altri tre tentativi. Con altri tre repentini riagganci. Al quinto, il portiere disse: <<C’è uno che dice di
essere Gianni Agnelli e di telefonare da Ginevra, adesso ha veramente rotto le balle…>>. Nei paraggi c’è un dirigente juventino che ascolta l’imprecazione. Gli strappa subito il telefono. Era davvero Agnelli, che voleva sapere cosa aveva fatto la Juventus. Anche nella settimana seguente la partita le parole su Catanzaro – Juve continuarono ad andare e fiumi, in un’Italia dai moltissimi giornalisti e dai pochi lettori. Meglio evitare di leggerle, certe cose. Addirittura, il Corriere della sera ha il coraggio di titolare: “Una fattucchiera ha aiutato Mammì a segnare” Poi, nell’articolo, riporta: “Con lui si è entrati nel mondo delle credenze popolari e delle superstizioni: <<Nel corso della settimana, per togliermi di dosso una specie di malocchio, mi sono fatto esorcizzare da una donna di Reggio Calabria>>”. Mammì, durante la settimana, si era allenato, altro che andare a Reggio dalla maga…. Ma sì, meglio evitarle di leggerle, certe cose. Soprattutto dopo la morte di Dino Buzzati, grande giornalista e grande scrittore scomparso pochi giorni prima di Catanzaro-Juventus…
Il gol contro la Juventus è il terzo ed ultimo in Serie A di Mammì. Non sono molti, tre gol. Ma
sono gol che ancora una volta lasciano il segno. Angelo porta al suo Catanzaro, con quei tre
golletti, ben quattro punti. Sua la rete del primo punto nella massima serie (alla 4a giornata,
Sampdoria-Catanzaro 1-1), sua la rete del pareggio interno con la Roma ma sua, soprattutto, la rete
della vittoria contro la Juventus, un altro gol storico come quello di Napoli, che regala al
Catanzaro la prima vittoria in Serie A. E’ questo l’ultimo acuto da campione di Angelo Mammì.
Nelle restanti sedici partite, infatti, non arriveranno altre segnature. Resteranno queste tre firme, tre
schizzi d’autore, balenii sempre sfolgoranti anche quando la notte dei ricordi diventerà cupa e
all’apparenza senza luce.